Skip to content

Cosa giocare quando vedi i corvi: TAPPER

Reading Time: 9 minutes

 

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, per le strade della mia città girava una copia di me stesso molto più giovane e capelluta. Da adolescente abitante di una località balneare che vive solo d’estate e per il resto dell’anno non offre sostanzialmente un cazzo da fare, passavo le mie ragguardevoli giornate al bar di quartiere con gli amici.
Il bar, come ricorderete anche voi che siete diversamente giovani, non era solo luogo di somministrazione ma un vero e proprio collettore universale attraverso il quale passava tutta la variegata umanità che quel controverso periodo offriva agli antopologi. Nel bar che frequentavo, il mio bar, c’era lui: FISCHIONE.
Fischione era un uomo di una decina di anni più grande di noi che avevamo da poco fatto i conti con la maggiore età. Si diceva avesse passato l’inferno per amore di una disonesta e da quell’esperienza non si fosse più ripreso. Annegava quotidianamente la sua malinconia in un bicchiere di Spritz e parlava in codice, il suo codice, che ormai tutti noi conoscevamo perfettamente: Quando era alticcio «vedeva i corvi» e quando si rivolgeva a una ragazza di facili costumi la chiamava «Mandrake» ( perché non facevi in tempo a tirarlo fuori che lei te lo faceva sparire ).
Visto che al tempo lo Spritz non era ancora stato scoperto a Capalbio e gli Hipster non lo avevano ancora trasformato in una moda elitaria, va da sé che berlo costasse un cazzo. Di conseguenza Fischione, con il suo lavoro di onesto operaio,  si poteva permettere tranquillamente di bere zillionate di Spritz ogni sera, e ogni sera, ataritecari miei, ogni sera al bar c’erano i corvi.
Quando in quel bar arrivò Tapper, io immaginai quel gioco con un barista intento a lanciare Spritz al posto dei boccali di birra per soddisfare orde di avventori incalzanti con le fattezze di Fischione. Nel bonus stage dovevi trovare sotto quale barattolo era nascosto un corvo.

Benvenuti alla puntata numero 158 di Atariteca. Il podcast che ficcanasa nel retrogaming, scartabella la storia dei suoi protagonisti e tracanna un boccale di birra rossa perché la bionda è amara. Io sono Simone Guidi. Sigla.

 

 

 

Il mercato arcade negli anni ’80 è quel posto insondabile in cui cagate e successi inaspettati convivono in proporzioni tali che, alla lunga, ci si stufa quasi subito di trovare un senso a quello che sta succedendo. Se si affronta la situazione alla cieca tutto diventa problematico: « Ehi, ma perché quel gioco lì è ispirato a un film che non è ancora uscito? Ehi, perché quell’altro è uguale a un videogioco che avevo già sul mio home computer? Wow, quello è il videogioco della mia band preferita! ».

Le sale giochi erano quel posto dove i videogiochi diventavano pazzi e i loro creatori/produttori le studiavano tutte per riuscire a pagarsi lo stipendio usando gli escamotage più strani. Tra i nomi di coloro che ci provarono fortissimamente vanno sicuramente iscritti Scott Morrison e Steve Meyer, ma soprattutto la loro azienda, la Marvin Glass and Associates, la cui produzione l’ha resa mitologica agli occhi dei collezionsiti di oggi dato che ha sviluppato un pugno di titoli che suonavano all’incirca così:  Tapper, Domino Man, Journey, Timber, Turbo Tag, e Wacko. L’ultimo, Wacko, non venne mai rilasciato ma la ROM è tutt’oggi disponibile sul MAME. Comunque, se i primi cinque sono titoli eufemisticamente discutibili, fra loro ce n’è uno a dimostrare che i regaz di Marvin Glass, quando volevano (e potevano) ci sapevano fare alla grandissima: Tapper.

 

 

Tapper è un videogioco che va dritto al punto con questo preciso intento: « Come facciamo a far passare il tempo a Homer Simpson quando va a farsene un paio da MOE ? »

Eh sì, ataritecari, perché una cosa è certa, Tapper è stato concepito per prendere di mira un target ben determinato : i clienti di un pub affollato troppo bevuti per riuscire a giocare a freccette senza accecare qualcuno ( o loro stessi ), e tutto questo studio si rende manifesto a cominciare proprio dal cabinato stesso, decorato con scene di bar d’epoca, con un enorme logo papillon della Budweiser sul Marquee, due piani poggia bibite e un paio di leve per spillare la birra che sporgono sul pannello di controllo. Insomma, Tapper è il videogioco arcade a tema birra più fantastico mai realizzato, pensate, sotto la gettoniera c’è anche una sbarra di ottone per poggiare i piedi!

Fatto apposta per berne un paio

Pubblicato nel 1983 dal magnate dei videogiochi Bally Midway, Tapper è ingannevolmente semplice. Controlli un barista spaventosamente oberato di lavoro che deve servire litri e litri di birra a clienti scontrosi che arrivano su quattro banconi diversi. Un joystick ti permette di spostarti su e giù tra i banconi, mentre tirando indietro la leva della spina riempi i boccali e rilasciandola li fai partire lungo il bancone. Tuo compito è spillare abbastanza birre per respingere i clienti fuori dal bar e raccogliere i bicchieri che restituiscono. Se fai rompere un bicchiere o permetti ai clienti di raggiungerti al di là del bancone, perdi una vita. Se poi ti cade una pinta di birra piena, beh, come nella vita reale, è la morte.
Eh sì. È un lavoro duro quello del barista, ma in Tapper non potrebbe essere più avvincente.
Il gioco è frutto dell’ingegno di Scott Morrison e Steve Meyer, i cui percorsi professionali hanno avuto origine presso Marvin Glass and Associates. «Mio padre lavorava alla Marvin Glass, in un think tank per inventare nuovi giocattoli. Intorno al 1981, decisero di cimentarsi nei videogiochi, inizialmente con lo scopo di creare modelli da proporre ai vari produttori, ma divenne subito chiaro che la natura specialistica di questi progetti richiedeva uno staff dedicato. Io ero uscito da appena un anno dal college e lavoravo a St. Louis quando mio padre mi chiamò per sapere se ero interessato a questa nuova posizione. Dato che ero un grande fan dei videogiochi e un fumettista nell’anima, colsi al volo l’opportunità di fare un colloquio», ricorda Scott Morrison.

Subito dopo essere entrato, Scott incontra Steve Meyer e fra loro c’è subito feeling. Come parte del loro nuovo lavoro da creatori di videogiochi, si siedono a un tavolo e buttano giù qualche idea. «Abbiamo buttato giù ogni genere di concetto, incluso quello di essere il cliente piuttosto che il barista, ma alla fine abbiamo deciso che essere l’uomo della birra era la strada da percorrere.
Poi sono andato avanti e ho creato alcuni approssimativi storyboard per descrivere ai dirigenti della Bally gli obiettivi di base del gioco e il flusso » dice Morrison.

Tom Neiman era il guru del marketing di Midway e visto che il loro videogioco è progettato per funzionare nei bar dove si beve forte, contatta subito Budweiser per ottenere la licenza.

Con l’interesse di Midway stuzzicato, era il momento di dare corpo al gameplay. Concepito da Scott Morrison, ogni schema ha uno stile e un tema distinto dagli altri.  Il punto di partenza è un bar a tema western poiché quell’epoca ( soprattutto nella mente dell’americano medio ) evoca immagini di boccali lanciati che scivolano lungo il bancone. Per assicurarsi l’approvazione del progetto da qualsiasi dirigente è un’estetica quasi obbligatoria da adottare, e l’abbigliamento del barista viene realizzato per adattarsi a quell’ambiente. Il successivo schema è quello del bar sportivo, un ambiente anch’esso inevitabile da rappresentare poiché è esattamente il target di piazzameneto del cabinato. Qui si opta per un look all’aria aperta, da fiera paesana, principalmente per rendere il gioco diverso dal livello precedente. Pensate, c’è anche un dirigibile della Budweiser!


Il terzo schema è il bar punk, la cui estetica all’epoca era piuttosto di moda. Il futuro negli anni ’80 era spesso rappresentato da distopia punk e raggi laser, e le stravaganti caricature dei clienti punk sarebbero state decisamente interessanti in quel regno del disordine mezzo distrutto.
Il bar spaziale doveva essere la bella sorpresa per i giocatori che erano abbastanza bravi da raggiungere quel livello così avanzato. La speranza del duo Morrison/Meyer è quella che i giocatori avrebbero sparso la voce e invogliato altri a diventare abbastanza bravi da raggiungerlo. Gli alieni hanno caratteristiche facciali esagerate – occhi enormi, tutta bocca – e ce n’è uno piccolissimo che cammina sul bancone. Tutti personaggi creati dalla fantasia di Steve Meyer.

Per creare un’opera d’arte e degli sprite così distintivi, Scott Morrison utilizza un software di strumenti artistici personalizzato e li disegna con un particolarissimo controller creato da Rick Hicaro. È costruito da un joystick del videogioco Gorf con quattro pulsanti del telefono inseriti nella parte posteriore, un grilletto, e un joystick Atari piazzato sulla parte superiore ( andate sul sito di Atariteca per vederlo).

«I cavi erano abbastanza lunghi da permettermi di sedermi molto indietro, con i piedi sulla scrivania, se volevo. Era un sistema fantastico»

Le meccaniche di gioco sono l’area su cui Steve Meyer si concentra di più per rendere Tapper una sfida memorabile. «C’è abbastanza contenuto?» si chiede Steve. «E se un cliente lasciasse una mancia?». Ed ecco che viene introdotto il fattore mancia, dove il giocatore deve decidere se ha abbastanza tempo per raccoglierla. Se ci riesce, scatta un siparietto che ferma l’avanzamento di alcuni clienti; se non riesce, è una perdita di tempo che può rivelarsi fatale. C’è anche spazio per un divertente intermezzo fra uno schema e l’altro: « …Abbiamo cambiato i personaggi in ogni livello, ma non sembrava ancora abbastanza, quindi abbiamo introdotto l’idea del tipo losco che agita le lattine di birra (tutte tranne una) e tu devi scegliere l’unica lattina non agitata altrimenti vieni spruzzato di birra. Prima che fosse implementato, lo abbiamo testato ed è stato bello vedere le persone divertirsi giocando».

Ciò che rende Tapper unico sono i controlli di gioco.
Oltre a un joystick, il cabinato è equipaggiato con due leve che ricordano una spina per birra, e rende il servire alcolici non troppo diverso da ciò che bisogna fare nella vita vera. «Bally Midway si rivolse a un negozio di modellismo; avevano a disposizione tutti i componenti del controller. Midway li produceva e riuscì a realizzare un prototipo. Restituiva una bella sensazione, perché quando lo mollavi tornava subito indietro, il che divenne essenziale nel gameplay. Quando lo tiravi a te, riempivi il bicchiere e quando lo lasciavi andare, lanciavi la birra. Se volevi aspettare il momento giusto o lanciarne una, due, tre alla volta, potevi farlo. Ti dava la possibilità di fare errori se non prendevi bene il tempo e aggiungeva un po’ di rischio al gioco», osserva Steve Meyer.

Una delle caratteristiche che non è mai stata inclusa nella versione finale sono gli effetti sonori dei clienti che ruttano dopo aver bevuto una birra.
Inutile dire che è una buona idea più nella teoria che nella pratica. «Siamo stati contattati dalla Texas Instruments. Avevano un nuovo chip audio che consentiva suoni digitalizzati, e abbiamo pensato che fosse davvero fantastico e all’avanguardia», ricorda Scott Morrison.
«A un certo punto, siamo entrati in una stanza con birra e bibite varie e abbiamo trascorso un paio d’ore a ruttare in un microfono. Quando abbiamo installato il chip, abbiamo provato una versione del gioco in cui i clienti ruttavano dopo ogni birra che bevevano. Era piuttosto divertente, ma a lungo andare è diventato davvero disgustoso e non pensavamo che Budwiser l’avrebbe tollerato. Abbiamo provato a moderarlo, a usare i rutti solo occasionalmente, ma non ha avuto l’impatto che volevamo, quindi, alla fine, abbiamo scartato l’idea».

Una cosa curiosa è l’aspetto del barista. Se vi sembra familiare, è perché è già apparso nel titolo arcade Domino Man, antecedente a Tapper. « Lo sprite del personaggio originale era grande solo 32×32 pixel, quindi era difficile definire dei dettagli. Quando è arrivato il momento di creare Tapper, ho deciso di portare Domino Man nel nuovo gioco », afferma Scott Morrison. «È stato divertente per me perché lo sprite di Tapper era molto più grande, il che mi ha permesso di dargli una gamma più ampia di emozioni e reazioni. Domino Man ha anche fatto la sua apparizione come boscaiolo in Timber e come losco manager di wrestling in Battle Royale per la console domestica TurboGrafx 16.» Steve Meyer afferma che il personaggio principale è stato modellato sull’aspetto del collega designer di giocattoli Mike Ferris,  che era molto felice di essere rappresentato in Tapper. « Sfortunatamente, Mike è scomparso qualche anno fa», ricorda Steve Meyer con tristezza. Oltre a essere la star di un classico arcade, Mike Ferris era un artista e designer di talento che insegnò a Scott Morrison come usare gli strumenti artistici. La sua presenza in Tapper significa che, almeno in qualche forma, Mike Ferris vivrà per sempre.

Una volta che Tapper raggiunge la popolarità fra gli adulti amanti della birra, è solo questione di tempo prima che emerga una versione analcolica. «All’inizio il gioco era solo destinato ai bar, ma poi Midway volle metterlo nelle sale giochi, e lì la clientela può benissimo essere minorenne. Quindi ci chiese di fare una versione analcolica con la Root Beer ( la birra di radice ). Nacque così Root Beer Tapper. Cambiammo la decorazione del mobiletto, rimuovemmo poggiabicchieri e poggia piedi, Scott creò una nuova grafica», racconta Steve Meyer. Scott Morrison spiega un po’ di più: «Ho rielaborato gli sfondi con colori e loghi completamente nuovi e ho dato a Domino Man un nuovo vestito stile gelataio, completo di un cappellino bianco. Ricordo che la maglietta a strisce rosse e bianche mi diede un sacco di problemi durante l’animazione, poiché le strisce dovevano muoversi senza sembrare irregolari». Ma la difficoltà del gioco viene modificata per il mercato dei più giovani? «No», ride Steve Meyer. «I ragazzini erano più bravi di tutti gli altri».

Dai tempi di Tapper, sia Meyer che Morrison sono rimasti nel settore dei giochi, sebbene lavorino in aziende diverse. Dal 1987, Scott Morrison lavora per Incredible Technologies, attualmente il più grande produttore di videogiochi a gettoni in America. All’inizio, decisero di seguire il percorso iniziato da Tapper e concentrarci sui giochi per adulti in luoghi pubblici come bar e pub.
Golden Tee Golf è il loro più grande successo e il franchise quest’anno celebra il suo 36° anno, un’impresa senza precedenti. Steve Meyer è alla Firaxis come direttore dello sviluppo software, realizzando giochi per tutti i vari sistemi, fra i tanti anche il franchise di Civilization.
Che dire di più? Alla Salute ragazzi…

FONTI
https://obsoletegamer.com/wreck-it-ralph-the-backstory-behind-the-classic-tapper-arcade-video-game/
Retrogamer magazine 74


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.