Quando diventi famoso come Mastertronic c’è sempre qualcuno che si domanda il perché, qualcuno che non riesce a spiegarselo, qualcuno che ci aveva già pensato prima ma per colpa di esticazzi non è riuscito a fare lo stesso. Qualcuno a cui serve dire che sei stato solo fortunato in modo da sminuire la tua idea annacquandola con la propria inadeguatezza.
Mastertronic invece è il genio. E cos’è il genio? Semplice: è fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione. sigla.
Quando Piermarco Rosa di Retrogaming Lives mi ha suggerito l’argomento di questo podcast era agosto, faceva un caldo della Madonna e nel mio vecchio studiolo mancava l’aria condizionata, quindi ho immediatamente pensato che fosse una specie di punizione, sicuramente gli avevo fatto qualche sgarro che dovevo pagare, quando poi ha aggiunto «è il tuo genere di roba» i sospetti sono diventati certezza. Nello specifico il genere era “videogiochi vecchi”, ovviamente, ma è anche vero che la storia di Mastertronic tira in ballo due o tre cosette con cui ho una certa familiarità: una è Llamasoft; l’altra è l’immortale topic che predomina i molti aspetti delle nostre vite e spesso ricorre qui su Atariteca, ovvero, i soldi sono pochi e bisogna arrangiarsi con quello che si ha.
Non so voi, ma io mi ci sono messo d’impegno per raccontare la storia di Mastertronic. Alla fine io e Piermarco abbiamo fatto un video memorabile che potete trovare sul canale dei Vintage People e linkato in descrizione di questo podcast, e poco altro rimaneva da aggiungere sull’intera faccenda, anzi no, qualcosa c’era. Mancava una versione podcast della storia di Mastertronic. Così ho pensato di raccontarvela qui, su Atariteca, dividendola in parti come ho già fatto per altre tematiche particolarmente corpose.
Partiamo quindi con la prima parte della storia di Mastertronic.
L’idea di Mastertronic si concretizza a Londra alla fine del 1983 grazie a quattro uomini d’affari esperti: Frank Herman, Martin Alper, Terry Medway e Alan Sharam.
A differenza di molti concorrenti nel settore di videogiochi dell’epoca, la società non viene fondata da programmatori esuli in cerca di uno sbocco per la loro creatività o rivalsa sul precedente datore di lavoro avaro di riconoscimenti ( ciao Rob Fulop, ciao David Crane. Qui in Atariteca vi vogliamo tutti un sacco bene ) e nemmeno da una grossa e consolidata attività che desidera infilare il piede nella porta della crescente industria dei videogiochi.
Mastertronic, in quanto tale, nasce e si impegna da subito a raggiungere il successo come editore vendendo i videogiochi al prezzo più basso possibile, e lo fa in un tempo in cui gli altri editori già presenti sul mercato sembrano preoccuparsi solo del processo di creazione del software e del marketing d’immagine; è una strategia, quella di Mastertronic, all’opposto di quella utilizzata dai suoi concorrenti che si rivolgono direttamente ai clienti, presupponendo che la domanda di questi ultimi, in qualche modo, porterà i loro videogiochi sugli scaffali dei negozi.
Al contrario, invece, Mastertronic focalizza la sua strategia sui distributori e sui rivenditori. Se i suoi videogiochi fossero arrivati sugli scaffali dei rivenditori in quantità, il loro basso prezzo di vendita avrebbe fatto il resto, senza doversi preoccupare del processo di creazione o di una campagna pubblicitaria per promuoverli.
Il fulcro della strategia è l’idea di software cosiddetto “budget“, videogiochi in vendita a un prezzo inferiore alle 3 sterline in un periodo in cui la maggior parte dei buoni software costa almeno 5,99 o anche più. Infatti, i videogiochi Mastertronic hanno un prezzo base di, tenetevi forte, 1,99 sterline. E nel giro di tre anni, l’azienda diventa il principale fornitore di videogiochi nel Regno Unito e vende bene anche in tutto il mondo ( tranne qui in Italia che eravamo un caso a parte e lo approfondiremo in seguito ).
Così, Mastertronic diventa famosa per la sua capacità di imporre un nuovo standard, quello Budget, in cui riesce ad unire il risparmio alla qualità.
Io, ataritecari, a Mastertronic voglio bene non solo perché a quei tempi c’ero ed ero un acquirente (pirata) dei suoi ottimi videogiochi (non tutti ottimi, certo, ma molti lo erano). Io gli voglio bene perché Mastertronic ha ottenuto tutto il suo successo con la fantastica volontà di proporre molto e proporlo in fretta; l’ha fatto con una ferrea etica del risparmio ma riuscendo sempre a non scadere troppo in qualità, l’ha fatto in totale autonomia e credendo ciecamente nella sua visione vincente poi subito imitata da molti altri. Per questo, solo applausi!
Origini
La storia di come Mastertronic ha inizio non è del tutto chiara ma si basa su giusto un paio di coincidenze. Herman ( uno dei quattro fondatori ) è un distributore di video americani e ne sa abbastanza del processo di duplicazione delle videocassette da capire come possa essere applicato anche ai nastri per computer. Alper e Medway, invece, gestiscono un videonoleggio nel West End a Londra, “Video Tapes International” si chiama, mentre l’ultimo socio, Alan Sharam fa parte di uno studio associato di periti, lo Hirshfields, con sede in George Street sempre a Londra.
La prima coincidenza a cui accennavo e che contribuisce alla nascita di Mastertronic è che il videonoleggio di Alper e Medway è in George Street e lo studio associato di periti, Hirshfields, gestisce commercialmente l’edificio in cui si trova il videonoleggio. La seconda coincidenza è che Frank Herman ( vi ricordate? Il primo dei 4 soci ), che conosce già sia Alper che Medway tramite il business dei video, conosce da molti anni uno dei soci dello studio Hirshfields, un certo Colin Gershinson.
È probabile che sia stato Herman il primo a pensare che un’attività di videogiochi a basso prezzo potesse avere un successo commerciale, a poi l’abbia proposta ad Alper e Medway per poi rivolgersi a Gershinson per trovare un fondo commerciale per avviarla. Gershinson a sua volta ha coinvolto Sharam ( colui che sarebbe diventato il quarto socio ) che probabilmente si è occupato degli accordi per affittare un seminterrato nell’edificio di George Street gestito dalla Hirshfields. Ma prima che quello spazio fosse disponibile, sembra che l’attivitiva di Mastertronic fosse già iniziata e i videogiochi venissero prodotti e inviati all’ufficio di Sharam. Vabbè. È altresì probabile che a quel tempo, quei videogiochi fossero semplicemente vecchie scorte acquistate da altri editori, magari in svendita, e i clienti una gamma limitata di negozi di videonoleggio. Il business, comunque, comincia ma è limitatissimo.
Per poter far crescere l’attività, però, è necessario smistare il prodotto in una gamma molto più ampia di punti vendita, non solo videonoleggi. A quel tempo uno dei contatti chiave di Herman nel settore della distribuzione video è Richard Bielby, un ex giocatore di cricket professionista del Nottinghamshire. Bielby, supportato dalla moglie Alison, ha una rete di distributori che portano i video direttamente ai negozi di videonoleggio, ai droghieri, alle edicole locali, e a qualsiasi piccola attività che desideri avere un introito secondario. In quel momento i videogiochi, come i video, sembrano una linea di reddito supplementare abbastanza affidabile, quindi… perché no? Perché non proporli?
Viene convocata una riunione al Clifton Ford Hotel, proprio dietro l’angolo di George Street, in cui l’idea della costituzione di Mastertronic viene presentata a Bielby ( l’ex-giocatore di cricket ) e al suo team di distribuzione. L’entusiasmo è sufficiente per lanciare l’attività. Gershinson e Medway mettono a disposizione abbastanza soldi per l’acquisto delle licenze, progettare le copertine, duplicare e confezionare i videogiochi ( sempre e comunque distribuiti su nastro) e sostenere le spese generali necessarie, tra cui la creazione dei loghi distintivi di Mastertronic. Sharam, invece, inizia a occuparsi degli aspetti logistici e gradualmente si impegna a lavorare a tempo pieno per Mastertronic.
L’azienda inizia ufficialmente ad operare il 1° aprile 1984. Mind the date.
Ma perché Mastertronic si chiama proprio Mastertronic? Nel piano di marketing generale, la parola “Master” sarebbe dovuta essere usata per un sacco di altre cose. Addirittura nei primissimi giorni, oltre ai videogiochi, si intende distribuire anche altri tipi di prodotti.
La società, infatti, pubblica per un po’ di tempo dischi con l’etichetta “Mastersound” e anche videocassette con la nomenclatura “Mastervision” ma le iniziative non hanno successo. Viene utilizzata anche la dicitura “MasterAdventurer” per quei videogiochi che rientrano nella categoria “avventura”. Insomma, si parte all’abbordaggio di un mercato che però, va detto, è abbastanza impetuoso e imprevedibile in quel momento.
Il mercato dei videogiochi nel Regno Unito nel 1983 è, infatti, in pieno mutamento.
Il primo boom dei videogiochi si era basato sulle console ( in particolare quella Atari ). Questa fase implose fra il 1982 e il 1983, ma contemporaneamente stavano emergendo una nuova generazione di computer programmabili molto economici. Nel regno Unito, questa fase di emersione viene guidata dai prodotti Sinclair (la gamma ZX80/81/Spectrum) con una forte concorrenza da parte dei modelli Vic e 64 di Commodore.
Il settore della vendita al dettaglio in quel momento, però, è mal organizzato. I giochi per console erano stati venduti da un’enorme varietà di punti vendita, in genere negozi di elettronica, negozi di fotografia e alcune catene di grande distribuzione. Quando il settore entra in crisi, i videogiochi vengono ritirarono dal mercato. Sopravvive solo la vendita per corrispondenza che è particolarmente popolare fra i consumatori che vivono nelle piccole città lontano dai grandi centri cittadini. Ma coloro che vivono nelle grandi città adesso ( e siamo nel 1983 ) dove possono acquistare un videogioco per il loro computer? Praticamente sono introvabili e non c’è più nessun negozio che li tiene. Siamo in un periodo storico in cui i videogiochi non hanno più un’identità. Sono giocattoli per bambini? Sono prodotti culturali come libri e dischi? O sono da inquadrare nell’elettronica di consumo insieme ai computer su cui girano? Non c’è una risposta ovvia a questa domanda nell’Inghilterra del 1983.
Ciò che è certo è che il settore commerciale è nel caos. Il fallimento delle prime console ha reso sospettosi i rivenditori. Le grandi catene commerciali come Boots, WH Smith e Woolworths sono confuse dall’arrivo di così tanti tipi di computer domestici. Non sanno come gestire i fornitori che possono proporgli un videogioco di successo un mese, e fiaschi clamorosi per i mesi successivi. Hanno paura ad impegnarsi nell’acquisto di quei prodotti a meno che non possano restituire l’invenduto con un rimborso, ma come possono fidarsi di editori software che possono fallire da un giorno all’altro?
E poi rimane la domanda principe: come si vendeva un videogioco per computer? Sono lenti a caricarsi e richiedono una certa comprensione che manca anche agli stessi commessi addetti alle vendita. L’idea di mettere una cassetta in un device, aspettare cinque minuti per il caricamento del gioco e guardare il potenziale cliente giocarci per dieci minuti prima che magari decida di non acquistare è pura follia. Perdonatemi il gioco di parole, ataritecari, ma i rivenditori non sono convinti che il videogioco valga la candela.
La strategia di Mastertronic
Mastertronic viene fondata da uomini che ne capiscono tantissimo di distribuzione e marketing. Non sanno nulla di videogiochi per computer e sono orgogliosi di non aver mai provato a giocare a uno solo di essi ( se ci pensate, è un atteggiamento molto simile a quello dei dirigenti delle grandi case discografiche che non ascoltano mai la musica delle loro stesse star). Per dire: quando i programmatori arrivano con le demo in Mastertronic, ci vuole qualcuno dedicato a configurare le macchine, caricare i videogiochi e persino collegare i joystick per provarle. Mastertronic non ha mai assunto direttamente programmatori nel suo organico (a differenza di Virgin Games che al momento della fusione con Mastertronic aveva uno staff di programmazione di 6 persone, con diversi altri progetti speciali in corso, ma ne parleremo più avanti ). Tutto viene acquistato dall’esterno, direttamente dagli autori o da altri editori di giochi e, una volta fondata, la società viene inondata di videogiochi da parte di tutti, anche dilettanti entusiasti che riusciranno a farsene pubblicare un bel po’.
Questo perché ancor prima che la società iniziasse a operare, la strategia aziendale era già stata ben definita. Tutto si deve basare su distribuzione, approvvigionamento e prezzi.
Distribuzione – la chiave
Come detto prima, i fondatori di Mastertronic hanno esperienza nella distribuzione video, un altro settore in forte espansione, e usano i loro contatti per distribuire ai rivenditori. All’inizio le grandi catene commerciali non sono interessate. Ma poiché i videogiochi sono economici, è facile convincere i piccoli rivenditori ad acquistarli.
Il team di Mastertronic trova clienti nelle edicole, nei negozi di dolciumi, nelle officine, nei videonoleggi e alimentari, persino nelle stazioni di servizio autostradali. I negozi vengono incoraggiati ad acquistare dei “dealer pack“, ovvero, 100 videogiochi alla volta montati su una rastrelliere di cartone. Viene solo chiesto loro di dare un po’ di spazio ai prodotti, e vigono accordi di vendita o di scambio, il ché significa che i rivenditori non corrono alcun rischio. Posso restituire venendo rimborsati o possono chiedere un dealer pack tutto nuovo per vedere se va meglio.
Entrare nelle grandi catene, però, ecco, quello è molto più difficile. Il nervosismo del commercio al dettaglio nei confronti dei videogiochi è molto radicato in quel settore. I grandi acquirenti non vogliono affidarsi a editori che potrebbero non consegnare in tempo, o addirittura sparire da un giorno all’altro. Vogliono lo stesso tipo di garanzie che forniscono gli editori di dischi e libri: uscite garantite di nuovi titoli e accordi di reso per le scorte in eccesso.
Mastertronic fornisce queste garanzie. Mentre gli altri editori basano la loro strategia di marketing sulle produzioni di uno o due programmatori chiave, Mastertronic allarga la sua rete a tutti i programmatori disponibili e mira ad avere un flusso costante di nuovi titoli. A giugno la gamma budget di Mastertronic è in vendita negli store HMV, una delle principali catene di vendita dischi nel Regno Unito, ed è tanta la richiesta che comunque rimangono difficili da trovare. Fino al 1986 sarà così ma non oltre. Quell’anno, la catena Woolworth’s, con un sorprendente cambio di atteggiamento, chiede a Mastertronic di essere rifornita di software. In Mastertronic fanno i salti di gioia.
A differenza dei suoi concorrenti, Mastertronic non affida lo stoccaggio e la distribuzione dei suoi prodotti ai grossisti. Determinata a controllare il processo di distribuzione, allestisce il proprio magazzino. Nei primi tempi, si tratta di una cantina in Paul Street, nella parte poco alla moda di Londra.
Sebbene la maggior parte dei dipendenti siano lavoratori occasionali, farsi carico delle spese generali di un magazzino è un passo audace che pochissimi editori avrebbero mai fatto. Ma per Mastertronic, la chiave è mantenere le promesse di consegna. È un dato di fatto che nessun editore che lavora tramite un grossista possa garantire quando i prodotti verranno consegnati. Qui, invece, se un cliente acquista da Mastertronic può, se lo desidera, andare lui stesso al magazzino e ritirare la merce di persona, subito. Inoltre, gestire un magazzino tiene il management in contatto con il lato fisico dell’attività. I dirigenti sono costretti a capire come imballare i giochi, quali tipi di imballaggio si rompe durante il trasporto, che tipo di etichettatura è più richiesta dai rivenditori e ogni aspetto della distribuzione.
È per questo che Mastertronic è anche pioniera della “codifica colori” per i videogiochi. Con un triangolo colorato nell’angolo in alto a destra della copertina e rettangoli sul dorso con il numero di catalogo e il formato: i videogiochi Spectrum sono gialli, quelli per C64 sono rossi, quelli per Amstrad, arancioni. Ciò porta molte software house a utilizzare varianti di questo tema, ma a mantenere la stessa codifica colori in modo che le persone possano identificare facilmente il formato.
I rivenditori, che capiscono molto poco di videogiochi, apprezzano questo sistema che di riflesso migliora la percezione della professionalità dell’azienda.
Approvvigionamento
Poiché Mastertronic è un editore e non una software house, il suo primo grande problema è trovare il prodotto. Una fonte importante fu Mr. Chip, una software house gestita da Doug Braisby. I giochi da lui reperiti vendettero 395.000 copie nei primi 15 mesi di vita di Mastertronic (fino a giugno 1985). Ma questo risultato fu eclissato da un’altra grande fonte chiave, i fratelli David e Richard Darling, destinati a diventare loro stessi attori principali del settore. Avevano la loro casa editrice, la Galactic Software. Dopo aver padroneggiato l’arte di sviluppare rapidamente videogiochi per Vic20 e C64, i Darling avviano una partnership con Mastertronic che attribuisce a entrambi una royalty e una quota dei profitti sulle vendite dei loro videogiochi.
La partnership ha un successo sorprendente. Per i due fratelli Darling, ragazzi in età scolare, è la prova plastica che i videogiochi sono molto meglio dell’istruzione, e infatti lasciano la scuola, rompono l’accordo con Mastertronic e fondano la loro una nuova società, Codemasters.
Per darvi un’idea più precisa delle quantità in ballo riguardo alle due fonti citate in precedenza, vi dico solo che nei 15 mesi successivi alla fondazione di Mastertronic, la somma di entrambe supera le 2 milioni di unità vendute. Quindi gli accordi con Braisby e i fratelli Darling costituiscono il 55% del fatturato di Mastertronic. In seguito, come raggiunse la popolarità, molte persone si avvicinarono a Mastertronic con giochi finiti o anche solo idee, tutti desiderosi che l’azienda pubblicasse il loro lavoro.
I primi giochi Mastertronic vengono prodotti per i computer che dominano l’epoca. Vic20, C64 e Spectrum sono le macchine principali. La strategia di marketing richiede un flusso continuo di titoli in modo che i rivenditori abbiano validi motivi per mantenere i videogiochi in evidenza nei loro negozi, attraendo e mantenendo alto l’interesse dei consumatori.
Tra aprile e giugno 1984, Mastertronic lancia 32 titoli per 5 piattaforme. Quasi tutti sono derivati, basati su popolari giochi arcade. Quindi c’è Spectipede su BBC e Spectrum basato su Centipede, Munch Mania sul C64 basato su Pacman ecc. Ma un paio di titoli spiccano: BMX Racer su C64 dei fratelli Darling e Vegas Jackpot sempre su C64 e Vic20 di Mr Chip. BMX Racers vende 340.000 copie mentre Vegas Jackpot si ferma a quasi 300.000.
Grande cura viene dedicata all’aspetto dei giochi e all’immagine dell’editore. Per le copertine vengono commissionate illustrazioni di qualità. Alcune di queste immagini, in particolare quelle a tema fantascientifico, hanno senza dubbio aiutato molti videogiochi a vendere meglio. Un’agenzia, Words & Pictures, gestita da Gary Grant, fornisce tutte le illustrazioni di copertina di quel periodo, e a loro volta si affidano principalmente a due artisti, Mark Brady, specializzato nei temi fantascientifici, e John “the brush” Smyth, che preferisce uno stile più cartoonesco.
Prezzi
Nel Regno Unito, nel 1983-84, la maggior parte dei videogiochi per computer viene venduta al dettaglio a prezzi compresi tra le 4,99 sterline e le 7,99 sterline. I rivenditori non gradiscono i videogiochi più economici perché generano meno profitto e il pubblico è sospettoso verso la loro qualità ( e giustamente nella maggior parte dei casi). I giochi Mastertronic vengono venduti a un prezzo di 1,99 sterline. Come è possibile?
A quel tempo tutti i videogiochi per computer sia nel Regno Unito che in Europa vengono distribuiti su una cassetta simile a quella utilizzata per le registrazioni musicali. Certo. Sono disponibili computer che utilizzano floppy disk, in particolare il C64 e i modelli destinati alle aziende, come le gamme Apple, il Commodore Pet e il Tandy. Ma queste periferiche sono diffuse principalmente negli Stati Uniti. In Europa i modelli di computer più economici basati su device a nastro coprono la parte preponderante del mercato. I giochi quindi sono piccoli, semplici e di breve durata, riflettendo le limitate capacità di memoria dei computer. Il computer più potente è il C64, con i suoi presunti 64000 byte di memoria. In realtà la quantità disponibile per eseguire i programmi è inferiore, una parte della memoria viene utilizzata dal computer stesso per le operazioni interne. Solitamente, il codice del programma che poteva occupare questo spazio di memoria corrispondeva a un breve tratto di nastro che poteva essere caricato in circa 5 minuti. Per un ragionevole numero di copie, un duplicatore a nastro poteva produrre copie per circa 22 penny ciascuna. Le custodie costavano circa 3 penny ciascuna. L’artwork costava molto ma era unico per tutti; ipotizzando una tiratura di 20.000 copie, questo riduceva il costo a 5 penny per unità.
Quindi un gioco può essere duplicato e immesso sul mercato per un costo totale di circa 30 penny. L’altro costo principale è il software stesso. I videogiochi possono essere acquistati direttamente, ma la maggior parte degli autori vuole le royalty. L’accordo standard offerto nel 1984 da Masterronic è un anticipo di 2000 sterline e una percentuale di royalty di 10 penny a unità venduta. Molti giovani autori sono molto felici di accettarlo, soprattutto quando Mastertronic vende più di 50.000 copie dei loro titoli. Negli anni successivi gli accordi sulle royalty si avvicineranno agli standard nell’editoria libraria, basandosi su una percentuale delle vendite, ma nel 1984 non c’è alcuna differenza: tutti i videogiochi sono comunque venduti allo stesso prezzo.
Questa struttura di prezzo genera buoni profitti solo a condizione che le vendite siano sufficientemente elevate. Se le vendite totali di un titolo superano le 10.000 unità, allora i costi delle materie prime e della distribuzione venivano coperti e c’era un margine di guadagno, e in quei primi giorni tutti i titoli superano facilmente le 10.000 unità. In pratica, il prezzo economico è perfettamente praticabile a patto che la maggior parte dei titoli ottenga buone vendite, e nel mercato in rapida crescita del 1984-86, al prezzo “budget” di £ 1,99, ci riuscirono tutti.
FONTI
https://en.wikipedia.org/wiki/Mastertronic
http://www.guter.org/mastertronic/mastertronic_history.htm