Atari Banzai : LA STORIA DI ATARI IN GIAPPONE

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atari in giappone
Non c’è età che ci liberi dalla tortura e al tempo stesso dal divertimento che si può provare venendo a conoscenza delle gesta di Atari.
Quella che è stata la compagnia videoludica pioneristica per eccellenza, almeno nella sua prima incarnazione, ha sempre provato a stare al passo coi tempi, spesso non potendoselo neanche permettere, ritrovandosi notevolmente avanti rispetto ai suoi concorrenti, salvo poi dover fare degli spettacolari dietro-front per tornarsene nel suo angolo a leccarsi le ferite.
Parlando del Giappone, è capitato con l’iniziativa di Bushnell di aprire Atari Japan. È capitato con Kassar quando aprì Atari International Nippon. È capitato con Tramiel quando tentò di far diventare giapponese il Lynx e non gli andò neanche tanto male. Che poi, in barba a tutti questi tentativi, sarebbe bastato solo andare di full NAMCO e mettere tutti i prodotti in mano a lei, prendere consigli su come combattere la guerra commerciale da lei, e già sarebbe stato tutto migliore… Ma basta fantasticare. Con Atari finisce sempre così: se avesse fatto questo, se avesse scelto quest’altro. Passiamo alla storia vera.

 

Nel 1973, quando si parla di videogiochi, ci si riferisce sostanzialmente alle macchine a gettone e alle sale giochi. Per chi non fosse un frequentatore del blog , che già di per sé è un colpa GRAVE, tocca puntualizzare che Atari, in quanto società produttrice di videogiochi arcade, era già in circolazione da un anno buono, e in uno dei suoi momenti migliori in quanto stava vendendo zillionate di cabinati PONG sul mercato americano guadagnando fiumi di paperdollari.

PRIMO TENTATIVO – 1973 – Gestione Bushnell

atari in giappone
Ciao, sono l’uomo con cui VORRESTI stare, ma non puoi.

L’allora presidente ( caro leader. Il solo e unico) Nolan Bushnell, inebriato da tutta quella quantità di denaro e assolutamento non aduso a gestirlo nel migliore dei modi, espande la società in maniera super veloce e incontrollata, vanificando i guadagni e anzi, spesso ritrovandosi in perdita nonostante tutto.
Una delle mosse di Bushnell nel 1973 fu, appunto, quella di portare ATARI in Giappone con una sua filiale, la ATARI JAPAN, in un mercato fino a quel momento improntato più che altro alle macchine pachinko e ancora non avvezzo ai cabinati arcade. Probabilmente, se glielo chiedete adesso, neanche lui sa perché lo fece. Ho visto un’intervista a Nolan in cui asserisce candidamente che a quel tempo ne faceva talmente tante che neanche ne capiva la regione, fatto sta che il Giappone non era esattamente un territorio amichevole nei primi anni ’70. Era un posto in cui molte sale giochi erano nelle mani della mafia giapponese, e l’arrivo di un competitor americano non veniva certo visto di buon occhio. A tal proposito c’è quell’aneddoto raccontato da Al Alcorn nel docufilm Easy To Learn, Hard To Master – The Fate Of Atari riguardo alla cena con i mafiosi della Yakuza che gli puntarono la pistola in faccia.

 

La gestione della filiale Giapponese si rivela immediatamente disastrosa. Montagne di debiti si accumulano quasi subito, tant’è che Atari Inc. decide di sbarazzarsene a stretto giro.
A togliere le castagne dal fuoco ci pensa NAMCO, un’azienda giapponese molto interessata alla nuova frontiera dell’intrattenimento videoludico che si era subito avvicinata ad ATARI JAPAN per poter distribuire i suoi cabinati sul territorio.
La filiale, e tutte le altre proprietà collegate vengono vendute al nuovo partner giapponese che paga per l’acquisto una cifra intorno ai 500 mila paperdollari. A quel tempo non sono pochi. Sono una cifra enorme, ve lo assicuro. NAMCO si impegna anche ad onorare i debiti contratti dalla filiale spalmado i pagamenti nell’arco di due anni, in cambio, però, vuole l’esclusiva per distribuire i cabinati Atari in Giappone per dieci anni, fino al 1985 e, cosa molto importante, la possibilità di distribuire i propri videogiochi sul territorio statunitense sotto le insegne di Atari. Conclude l’accordo la possibilità da parte di NAMCO di aprire sale giochi a tema Atari sul territorio nipponico.
E questo è tutto. Il primo tentativo di Atari in Giappone si conclude così, nel 1975. Dovranno passare 9 anni perché la terra del sol levante riveda il fuji logo.

 

SECONDO TENTATIVO – 1982 – Gestione Kassar

atari in giappone
Ciao, sono l’uomo con cui DOVRESTI stare, ma devi amare la noia.

Siamo nel 1982 e Atari Inc. naviga a gonfie vele. Sotto l’egida del suo nuovo presidente, Ray Kassar, è diventata una solida multinazionale, ha realizzato un bilancio stratosferico, e la ricerca di nuovi mercati da dominare è diventata una necessità fisiologica se vuole continuare a crescere. Ecco, quindi, che lo sguardo del management Warner si rivolge là dove nessun americano è mai giunto prima, o, in questo particolare caso, è giunto prima ma è tornato indietro alla svelta: il Giappone.
Onestamente, Warner ha anche un sacco di altre ragioni per provarci. Fino a quando Nintendo non entra a gamba tesa nella mischia l’anno successivo, il mercato giapponese dei giochi casalinghi è disperso da qualche parte tra i termini “anemico” e “caotico”. A differenza di quello americano, nessuna singola piattaforma è riuscita ad ottenere una posizione dominante. Nell’anno celeste 1982, è ancora un oceano azzurro dove la rivale Intellivision prova a farsi vendere da BANDAI a un prezzo proibitivo intorno ai 58.000 Yen (circa 220 dollari), e la parte del leone la fa Epoch Cassette Vision, per il semplice motivo che viene regalata a 19.800 Yen.
Insomma. Vale la pena provarci se si ha un buon piano, e Atari in Giappone, cristodundio, un buon PIANO® ce l’ha.

La console dominante in Giappone nel 1982

I droidi da profitto della sezione marketing di Warner l’hanno studiato bene, IL PIANO®, e si articola in 4 punti:

  • Visto che ormai la console 2600 è in produzione da 5 anni, il suo processo di fabbricazione è stato ottimizzato al massimo e con esso i costi. Adesso sarebbe possibile vendere una console in Nippolandia a un prezzo mediamente contenuto che si potrebbe tranquillamente piazzare tra quello super-economico di Epoch e quello super-costoso di Intellivision.
  • Il catalogo giochi del 2600 è gigantesco e conta innumerevoli conversioni arcade. Nessun’altra console può rivaleggiare in termini di offerta.
  • Rifare il trucco alla vecchia 2600 e riproporla con una linea più giovane e accattivante. Si chiamerà Atari 2800, avrà un case diverso e nero ( che sta bene su tutto). Le vecchie levette saranno sostituite da bottoni, e invece che di sole 2 porte joystick ne offrirà ben 4. Ciliegina sulla torta: i controller saranno di nuova concezione e funzioneranno sia da joystick che da paddle a seconda se si premerà o no un apposito nuovo bottone sulla scocca della console.
  • Aprire una nuova filiale sul territorio nominandola ATARI INTERNATIONAL NIPPON. Seguirà direttamente la massiccia campagna di marketing e si occuperà della distribuzione.

 

Il debutto della console 2800 avviene l’anno successivo, il 10 Maggio 1983, al ragionevole prezzo di 24.800 Yen e a fronte di una gigantesca campagna di advertising che investe i principali media giapponesi. L’operazione è talmente roboante che anche le pagine dello statunitense New York Times la riferiscono.
ATARI 2800 compare sugli scaffali accompagnata da 25 titoli videoludici, anche quelli, ovviamente, ribrendizzati per l’occasione, tra cui E.T. e I Predatori Dell’Arca Perduta. Se tutto fosse andato secondo IL PIANO®, e salvo inconvenienti, già a Settembre si sarebbe capito se Atari in Giappone avrebbe funzionato, ma intanto la fiducia era alta e il saké scorreva a fiumi.
Purtroppo, in questa grande partita a monopoli videoludico giocata sulle sponde opposte dello stesso oceano, qualche dirigente particolarmente sfigato di Warner tirò i dadi ( sicuramente non Kassar perché egli era notoriamente fortunato ) e ad Atari toccò pescare un cartoncino degli imprevisti. Dietro al cartoncino c’era scritta una data e due nomi: Luglio – SG-1000 – FAMICOM.

atari in giappone
Due mesi dopo, nel Luglio di quello stesso anno, il mercato giapponese venne impattato dall’uscita della console Nintendo Famicom ( ribattezzata NES fuori dal Giappone ) e dal suo diretto competitor, il SEGA SG-1000. Entrambe le console sono tecnologicamente avanzatissime rispetto all’architettura del 2800 vecchia di 5 anni. Entrambe le console possono proporsi sul mercato a prezzi vantaggiosi visto che vengono prodotte in Giappone per i giapponesi. Il Famicom espone un’etichetta con su scritto 14.800 Yen, e l’SG-1000 si piazza di poco più alto, a 15.000 Yen.
È la fine del sogno e il risveglio in una funesta realtà. Già a Settembre in Atari capiscono che tutto è perduto.
Il 2800 è obsoleto e non reggere il confronto. Si cerca di rimediare puntando sulla ricchezza dell’offerta ma anche questa strada si rivela impraticabile. Il catalogo del 2800 è potenzialmente gigantesco, ma la gran parte dei videogiochi, soprattutto quelli prodotti nei primi anni del ciclo di vita del VCS, sono troppo semplici e spartani per generare appeal, senza poi contare la presenza di due titoli come E.T. e la conversione di Pac-Man che sono preceduti dalla loro pessima fama.
A fine Settembre si tenta di iniettare nuovi titoli nel catalogo, magari più moderni ed efficaci tipo POLE POSITION, la cui resa non è poi così male. Viene lanciato anche uno spot televisivo appositamente per il gioco ma non serve. Sega e Nintendo prendono il volo e adesso anche i computer MSX stanno lì a rompere i coglioni.

 

Con un ultimo, disperato, tentativo, il prezzo della console 2800 viene abbattuto a 19.800 Yen, e subito dopo a 14.800, per tentare di metterla sullo stesso piano economico di SEGA e Nintendo, ma è tutto inutile. I giapponesi proprio non ne vogliono sapere dell’americana Atari e, complice anche la pessima situazione finanziaria in cui stava versando la casa madre americana, dopo appena 7 mesi di presenza sul mercato, ATARI 2800 viene ritirata e la filiale giapponese chiusa con la fine dell’anno. IL PIANO® di Atari in Giappone non aveva funzionato.

 

TERZO TENTATIVO – 1989 – Gestione Tramiel

Ciao, sono l’uomo con cui POTRESTI stare, ma devi amare il rischio (il tuo).

Siamo nel 1989, e il mercato videoludico si è completamente rivoluzionato. I computer sono a 16 bit; le console sono esclusiva di Nintendo, e SEGA è lì che studia il modo di elevarsi al suo livello; tutti gli altri attori che erano presenti sul mercato videoludico sei anni prima sono morti o drasticamente ridimensionati. Rispetto al passato c’è un nuovo, fiorente mercato che si è appena aperto: le console portatili.
Atari esiste ancora ma non è più quella di prima. Warner ha venduto la divisione computers & console all’ex boss di Commodore, Jack Tramiel, e la divisione Coin-op sta per i fatti suoi sotto il nome di ATARI GAMES. ATARI CORP., questo è il nome della creatura di Jack Tramiel, si è appena buttata nel mercato delle console portatili e lo ha fatto alla grande con un modello denominato LYNX che è il più potente di tutti: grafica a 16 colori, monitor a cristalli liquidi retroilluminato, possibilità di collegamento in rete e un sacco di altre caratteristiche che lo pongono al vertice dal punto di vista tecnologico.
Tramiel ha sempre avuto il pallino per il Giappone e trovandosi tra le mani un prodotto del genere, prova a conquistare quel mercato mostrando i muscoli. Così, ATARI LYNX esce sugli scaffali dei negozi di Tokyo il 25 Novembre 1989 a un prezzo non altissimo di 29.800 Yen, ma sempre più che doppio rispetto al suo competitor diretto, il GAME BOY Nintendo, il quale esige solo 12.500 Yen e stava già lì ad aspettarlo da un po’.
A questo giro si decide di non aprire una filiale sul territorio e di affidare il compito di distribuire Atari in Giappone ad una misteriosa società denominata MUMIN JAPAN.

LYNX si presenta in compagnia di 4 giochi: ELECTROCOP, CALIFORNIA GAMES, BLUE LIGHTNING, e GATES OF ZENDECON. Altri 17 ne arricchiscono il ciclo di vita durante la sua permanenza in Giappone. Per due anni lotta furiosamente contro il GAME BOY, il GAME GEAR di SEGA, e poi contro il PC ENGINE GT di NEC, ma alla fine desiste con onore dopo l’Agosto 1991.
Atari è talmente logorata da non provare neanche a proporre il modello LYNX II come successore ma, obiettivamente, può gratificarsi del fatto di non aver fallito. Nonostante la sua breve permanenza, LYNX vende oltre 500mila unità e si classifica sul podio, al terzo posto delle vendite, dietro al SEGA GAME GEAR che si ferma a 1 milione e 700mila unità. Medaglia d’oro, solitario e imprendibile per tutti, vola altissimo il GAME BOY con oltre 32 MILIONI di unità.
Proprio a fronte di questa prestazione onorevole, Atari in Giappone preferisce concentrare tutte le sue restanti energia nella promozione della sua prossima macchina, il JAGUAR.

Anche in questo caso ci si affida a MUMIN JAPAN per la distribuzione e il lancio avviene l’8 Dicembre 1994 in combo con il titolo ALIEN VS PREDATOR. Purtroppo non ci si accorge che il fato della nuova console è già stato segnato quando, nella stessa settimana, viene rilasciata SONY PLAYSTATION e poco dopo il SEGA SATURN. Non contando la presenza del 3DO sul mercato, ATARI JAGUAR passa letteralmente inosservata, e nel corso dell’intero 1995 vende solo 3000 unità.
L’anno successivo ATARI CORP. si fonde con JTS e per molti questa rappresenta la fine effettiva dell’azienda.

Il Giappone è una terra difficilissima da conquistare quando si tratta di videogiochi, ma il segreto sembra essere quello di far fare ai giapponesi un sogno che ancora non hanno fatto. Atari non è mai riuscita in questo, e quando ci è andata vicino, il suo sogno si è scaricato dopo poco più di 4 ore, prosciugando un set intero di batterie.
Spero che questo resoconto della storia di ATARI IN GIAPPONE sia stato di vostro gradimento. Come sempre, vi invito a lasciare un commento all’articolo per dire la vostra a riguardo.
Sayonara


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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