milan games week
A cosa serve fare il podcaster? A rispondere così, su due piedi, sembra un mestiere ( ma poi è veramente un mestiere? ) del tutto inutile.
Voglio dire: senza gli agricoltori moriremmo di fame, senza i medici di malattia, senza gli idraulici puzzeremmo da vomitare e senza i giornalisti ( ma solo quelli bravi ) non verremmo a sapere niente di quello che succede attorno a noi e nel mondo, ma senza i podcaster, senza gli influencer, senza gli youtuber, i meme, le star di TikTok si potrebbe benissimo tirare avanti lo stesso, che problema ci sarebbe?
Eppure sono tanti quelli che, come me, continuano inesorabilmente a provarci, a spiattellare davanti a un pubblico le proprie piccole passioni e spesso le proprie debolezze ignorando quella parte di se stesso che gli dice: ma che fai? Ma non ti vergogni? Ma perché lo fai? Hai 53 anni! E proprio non so spiegarmi perché questo accade. Non so dirvi perché i podcaster sentono questa urgenza di evaquare questo loro fardello creativo e spesso emozionale. Proprio non lo so.
Ma poi ci sono dei giorni, anzi, forse solo momenti, in cui però sembra che tutto riacquisti un senso. In cui è più facile capire che forse non stai proprio buttando via la tua vita, in cui ti pare quasi di aver vinto un Nobel.
Ecco, uno di quei momenti in cui ti sembra di aver vinto un Nobel è stato quando, lo scorso sabato, sono andato al Milan Games Week. Una manifestazione, sono sincero, che non è esattamente nel mio focus principale. Una manifestazione fondamentalmente indirizzata ai videogiocatori giovani e a tutto quel caravan serraglio di influencer, tiktoker, youtuber, instagrammer, che c’hai una sigaretta? Prestami cento lire! Un manifestazione, insomma, che sento calzarmi addosso come uno slippino di 3 taglie più piccolo.
Ora, io lo so cosa state pensando, un po’ perché sono viareggino e la so lunga, e un po’ perché sono vecchio, ne ho viste abbastanza e sono uno che pecca pensando male ma spesso ci azzecca: Simone, adesso i milanesi si offendono perché gli hai degradato il Games Week e anche stavolta hai schiacciato un merdone. Vai con la shitstorm, i Vergognati lucchese e dai che si balla, e invece no. Ho deciso che non mi interessa veramente perché il punto di questo podcast è un altro.
Il punto è che mi sono ritrovato al Milan Games Week con tanti podcaster amici e di conseguenza mi sono divertito ma non per la Games Week, ma per gli amici.
Nel corso dei secoli tante cose sono cambiate, le persone vanno in un posto a vedere cosa succede lì in quel momento per molteplici motivi, ma quel qualcosa che succede lì è fatto da gente, da carne, da voci, da liquidi, da respiri, e io mi sono reso conto di essere lì proprio per quello. Non solo per vedere cosa succede al Milan Games Week, ma soprattutto per vivere il Milan Games Week con quelli che mi accompagnavano. E questi amici ( si, mi sbilancio ma di una cosa sono sicuro. Non sono nemici ) sono tutti podcaster che si sbattono davanti al loro microfono e si sforzano di fare quello che fanno al massimo delle loro capacità, spesso senza sapere neanche perché lo fanno.
Con loro condivido tanto. Sono anche loro quel tipo di persone che cantano sotto la doccia, che danzano in cucina mentre apparecchiano, che provano a scrivere qualcosa di sensato di fronte a una pagina vuota. I podcaster che erano con me sono quella roba lì. Provano a portare i loro ascoltatori altrove, immergendoli in un altro mondo, il loro mondo, spesso fatto anche di fredde statistiche di vendita o di licenziamento ma che può essere anche surreale e comico con la forza di una semplice chiacchierata.
È una cosa potente questa qui e io la capisco in pieno, la condivido, perché in fondo è quello che cerco di fare con Atariteca, è quello che cerchiamo di fare tutti con i nostri rispettivi podcast.
Durante questo Games Week sono riuscito a evadere dal mio quotidiano e badate che di solito non riesco mai ad emanciparmi dalla mia realtà, neanche quando chiacchiero con un’amico, neanche quando cerco di immergermi in un film, o dentro a un libro. Io non mi scollego mai del tutto perché anche se il momento è tranquillo c’è sempre il corpo con le sue urgenze, i suoi dolori, i suoi richiami impellenti a tenerti lì. C’è sempre la mente con le sue preoccupazioni, i suoi traumi, le sue paure. C’è sempre uno scompartimento del mio cervello che ha sempre una spia rossa accesa e invece, durante questo Games Week si è spenta.
Mi sono dimenticato di me stesso… e chi ci riesce più?
A questo servono gli amici, credo. A farti dimenticare di te stesso a rilassarti facendoti sentire meravigliosamente cretino, o forse anche a farti ricordare del vero te stesso, cretino o meno che sia.
Ecco qua la finzione del mio Milan Games Week.
Esserci stato non per quello che voleva essere il Games Week ma per quelli con cui volevo esserci al Games Week.
E a questo punto mi tolgo il cappello e mi inchino dicendo grazie a Mike Arcade per avermi ospitato a casa sua per una notte vissuta nerdosamente. A Massimiliano Di Marco e Franco Aquini ( ai miei occhi ormai una coppia di fatto ) per la disponibilità e la complicità nell’organizzare l’incontro, a Lorenzo Strambi con il quale ho scroccato il treno per Milano Centrale pur non avendo il biglietto, a Massimo Belardi, uomo resistente e sempre in lotta contro il sovranismo nelle interviste fatte male ai grandi maestri del game designer, e infine al sempre ottimo e positivissimo Raffaele Cinquegrana, vera e propria grande coscienza del gruppo e mastice emozionale.
Lo so. Quelli che si aspettavano un reportage sul Milan Games Week a questo punto sono delusi, non ho praticamente detto niente a riguardo, se non che, per me è un po’ tipo un Lucca Comics che non ce l’ha fatta ( non l’avevo detto? allora scusate. Fate finta di non aver sentito ).
Ho voluto fare questo piccolo podcast per spiegarvi un pochino chi sono io, e anche chi siamo noi podcaster che ci sforziamo di metterci davanti a un microfono e di base facciamo un mestiere inutile e utilissimo allo stesso tempo.
Questa volta l’applauso non è per il Games Week ma per noi che siamo andati al Games Week.
A presto con la prossima puntata di Atariteca Podcast.