montezuma’s revenge
Durante la golden age dei videogiochi non manca l’opportunità di trovare tesori ed esplorare rovine di antiche civiltà. Da quello di Tutankham in sala giochi alle piramidi Azteche sul Commodore 64, razziare tombe virtuali in luoghi esotici diventa ben presto uno sport popolare tra i giovanissimi quasi quanto la difesa della terra dalle invasioni spaziali. Tutto questo in gran parte accade grazie all’enorme successo del film I Predatori Dell’Arca Perduta che inaugura la tendenza nel 1981.
C’è poco da fare, signori. Nei primi anni ’80 le antiche tombe diventano presenze abituali nei videogiochi quanto i labirinti punteggiati, e tutti quanti sono molto più felici con Montezuma’s Revenge.
La storia che vi sto per raccontare può sembrarvi per certi versi assurda, non tanto per la stranezza dell’accadimento in sé quanto per la stranezza del mondo in cui si svolge. Un mondo lontanissimo dal nostro che adesso non esiste più se non nei ricordi dei 4 gatti spelacchiati che lo hanno vissuto tipo me. È un mondo dove ragazzini di 11 anni si dilettano ad imparare il BASIC, e piccole imprese a conduzione familiare si installano nei seminterrati iniziando a produrre videogiochi a fini commerciali. Un mondo, dicevo, in cui vive gente come Robert Jaeger, programmatore di Montezuma’s Revenge, un videogioco che fa girare la testa agli atariani e ai commodoriani dell’alba.
Un ragazzino di nome ROBERT JAEGER
Ma vediamo questo mondo nel dettaglio. Zoomiamo con la nostra telecamera mentale fin dentro una sala giochi americana di fine anni ’70 e scopriamo lì un ragazzino di 11 anni di nome Robert Jaeger che se ne sta in piedi su una cassetta della frutta per riuscire a giocare meglio a flipper.
Nato il 13 Ottobre 1966, Robert, come tanti suoi coetanei in quei tempi di scoperta, è un tossicodipendente da sala giochi e sogna una carriera nei videogames nel suo futuro prossimo venturo. Vorrebbe tanto lavorare in Atari, ma nel peggiore dei casi si accontenterebbe anche di Bally/Midway. E per non starsene lì ad asciugare gli scogli, convince suo padre a comprargli un Bally Astrocade soltanto per il fatto che, essendo un ibrido tra una console e un computer, quando te lo vendono ti danno la possibilità di collegarci una tastiera e inserisci una cartuccia con il BASIC. Proprio sull’Astrocade scrive i suoi primi giochi che ha la possibilità di salvare su cassetta. Sono per lo più cloni di videogiochi arcade compilati inizialmente in BASIC e poi utilizzando una combinazione di BASIC e Assembler Z80.
Gli sforzi di Rob non sono senza fine di lucro, vuole inviare i suoi piccoli giochi a varie fanzine che li possano pubblicare, vendere, scambiare e discuterne nei relativi club di interesse; una pratica, questa, perfettamente normale al tempo e, soprattutto, legalissima; e L’Astrocade è una piattaforma fertile per i programmatori principianti che vogliono farsi velocemente le ossa.
Non ci vuole molto prima che Robert si aggiorni passando ad un Atari 800 dotato di 8 bit, un processore 6502, e l’incredibile memoria 48 KB RAM. Da quel momento in avanti le cose per lui si fanno serie, e visto che a quei tempi non è raro assistere alla nascita di software house composte da un unico dipendente, con l’aiuto di suo padre fonda la sua: Utopia Software.
I primi videogiochi di Utopia vengono confezionati in un seminterrato sotto la gestione paterna e, come detto in precedenza, sono per lo più cloni di giochi arcade. Il primo in assoluto è Chomper(1981), un clone di Pac-Man in un labirinto semplificato. Inizialmente Rob pensa di proporlo all’Atari Program Exchange, una divisione di Atari che distribuisce software per i computer Atari 8 bit attraverso un catalogo trimestrale di vendita per corrispondenza. L’Atari Program Exchange permette a tutti i programmatori, non solo ai professionisti, di inviare i propri programmi e sperare in una distribuzione commerciale. Se il programma viene giudicato meritevole, viene aggiunto al catalogo e il programmatore riceve in premio 25.000 dollaroni.
Jaeger ha solo 15 anni quando Chomper viene rifiutato da Atari ma questo non gli impedisce di farselo ugualmente pubblicare da un minuscolo editore, MMG Micro Software, fondato dai creatori del gruppo locale di Atari User. Non esita neppure a distribuirselo da solo vendendolo direttamente ai negozi.
L’altro suo gioco, Pinhead (1982), è un clone di Kickman. Robert e suo padre fanno di tutto per venderlo; non solo si occupano personalmente della distribuzione ma producono anche gli imballaggi per le cartucce.
Il terzo gioco è Jawbreaker Construction Set che non è neanche un videogioco clone ma bensì un progetto di hacking fatto per puro divertimento. L’originale Jawbreaker è già di per sé un clone di Pac-Man edito da Sierra Online. Robert non fa altro che scrivere un editor di livelli non autorizzato e, a detta sua, a scopo puramente didattico. L’ingresso del programma nel circuito commerciale non avviene sotto la sua responsabilità. Il nome del secondo “autore”, C. Shummer, appare per caso sulla schermata del titolo. È solo un giovane ammiratore di Robert che lo segue in quel periodo.
MONTEZUMA’S REVENGE
Ma se l’amicizia porta C. Shummer ad essere citato nei titoli di un videogioco, l’amicizia di Robert con Mark Sunshine lo porta a concepire uno dei più leggendari platform game di tutti i tempi: Montezuma’s Revenge.
È il 1983 quando Mark (adesso ingegnere e front-man del gruppo metal RiotGod ) suggerisce a un diciassettenne Robert Jaeger di creare un videogioco a tema sudamerica e chiamarlo come i turisti usano definire la diarrea contratta in quei luoghi: Montezuma’s Revenge (la maledizione di Montezuma). A Robert piace talmente tanto l’idea che trascorre i giorni successivi a lavorarci sopra per quasi 16 ore al giorno, ispirandosi a Donkey Kong e vari platform del periodo. Ovviamente il suo andamento scolastico è il primo a risentirne così come il suo umore del resto, ma è circondato da amici che lo sostengono e il lavoro viene portato ad un ottimo livello di sviluppo.
La svolta vera avviene a giugno di quell’anno, quando Utopia Software decide di essere presente al CES di Chicago con un suo piccolissimo stand che, per ovvie ristrettezze economiche, viene piazzato lontano dai principali editori di giochi, nella sezione videocassette, accanto alla sezione delle pornostar con Ron Jeremy e John Holmes che si aggirano nei paraggi ( dello stretto rapporto tra CES e signorine allegre che fanno la vita ne parlerò sicuramente in una delle prossime puntate, qui su Atariteca).
Sul tavolo espositivo di Utopia ci sono due computer: su uno gira Pinhead ( vi ricordate? Uno dei prime tre giochi che Jeager aveva fatto) e sull’altro una demo di Montezuma’s Revenge.
Ecco. Come gli scout di Parker Brothers passano di lì, vedendo la demo di Montezuma ne prevedono all’unanimità il successo internazionale. Ma non solo, anche altre compagnie si interessano al gioco; una su tutte, la Adventure International di Scott Adams ( anche di questo personaggione ne parlerò in futuro).
Jaeger sceglie di vendere la sua creatura a Parker Brothers ma, così com’è, non va bene; deve essere modificata. Lo sviluppo su Atari 800 gli ha permesso di occupare l’intero banco di memoria RAM da 48K, ma Parker Brothers vuole rilasciare Montezuma’s Revenge su cartuccia per scongiurare ogni rischio di pirateria, e visto che deve girare anche sugli Atari 400, il gioco viene ridotto allo standard delle cartucce Atari, ovvero, a soli 16K.
La versione originale su disco di Montezuma, infatti, include alcuni extra come una presentazione, una tabella dei punteggi, personaggi aggiuntivi e animazioni migliorate. Così, alla Parker si mettono al lavoro e dopo varie versioni preliminari ( che fuoriescono puntualmente sul mercato pirata) arrivano ad una versione definitiva molto leggera ma altrettanto giocabile, dove il protagonista cambia il suo nome dall’originario PEDRO a PANAMA JOE.
L’ironia dell’intera faccenda è che dopo aver rilasciato il gioco su cartuccia per Colecovision, Atari 2600 e 5200, Parker Brothers vede precipitare le vendite a causa della grande crisi dei videogiochi del 1983, e per questo motivo le versioni per Commodore 64 e Atari 8 bit escono sul mercato in versione disco floppy per risparmiare sui costi. La mutilazione a 16K è, di fatto, inutile.
Inaspettatamente, le vendite di Montezuma’s Revenge si fermano solo a quota 600.000 copie contando tutte le piattaforme su cui è stato prodotto. Il numero non è impressionante ma, analizzando il contesto storico e considerando che il gioco è stato pubblicato nel 1984, si può capire perché la cifra non sia poi così alta.
Oltre al risaputo motivo imputabile alla crisi del mercato dei videogiochi che colpì il settore in quegli anni. L’altro motivo più importante è sicuramente la pirateria. Sul mercato pirata, “Preliminary Monty” , la prima demo del gioco che Jaeger fece per essere esibita al CES, è diffusissima e si ottiene senza problemi, ma anche le altre revisioni effettuate da Parker non sono da meno. In generale, quindi, è più giusto valutare la popolarità del gioco in base alla sua diffusione pirata. Ne deriva che, almeno per Atari a 8 bit , Montezuma’s Revenge occupa un primo posto d’onore sullo sfondo di vendite ufficiali moderate.
La versione originale e incompleta per Atari 800 ha la dimensione di 48 KB. In essa sono presenti numerose funzionalità tagliate via nella versione di Parker Brothers: dettagli ambientali latinoamericani, colori vivaci, sotterranei più intricati, alcuni mostri producono suoni, uno screensaver mortale, la intro, la descrizione di personaggi, corde ardenti, animazioni dopo morte e vita, e persino un boss di fine livello. Nonostante tutto, anche nella sua versione revisionata ( o meglio: tagliata) , Montezuma’s Revenge rimane più giocabile e attraente che mai.
Nella versione originale il player si chiama PEDRO e indossa un costume nazionale cileno con un sombrero alto. Inoltre, c’è uno schermo incompiuto con il boss finale – un gigantesco re Montezuma -, che batte il piede con rabbia. Per non morire è necessario saltare ogni volta che il piede del re tocca terra. Sfortunatamente lo schema non è stato ultimato, quindi non c’è modo di batterlo né di procedere oltre.
Robert sta per completare il finale del gioco quando Parker Brothers gli comunica che i tempi sono stretti e non è più necessario farlo, così, quando il diciassettenne Robert Jaeger viene liberato anche da quest’ultima incombenza, salta sulla sua nuova automobile, afferra i bei soldoni profumati ( che non erano per niente pochi per un ragazzino della sua età nel 1984) e si precipita a fare di tutto tranne che programmare. Anche se può sembrare che la sua adolescenza sia stata gloriosa, in realtà quando Jaeger ne parla la descrive come un periodo molto difficile. Con il senno di poi capisce di essersi illuso su diverse cose. Anche se per un diciassettenne potevano sembrare parecchi, i soldi che guadagnò con Montezuma’s Revenge non erano poi così tanti. La stragrande maggioranza delle copie vendute era pirata. Quando se ne rese conto ne fu profondamente amareggiato e si allontanò dalla programmazione videoludica a scapito di quella finanziaria, molto più sicura e redditizia.
Tutt’oggi, nelle diverse interviste che rilascia, non risparmia di consigliare i giovani programmatori a NON intraprendere una carriera esclusivamente videoludica ma, anzi, utilizzarla per imparare bene a programmare e poi concentrare gli sforzi in altri campi ben più redditizi.
Infine, qualche parola sull’accompagnamento musicale. Il tema principale, che si può sentire durante la presentazione di “Preliminary Monty”, è molto simile alla sigla dello show televisivo in versione americana de “Il Gioco Delle Coppie”. E quando Pedro raccoglie tesori, chiavi o altre piccole cose, suona un breve scampolo della melodia: “La Cucaracha”.
Doppia curiosità: Proprio quest’anno, Robert Jaeger si è dilettato a costruire una versione arcade di Montezuma’s Revenge. Naturalmente usando la versione originale.