VIC-20
Una volta c’era il VIC-20, adesso arriva il TheVIC20 e siamo contenti, ma per entrare in empatia con lui dobbiamo tentare di ricordarci a che punto stava la tecnologia a metà degli anni Ottanta. Adesso concentratevi. Chiudete gli occhi e calatevi in situazione: [dissolvenza]
Mentre noi abbiamo un amico figo con un home computer, il mondo del cinema e della televisione comincia a sfruttare questo argomento per raccontarci storie futuribili che di colpo diventavano plausibilissime.
La rivoluzione informatica ha luogo portando in ogni famiglia italiana uno strumento grazie al quale si riesce a fare cose apparentemente impossibili se non dentro a un episodio di Star Trek. Le madri di tutta la nazione si autoconvincono che il semplice uso di un accrocchio elettronico trasformerà i loro figli nei nuovi Einstein del 21° secolo. Ma come accade tutto questo? Come si arriva all’informatizzazione di massa scardinando un monopolio informatico riservato a una ristretta elite? Come avviene lo scatto culturale che ci farà considerare il computer come un accessorio indispensabile nel salotto di casa? Certo, noi siamo deboli, pieni di menate e fallibili, ma siamo guidati dal Giusto. Ecco perché Commodore è scesa tra di noi per mostrarci la via.
Sigla!
Da fine Marzo del 1983, in Italia, esce sul mercato il Commodore 64 e io non me ne accorgo neanche. Ho appeso in camera un poster con sopra la faccia di un bambino che guarda estasiato mentre un logo arcobaleno gli viene proiettato in faccia, e sono ragionevolmente convinto che oltre quello la vita non abbia più significativamente senso.
La Commodore, però, non è distratta come me, anzi, è da un po’ che pratica incursioni nell’industria dell’alta tecnologia, e in quei giorni si mette in mente di monopolizzare il settore degli Home Computer. Già nel ’77, aveva ottenuto riconoscimento e notorietà con il suo innovativo PET, che attraverso diverse incarnazioni nel corso degli anni era diventato molto popolare nelle istituzioni, salutando tutti solo nel 1984 per lasciare campo libero al C64, del quale, ribadisco, io non mi ero neanche accorto.
Al PET, nel 1981, è seguito il VIC-20, il diretto antenato del C64.
Il VIC-20, a quello sì che ho fatto caso, è un successo strepitoso. In TV ne passano spesso la pubblicità e sembra che chiunque possegga un negozio di elettrodomestici senta il bisogno di doverlo vendere. Ne piazzano milioni di unità e innalza la reputazione di Commodore a livelli olimpici, sia per la qualità della produzione, sia per i prezzi contenuti. Mi si vuole quasi dare a bere che il VIC-20 possa rivaleggiare con le console per videogiochi dell’epoca, ma non ci credo neanche per un secondo. «Tanti giochi divertenti ed entusiasmanti. Ora che ce l’hai, visto che ci fai?», dice la famosa pubblicità in TV. Io non riesco proprio a crederci.
Eppure, sebbene il VIC-20 sia abbastanza famoso e relativamente economico, per molti appassionati i suoi limiti sono troppo stringenti. La Ggente non si accontenta, vuole una macchina più potente ed è disposta a pagare bei soldoni profumati per averla. La Commodore, nella persona del suo allora presidente Jack Tramiel, lo sa bene, e corrisponde le preghiere di quella Ggente concentrandosi proprio su un prodotto fatto per loro, per le masse, non per le classi. Ecco che, a distanza di un annetto, il primo Commodore 64 (C64) passa direttamente dalle linee di montaggio ai negozi. In USA è l’agosto del 1982 quando compare sugli scaffali, e l’industria dei computer non sarebbe stata più la stessa.
Il C64 ha immediatamente un successo senza precedenti, e dimostra una volta per tutte che esiste un mercato solido e vitale per i computer economici che possano gestire i videogiochi. Si introduce in un mondo in cui gli home computer sono riservati ai nerd e ai ricchi, e vende circa 17 milioni di unità da lì ai suoi successivi 12 anni di vita, classificandosi come il computer più venduto di tutti i tempi. Un record questo, che difficilmente verrà battuto anche in tempi in cui i tablet conquistano il mercato di massa.
Il C64 nasce da un’idea di Jack Tramiel, presidente di Commodore Business Machines. Un uomo d’affari con origini ben diverse da quelle dei suoi rivali nella Silicon Valley.
Ebreo polacco, sopravvive all’olocausto e si arruola nell’esercito degli Stati Uniti, lì impara a riparare macchine da scrivere. Una volta congedato, approfitta di un programma di prestiti riservato ai veterani per aprire il suo proprio negozio di riparazioni di macchine da scrivere. Siamo a New York e corre l’anno 1953.
Chiama la sua ditta Commodore perché gli piace un nome dal suono militare, e sia GENERAL che ADMIRAL sono già stati presi da aziende che trattano energia e assicurazioni. Per lui rimane libero solo il grado di Commodoro e ne approfitta senza esitare.
Agli inizi degli anni ’60, durante un viaggio in Giappone, vede i primi calcolatori digitali e capisce tutto. Sposta rapidamente la sua azienda nella Silicon Valley dove erano basati i progettisti e i produttori di microchip cominciando a produrre macchine da scrivere elettroniche e, successivamente, calcolatrici. Alla fine degli anni ’70 la rivoluzione informatica accelera, e Commodore vede la prossima occasione nei computer. Mentre Apple e IBM producono macchine per il mercato professionale che costano un botto, Tramiel punta al mercato consumer. Vuole dare un computer a tutte le famiglie e il motivo è semplice: le famiglie sono più numerose delle aziende. Il suo sogno culmina col Commodore 64.
È Agosto, è il 1982, e il C64 costa meno della metà di un Apple II.
Oltre che economico, il Commodore 64 è più avanzato della concorrenza sotto molti aspetti, con il suo processore da 1MHz, i suoi 64 Kilobyte di memoria ( una quantità spropositata per l’epoca visto che la precedente generazione di computer ne ha solo 4 o 5 ) e la sua grafica a 16 colori, può anche essere collegato a un televisore normale piuttosto che a un monitor dedicato!
Tutte queste qualità combinate a quel basso prezzo significano che oltre ai computer concorrenti, il Commodore 64 può soffiare clienti anche al mercato delle console per videogiochi come Atari e tutti gli altri attori presenti in scena. E infatti, il C64 dispone di centinaia di titoli videoludici eseguibili da nastro e floppy disk.
Con il C64 si gioca a International Karate, un titolo che ridefinisce gli standard dei beat-em-up. Si gioca a Spy vs Spy, un eccellente tie-in multiplayer divertente e coinvolgente. Si gioca a Gauntlet, che introduce efficacemente i porting arcade in molte case. Si gioca a Summer Games, un gioco di atletica rilasciato nel 1984 per sfruttare l’onda di notorietà delle Olimpiadi di Los Angeles che offre l’opportunità di sfasciare un joystick.
In Italia, decine di migliaia di Commodore 64 vengono essenzialmente venduti come dispositivi di intrattenimento, magari regalati ai giovani accompagnandoli con pile di cassette piratate acquistabili tranquillamente in edicola. Molti di questi giovani si spingono più in là ed esplorano le sue capacità scrivendoci i loro programmi in BASIC, il linguaggio di programmazione integrato nella macchina.
Così, ridendo e scherzando, il Commodore 64 svolge un ruolo fondamentale nella formazione di un’intera generazione di ingegneri del software. Tablet e smartphone non favoriranno mai il talento allo stesso modo.
Ai giorni nostri, mentre è abbastanza vecchio per essere trovato nei musei, il C64 rimane molto amato, e dopo il lancio con estremo successo di consoline come NES e SNES Mini, pare giusto provare a capitalizzare anche con il suo grande esercito di afecionados. Il C64 mini (attenzione, NON Commodore 64 Mini ma C64 Mini. Il marchio Commodore appartiene ad altre persone) verrà fornito con 64 (ovviamente) giochi preinstallati. Si collegherà alle TV moderne tramite porta HDMI, presenterà una modalità di visualizzazione con un rapporto 4:3 e filtro RGB selezionabile per dare l’impressione di stare guardando un vecchio televisore a tubo catodico. Le sue dimensioni sono in scala 1:2, ovvero, circa la metà delle dimensioni del computer originale ma verrà presto seguito dal C64 Maxi: una perfetta riproduzione del Commodore 64 in scale 1:1.
Una boccata di nostalgia per un prezzo di circa 115€ e, si dice, la possibilità di caricare al suo interno molte più ROM aggiuntive oltre a quelle fornite in origine.
Adesso è il turno del Vic-20 e il prossimo anno, chissà, dell’Amiga.
Scaldate le carte di credito.