Come con un attacco preventivo accuratamente programmato, nel Dicembre del 1988, Atari Games cita Nintendo per violazione dell’anti-trust e concorrenza sleale per una somma di 100 milioni di dollari e, contemporaneamente, inizia a vendere ai negozianti americani i suoi giochi contenenti il chip “Rabbit”. I primi giochi per Nintendo Entertainment System privi di licenza mai fatti prima.
I giochi Tengen sono simili per forma e peso ad una normale cartuccia per NES. Hanno un’estremità più arrotondata e due incavi per agevolare la rimozione della cartuccia dalla console. Ciascun gioco è accompagnato da un “Sigillo di Qualità Tengen” e venduto all’interno di una scatola comprendente anche un fodero anti-polvere. Tengen , fino a qui, ha realizzato solo tre giochi licenziati ufficialmente, quelli che vi ho già citato nella prima parte di questo lungo podcast, ma realizza anche molti altri titoli completamente privi di licenza. Il parco Tengen è impreziosito dalla serie RBI Baseball, che è considerato il miglior gioco di baseball per NES, e da altri titoli basati su cabinati Namco come Rolling Thunder. Pubblica perfino alcuni titoli SEGA come After Burner. Giochi SEGA sul Nintendo Entertainment System. A quel tempo chi lo avrebbe mai detto? Inoltre, la stretta relazione fra Atari Games e Namco, porta alla conversione su NES di Pac-Man, Ms. Pac-Man e Pac-Mania. Tengen realizza anche la propria versione di Tetris, prima che il tribunale gli ordini di smettere di distribuire il gioco a causa dei problemi con la licenza ben noti. Ma questa è un’altra storia già raccontata nella puntata di atariteca numero 92.
Dopo il party natalizio del 1988, alla Nintendo, Minoru Arakawa e Howard Lincoln vengono a sapere che Atari Games li ha denunciati. Sono colti completamente alla sprovvista. Contattano subito Nintendo of Japan, e il presidente Hiroshi Yamauchi è chiarissimo a riguardo: «Atari Games e le sue cartucce prive di licenza vanno fermati.» Così, Nakajima si incontra con Arakawa per discutere della causa in corso. Gli dice che non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, ma le rigide regole di Nintendo non gli hanno lasciato altra scelta. Nakajima si offre di ritirare le accuse. «Voi, però, fateci produrre le cartucce da soli.», gli dice. «Assolutamente NO» risponde Arakawa. Il processo sarebbe andato avanti.
Atari Games si rivolge alla stampa, accusando Nintendo di aver creato lei apposta la mancanza di chip per mantenere i prezzi alti. Nintendo nega con forza le accuse, definendole “completamente insensate”. Per il vice-presidente di Nintendo, Howard Lincoln, è un tradimento bello e buono. Tengen sta violando il loro accordo iniziale. «Pensai tra me e me, non avete idea di chi avete sfidato. Una tigre… che vi spellerà… pezzo dopo pezzo.». Parole profetiche con il senno di poi.
Nel 1989, per tutta risposta, Nintendo contro cita Tengen, affermando che quest’ultima si sia impossessata del programma 10NES in modo fraudolento, ottenendo dettagli tecnici e informazioni al solo scopo di realizzare i propri giochi senza doverli far licenziare a Nintendo. Di più, la cita un’altra volta per aver venduto giochi non autorizzati e non supportati ufficialmente dal NES, così come la ri-cita per la terza volta per aver infranto il copyright del loro sistema di blocco di sicurezza. Più tardi, nel Novembre dello stesso anno, revisionando l’accusa, aggiungono pure un quarto capo d’accusa: Furto con destrezza. Atari Games è entrata illegalmente in possesso del programma “10NES”, protetto da copyright, rubandolo dall’ufficio brevetti degli Stati Uniti.
Tutte le accuse e le cause vengono fuse in un unico grande processo. È l’inizio di una lunga battaglia tra i due colossi, e di conseguenza i media si schierarono: la maggioranza tifa per Tengen. « E per chi dovrebbe tifare il cliente medio? Chiaramente per Atari Games! Se vince, una maggior quantità di cartucce garantirà all’utente una maggiore varietà di giochi. Se, invece, vincesse Nintendo, le conseguenze per il resto dell’industria sarebbero devastanti. Se chi realizza hardware avesse il diritto di veto sul software, il consumatore ne soffrirebbe. Ci sarebbero meno programmi a disposizione, e sicuramente costerebbero di più. La causa di Atari Games è uno sforzo per rendere più aperto il mercato». — così dice Dennis Lynch, giornalista del Chicago Tribune.
Fuori dal tribunale, intanto, Nintendo intraprende una strategia intimidatoria. Minaccia i rivenditori con azioni legali o di tagliar loro i rifornimenti se solo osano vendere giochi Tengen. Chiariamoci, i prodotti Nintendo continuano comunque a vendere in maniera consistente durante tutto l’anno, talvolta rappresentando il 50% del fatturato di settore ma per alcuni rivenditori è semplicemente troppo rischioso vendere prodotti privi di licenza, quindi si arrendono al dictat. Per paura, Toys “R” Us, Wal-Mart, Target e Circus World smettono di vendere prodotti Tengen. Atari Games presenta così un’ingiunzione affinché Nintendo smetta di minacciare i rivenditori, e Il giudice Fern Smith, che presiede il caso, stabilisce che sia Atari che Nintendo non debbano interferire con i rispettivi clienti. Entrambe le compagnie presentano appello, e l’ingiunzione viene annullata, così Nintendo continua a fare pressione sui suoi clienti e Tengen continua a lamentarsene. La verità è che sia Nintendo che Tengen stanno ricevendo un buon ritorno economico dalla vendita dei rispettivi videogiochi e da tutta quella bagarre pubblicitaria. Dall’inizio del caso, le vendite sono salite del 40%. Il clamore mediatico fa bene al commercio.
Nel Marzo del 1991, alla Corte Distrettuale del Nord California il giudice Fern Smith si trova nella condizione di dover definitivamente decidere se Tengen abbia o meno il diritto legale di vendere i propri giochi non licenziati. Tutto si ricollega al chip “Rabbit” contenuto all’interno di ogni singola cartuccia Tengen. Il punto è: il chip sta veramente usando una copia esatta del programma “10NES” per farsi autenticare dalla console? Atari Games sostiene di no. Dicono di aver preso i documenti dall’ufficio brevetti ma che non siano stati fondamentali per eseguire il reverse engineering sul chip. Lo hanno fatto solo per verificare se il lavoro che avevano già fatto per conto proprio fosse giusto. Ma le prove sembrano indicare tutto il contrario. Il brevetto del programma “10NES” è stato depositato nel 1985, tuttavia, nel 1987, Nintendo ha modificato il programma, cancellando delle parti di codice superfluo. Il chip “Rabbit” di Tengen contiene proprio quelle linee di codice che erano state rimosse due anni dopo. Il “10NES”, inoltre, non si limita solo a sbloccare la console, ma svolge anche altre funzioni e il programma contenuto dentro al “Rabbit” svolge anche quelle.
Al giudice Fern Smith non resta che constatare che il programma contenuto all’interno del chip “Rabbit” di Tengen sia palesemente una copia spudorata del programma “10NES” depositato nel 1985 all’ufficio brevetti e poi trafugato, e ordina ad Atari Games di cessare immediatamente la produzione, la distribuzione e la vendita dei propri videogiochi non licenziati, inoltre tutti i prodotti già presenti sugli scaffali dei rivenditori dovranno essere rimossi.
Il giudice Smith critica duramente Atari Games per le sue azioni. «Se Atari non avesse avuto bisogno di informazioni coperte da copyright per raggiungere il suo scopo non avrebbe avuto bisogno di ingannare l’ufficio brevetti per portare il codice del “10NES” nei propri laboratori. Atari ha deciso di rendere le proprie cartucce funzionalmente indistinguibili da quelle Nintendo, copiando di fatto più di quanto fosse necessario per creare un gioco funzionante sulla console NES. Un’ingiunzione preliminare è appropriata.» — così dice il Giudice Fern Smith.
E Atari Games che fa? Beh, fa ricorso, affermando che la decisione li avrebbe costretti a chiudere Tengen e a licenziare 39 impiegati. Un brutto colpo dal punto di vista finanziario. Il giudice Fern Smith capisce la situazione e decise di sospendere il verdetto. Siamo nel 1991, e per il momento, i giochi Tengen possono rimanere sugli scaffali, ma un anno dopo, il 10 Settembre 1992, il caso arriva alla corte d’appello di Washington D.C. In propria difesa, Atari Games afferma che, tramite l’uso del programma “10NES” Nintendo esercita un abuso di copyright tale da permettergli, de facto, il controllo totale sulle compagnie di terze parti e i giochi che possono sviluppare. Discutono inoltre del fatto che l’ingegneria inversa di un chip sia una pratica permessa e ricada nel “fair use” (“utilizzo leale”).
La corte rigetta la questione dell’abuso di copyright, affermando che : “I documenti a disposizione non dimostrano che tale restrizione limiti la creatività dei licenziatari Nintendo…” ma accetta, tuttavia, che l’ingegneria inversa effettuata da Atari ricada nell’ambito del “fair-use”.
Alla fine del dibattito, però, la corte si trova d’accordo con l’originale verdetto del giudice Fern Smith: Atari Games ha rubato il codice del programma “10NES” dall’ufficio brevetti e così dispone l’interruzione definitiva della vendita delle cartucce Tengen non autorizzate.
Dopo 4 anni di battaglie legali, la guerra è dunque finita. Tengen cessa la produzione di giochi per NES e passa a concentrarsi su altri sistemi, in particolare sul SEGA Mega Drive, che sta guadagnando terreno sul mercato. L’accusa di Atari Games che Nintendo avesse violato le leggi anti-trust si risolverà fuori dall’aula di tribunale.
Sebbene Nintendo abbia vinto la battaglia, la causa di Atari Games ha portato a dei grossi cambiamenti. Il caso ha aiutato a stabilire la legalità dell’ingegneria inversa. Ha imposto la riforma delle procedure attraverso le quali l’ufficio brevetti concedeva l’accesso al materiale protetto, e la loro causa sull’anti-trust attirò l’attenzione di altre compagnie. Nel 1989, Anche la Atari Corporation di Jack Tramiel aveva citato Nintendo per 250 milioni di dollari, sempre per violazione delle leggi sull’anti-trust. Tramiel affermava che la richiesta di esclusività di due anni da parte di Nintendo impediva ad Atari Corp. di produrre buoni titoli ma il caso viene archiviato.
In ogni caso, già dal Dicembre del 1989, la divisione anti-trust del Dipartimento di Giustizia comincia ad indagare su Nintendo per: “Irragionevoli tattiche ai fini di limitare la concorrenza.” Questo porta ad un’indagine della Commissione Federale del Commercio e un anno dopo, nell’Ottobre del 1990, Nintendo annuncia che intende rendere più permissive le sue restrizioni rinunciando ai due anni di esclusività dei titoli. Nel 1991, la Commissione Federale del Commercio conclude il caso e Nintendo viene multata e costretta ad inviare un voucher di 5$ a chiunque abbia un gioco per NES acquistato tra il Giugno del 1988 e il Dicembre del 1990. Ai rivenditori viene consentito di rivendere le cartucce e gli accessori Nintendo al prezzo che LORO riterranno più opportuno. Il caso fa talmente rumore che la sua eco arriva anche sul mercato giapponese e Namco, ormai ai ferri corti con Nintendo, decide di sviluppare giochi anche per la nuova console di SEGA: il Mega Drive. Hideyuki Nakajima continuerà a dirigere Atari Games fin quasi alla metà degli anni ’90. Nel 1994, Time Warner decide di fondere Atari Games e Tengen in una nuova compagnia: Time Warner Interactive. Più o meno nello stesso periodo, Nakajima, perde la sua battaglia contro un cancro ai polmoni e muore a Tokyo.
Così, Hideyuki Nakajima, un grande della storia videoludica esce di scena. Sotto la sua guida Atari Games aveva lottato strenuamente contro le pratiche di Nintendo, costringendola a cambiarle e permettendo anche ad altri sviluppatori di produrre i propri giochi per altre console. Questo aiutò sistemi come il SEGA Mega Drive ad ottenere una forte presa sul pubblico e creare un mercato più aperto. Di sicuro, se non ci fosse stata la battaglia tra Nintendo ed Atari Games, l’industria videoludica non sarebbe così come la conosciamo.