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DRELBS – Guilty pleasure per GenX

Reading Time: 9 minutes

Nel 1983 ho 11 anni e sul mercato appare un nuovo videogioco chiamato Drelbs.
Offre la possibilità di controllare una creatura aliena con un occhio solo che viaggia interdimensionalmente attraverso un sacco di portali. Ora, questi non sono portali normali, questi portali hanno delle facce sopra e quando ci salti dentro succedono cose strane. Ovviamente i brufolosi anniottantari degli home computer com’ero io ne vanno subito pazzi. Per Synapse Software ( i produttori del gioco ) Drelbs, soprattutto dal lato commerciale, non è un videogioco che lascia il segno ma quasi tutti quelli che ci hanno giocato almeno una volta se lo ricordano ancora benissimo.
È indubbiamente originale, è psichedelico, e possiamo tranquillamente inserirlo nella categoria dei “videogiochi della droga”. Questo è un buon motivo per rigiorcarlo per voi. Sigla.

Tra i giochi per computer a 8 bit, Drelbs è stato a lungo uno dei miei preferiti. Non è un gioco complicato, ovviamente, ma è depositario di una purezza semplicistica rara e tanta personalità. Per molti giocatori della mia età è davvero un classico, ma è uno di quei classici particolari perché tende a passare inosservato, ad annidarsi nei gangli della base del cranio per poi essere ricaricato nella corteccia prefrontale quando uno meno se lo aspetta.
Ovviamente, ho scoperto questo gioco sul mio Atari 800XL e ne sono stato subito attratto ma credo che anche i commodoriani in ascolto abbiano conservato un gradevole ricordo di questo titolo alla stessa maniera. Con questa puntata di Atariteca voglio che le persone della mia generazione ( GenX di tutto il mondo, unitevi ) se lo ricordino o perlomeno sappiano che esiste, quindi, per cominciare le celebrazioni del 41° anniversario di Drelbs, mi pare giusto parlare del suo autore, Kelly Jones; un game designer probabilmente meglio conosciuto per la sua militanza in Synapse Software, una software house di terze parti dei primi anni ’80 che forse è fra le più grandi quando si parla di videogiochi per Atari 8 bit.

Synapse è nota per alcuni giochi davvero originali e memorabili come Necromancer, il classico cult Alley Cat del mai abbastanza compianto Bill Williams, già recensito qui in Atariteca nella puntata 89, ed il gioco di cui parleremo oggi che è, appunto, DRELBS.
Contrariamente a quanto si pensi, il suo programmatore, Kelly Jones, in realtà non era un tipo molto interessato ai computer, in gioventù aspirava molto di più a diventare uno scrittore o ricoprire qualsiasi altro ruolo in campo creativo ma il suo approccio ai computer viene indotto dal fratello maggiore che ha un’attività nel software aziendale e durante le estati lo assume per fargli guadagnare qualcosina e aiutarlo un po’.
Nella ditta del fratello, Kelly maneggia pile di fogli vomitati fuori da stampanti IBM, vede grandi computer Mainframe e di conseguenza pensa: «wow, che gran seccatura dev’essere l’informatica!». Vede tutte quelle grandi stampe a fisarmonica ed è sempre più convinto che quell’ambiente non lo avrebbe mai interessato, quindi a scuola si laurea in assistenza sociale psichiatrica, ma poi un giorno, su un giornale, vede la pubblicità di una calcolatrice programmabile che costa meno di 200 dollari. È una TI e nel 1977 è una cosa incredibile, quindi se la compra proprio in un momento in cui suo fratello è molto preso dalle scommesse sui cavalli, così in qualche modo decide di aiutarlo elaborando un programma che possa fare statistiche delle corse e nel farlo impara da solo a programmare in modo elementare.

 

Senza un’istruzione formale e dedicata, Kelly Jones impara da solo le basi e in breve tempo si appassiona alla programmazione, anzi, pensa di essere veramente nato per farla. Adora programmare, e da quel momento in poi è come se lo possedesse un demone. Trova un lavoro nel settore e poi fa anche un po’ di programmazione statistica, ma dopo un paio d’anni, si annoia. Vorrebbe fare qualcosa che comporti la programmazione, certo, ma anche la creatività e l’estetica. A lui piace l’arte, la scrittura e tutte quelle cose lì, e quindi dopo aver chiamato a raccolta i suoi amici del paese e organizzato un’uscita tutti insieme, chiede a loro quale potesse essere la sua prossima mossa. Al suo ritorno a casa ha le idee molto chiare: « sai cosa, cercherò di entrare nel business dei videogiochi ».

Quel tipo di business sta giusto emergendo in quel momento e ovviamente quasi nessuno ha esperienza da poter elencare in curriculum. A quel tempo in giro c’è solo Pong e poco altro. Lui per primo non ne sa niente a riguardo. Così, al fine di perfezionarsi nei videogiochi, elabora una strategia. Una strategia che inizia con l’acquisto di un home computer Atari 400. Digitando sulla scomoda tastiera a membrana del 400 mettere insieme una demo da portare in giro alle varie conferenze. Va quindi a quella che si svolge a San Francisco. È una fiera dei computer, e lì incontra Ihor Wolosenko ( uno dei due fondatori di Synapse ) e gli dice di stare cercando lavoro come programmatore di videogiochi. Ihor gli chiede cosa sappia fare e Kelly gli mostra la sua piccola demo.
La demo riproduce un tipo, una specie di Aladino come quello delle 1000 e una notte. Il tema è mediorientale e sullo sfondo sono riprodotte le silouette dei minareti e così via. Dice a Ihor che ha fatto tutto lui, da solo, e ha inserito manualmente alcune routine in codice macchina senza usare un compilatore o un interprete. Essendo arrivato da poco a programmare sulle macchine Atari 8 bit il suo livello è ancora piuttosto basso, sta programmando tutto in linguaggio macchina per ottenere la velocità giusta per le sue routine.

Wolosenko rimane molto impressionato dalla demo. A quei tempi non è facile trovarsi di fronte ad un lavoro di così alta qualità. Chiunque avrebbe capito che quel ragazzo sapeva far bene il suo lavoro ( poi tutto programmato in linguaggio macchina! ). E infatti, quando Jones torna a casa dalla fiera, riceve offerte di lavoro da bene tre società che erano presenti lì a San Francisco. Una delle tre è Synapse Software.
Un’altra società che lo cerca è una software house di fresca formazione interamente finanziata da 20th Century Fox. Lo studio cinematografico vuole seguire le orme della Warner Communications e gettarsi a capofitto nel lucroso mercato dei videogiochi sfruttando le sue licenze ( produrrà un piccolo clone di Pac-man ricontestualizzandolo per sfruttare la licenza di Alien ) e fa a Kelly Jones l’offerta più alta di tutte ma la scelta del programmatore ricade su Synapse, non tanto per lo stipendio ( come già detto, non è il più alto fra quelli offerti ) quanto per le persone. Con Ihor Wolosenko si era trovato bene, molto bene, e lavorare con lui non gli sarebbe dispiaciuto. Più tardi, Kelly leggerà sui giornali che i programmatori che si erano uniti alla 20th Century Fox erano stati fregati per una clausola sui diritti d’autore e l’azienda, alla fine, non era sopravvissuta a lungo.

Così, felice di aver scelto Synapse, Kelly Jones firma un accordo: prima di iniziare a sviluppare giochi per loro deve anzitutto mettere mano al loro programma “file manager”, molto popolare su Atari, che ha bisogno di una buona messa a punto. Una volta fatto quello potrà creare il suo videogioco qualunque esso sia. Non male, no? Considerando che tutto è partito da una piccola demo programmata su Atari 400!? Sì, ok, all’epoca sono pochissime le persone capaci di programmare bene, ma è indubbio che le sue straordinarie abilità fossero in bella mostra in quella demo, e in fondo la sua strategia per trovare lavoro nel settore aveva funzionato.

La verità è che Kelly Jones firma con Synapses perché vuole semplicemente lavorare a casa sua su un videogioco decisamente lisergico che comprenda porte dimensionali, e infatti è esattamente quello che si accinge subito a fare. Comincia a lavorare a stretto contatto sia con Wolosenko che con Ken Grant ( i due titolari di Synapse). Come detto prima, con Wolosenko ha un buon rapporto, tanto buono che sarà proprio lui a scegliere il nome per molti suoi videogiochi e a suggerirgli l’idea che poi è il concetto di base per DRELBS. Il nome, infatti, è una derivazione di una parola ucraina che significa “elfi” e visto che Wolosenko è ucraino…

Così Jones inizia a lavorare a Drelbs a casa sua, proprio come aveva desiderato, ma dopo poco comincia a sentirsi un po’ solo, giorno dopo giorno, giocando al suo gioco, si annoia. Così chiama Ihor Woloscenko e gli chiede di poter venire a lavorare nella sede di Synapse, giusto per fare due chiacchiere con qualcuno. Lui gli dice: «Vuoi venire? Certo che sì, anzi, ho giusto un lavoro che posso farti fare. Che ne dici di prenderti in carico il porting di tutti i nostri giochi? Sai, tra le piattaforme! Devi gestire tutti i nostri port dal Commodore 64 al TRS fino ad Apple». Kelly accetta con entusiasmo. Al momento della sua assunzione Synapse è appena all’inizio ma si sta espandendo rapidamente. Ken Grant ( l’altro socio fondatore ) sta letteralmente applicando la pellicola termo restringente alle confezioni dei videogiochi nel garage di casa sua, altri soci stanno finanziando la pubblicazione di alcuni dei loro titoli con prestiti ottenuti ipotecando le loro case, così Jones inizia a fare quel lavoro consapevole di poter contribuire concretamente alla crescita della sua società. Insieme a lui vengono assunti alcuni ragazzi appena usciti dal liceo, al loro primo lavoro, in molti casi sono proprio dei nerd conclamati come lo sono un po’ tutti in Synapse. Se i ragazzi mostravano capacità e un po’ di creatività venivano assunti con una paga base abbastanza alta da sopravvivere, gli veniva consegnato un sistema di sviluppo e conferita una percentuale più che decente di royalties. Non ci crederete ma alcuni di loro riusciranno a comprarsi casa con i guadagni dei loro giochi. A 17 o 18 anni, acquistare la prima casa con i soldi guadagnati in royalties di videogiochi è una cosa fantastica e tutti sono molto emozionati, tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, cercano di fare cose divertenti e di farle bene, quindi sì, magari i concept, soprattutto nelle prime uscite, non sono tutti totalmente originali ma c’è da dire che negli anni ’80 spesso accadeva lo stesso anche per la musica e i film e nessuno aveva da che ridire, ma con le uscite successive tutti sono felici di elaborare Concepts originali che sfidano il genere e Drebls è sicuramente uno di quei giochi.

L’unica somiglianza con un altro videogioco che viene riconosciuta in Drelbs è con il titolo chiamato Ladybug, e questo solo per il modo in cui le porte ruotano, ovviamente, ma per quanto riguarda il gameplay, beh., quello è assolutamente unico.  Difficile dire da dove proviene esattamente il concetto, in quel periodo c’è molta attenzione e attrazione per i giochi dove si va in giro, si raccoglie cose, si attraversa labirinti e così via, così Ihor e Kelly hanno in mente di fare qualcosa su quella falsa riga ma di portarlo in una direzione diversa. Non è chiaro quali elementi siano stati inseriti dall’uno o dall’altro perché hanno lavorato insieme così tanto e si sono scambiati talmente tanti spunti che è impossibile definirli esattamente. La maggior parte delle idee, però, proviene da Kelly Jones, nel senso che ovviamente è lui quello che ci ha dedicato più tempo. Gli piace l’idea di poter racchiudere un nemico dentro a una cornice e quella cornice avrebbe visualizzato la faccia del nemico stesso, e poi gli piace anche l’idea del passaggio fra le dimensioni. Sia lui che ihor non si sono mai seduti a un tavolo per pianificare in anticipo. Procedono sul momento. Facciamo questo e poi facciamo quello e così via, cosa sarebbe stato divertente inserire dopo, cosa sarebbe stato sorprendente e diverso per cambiare il gameplay e cose del genere, quindi in un certo senso il gioco si evolve tra loro due mentre ci lavorano.

Ma cosa ci racconta esattamente questo videogioco? Grazie per la domanda gentili ascoltatori, vi rispondo subito:

La storia di Drelbs è ambientata molto tempo fa in un’area microscopica di un luogo lontano. In quel posto vivono i Drelbs titolari del videogioco che si presentano come un singolo grande occhio con due gambe sotto. Un giorno, i malvagi Trollaboar dalla testa di tronco (fondamentalmente degli gnomi dalla forma quadrata) arrivano e occupano la loro terra catturando tutti i Drelbs tranne uno (e indovinate chi sarà a impersonarlo). Naturalmente, il destino del giocatore è quello di controllare quell’unico, singolo Drelbs rimasto e salvare tutti gli altri suoi simili che nel frattempo sono stati imprigionati nel Corridoio Oscuro, un luogo inter dimensionale raggiungibile solo capovolgendo delle porte girevoli in modo che formino dei quadrati nell’Atomic Flip Grid ( un luogo pieno di porte girevoli, appunto ) e aspettare l’occasione giusta per entrare. Il livello è completo solo dopo aver liberato tutti i Drelbs dal Corridoio Oscuro evitando di essere uccisi da un cattivissimo Gorgolytes messo lì a guardia. Man mano che il gioco procede, vengono aggiunti altri nemici nei livelli, che in seguito acquisiranno velocità man mano che si procede negli otto livelli da superare.

Sebbene Drelbs non possa essere definito un gioco completamente originale in quanto presenta alcuni elementi di base di Ladybug e forse Berzerk, la combinazione complessiva degli elementi di gioco, la sua logica e il suo metodo sono molto interessanti. Inoltre, la grafica e i suoni del gioco gli conferiscono sicuramente un carattere indimenticabile, sia nel bene che nel male: in effetti, Drelbs è un guilty pleasure per i suoi giocatori, ma una volta che lo si apprezza, è difficile rinunciarvi. Un po’ come l’aglio nella cucina italiana.
In termini di controllabilità, Drelbs è uno dei giochi più facili da giocare, dal momento che non ci si deve preoccupare di nulla se non di muovere il proprio player dopo aver premuto il pulsante richiesto nella schermata del titolo per avviare il gioco. L’intero videogioco è composto da due arene basate su una griglia, il corridoio oscuro e l’Atomic flip Grid, il che significa fondamentalmente che ci si può muovere solo nelle quattro direzioni principali. Entrambe le arene si adattano a un singolo schermo, quindi non c’è niente di più di quello che si vede di cui deversi preoccupare.
Il gioco è stato convertito ufficialmente anche su Apple II e Commodore 64 ma l’originale versione ATARI è un po’ più veloce da giocare rispetto agli altri due porting. Esiste anche una versione homebrew per Amiga ma pare essere molto lenta e non all’altezza delle aspettative. La grafica poi è sempre stata considerata inquietante da molti, persino spaventosa in alcuni casi. Io l’ho sempre percepita come il suo grande valore aggiunto. Parte di questo stridente contrasto è dovuto al surrealismo generale e cupo che serpeggia nel gioco, ma anche le transizioni fra una schermata e l’altra contribuiscono a creare questa atmosfera.

Essendo uno dei primi videogiochi per home computer in generale, Drelbs ha molti manierismi tipici della sua epoca, quelli sperimentale e istintivi dei suoi creatori, ma fortunatamente ha anche un forte carattere distintivo che gioca a suo favore. A causa del suo design piuttosto cupo e strano, è sicuramente un guilty pleasure per GenX, ma se lo si considera nella prospettiva di quello che sarebbe successo di lì ai 3 anni successivi, lo si può considerare anche una specie di antidoto contro la bellezza eccessivamente colorata e raffinata dei giochi approvati da Nintendo per il suo NES.

Molti altri giochi avrebbero dovuto essere così coraggiosi come lo è stato Drelbs, con quella irrequietezza intenzionale che striscia lungo tutto il suo gameplay, anche solo per equilibrare l’orda di produzioni colorate e disneyish che sarebbero venute dopo.

FONTI:
https://www.c64-wiki.com/wiki/Drelbs
https://frgcb.blogspot.com/2017/02/drelbs-synapse-software-1983.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Synapse_Software
https://youtu.be/Vsq3Iz0hzFE?si=A4Wc6Bm20TcJ7752


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.