HOWARD SCOTT WARSHAW part 4: Raiders Of The Lost Ark

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Raiders Of The Lost Ark

 

Nell’economia dei videogiochi di Howard Scott Warshaw, I predatori dell’arca perduta è il gioco dimenticato. Nella famigerata triade da milioni di vendite, Raiders Of The Lost Ark è sicuramente il figlio di mezzo trascurato, ma badate bene, nonostante sia condannato a questo strano oblio è stato una svolta molto brusca.
Mentre Yars’ Revenge era un gioco per occhi e orecchie, Raiders Of The Lost Ark è un gioco per la mente.
Il punto è che invece di un sovraccarico sensoriale, Howard vuole che Raiders sembri il gioco più grande che un giocatore di VCS possa mai immaginare. Sul momento è stata la sua impresa più ambiziosa ( dopo sarebbe arrivato E.T. a usurpare questo titolo).
La sua lavorazione inizia nel tumulto intorno al rilascio di Yars’Revenge, e si conclude proprio all’inizio del progetto di E.T..
Per Warshaw, I predatori dell’arca perduta è interessante perché è il passaggio dall’azione all’avventura. C’è un’enorme differenza tra creare giochi d’azione e giochi di avventura; Il creatore di un videogioco d’azione può avere la stessa esperienza di gioco di qualsiasi altro giocatore. Con i videogiochi di avventura questo non è possibile perché quel tipo di giochi riguardano i segreti e gli enigmi. Se si conosco già i segreti, come si può valutare il livello di sfida del proprio gioco? Non si può. La verginità intellettuale per giudicare è perduta e non si può tornare indietro.
Per questo motivo Raiders Of The Lost Ark svela allo stesso Warshaw la sua preferenza per la progettazione di videogiochi d’azione. A lui piace il feedback immediato. Un gioco d’azione lo può sentire in prima persona, stabilisce un feeling con esso, e può regolarlo in modo appropriato di conseguenza. Il design del gioco di avventura, invece, lo frustra perché non riesce a sentire quel feeling. Deve calibrarlo alla cieca o guardare le reazioni degli altri mentre lo giocano. Per lui è una sofferenza.
E parlando di dolore, proprio per I predatori dell’arca perduta sente un’enorme pressione.
Questo per due motivi, entrambi autoimposti. Innanzitutto, Raiders Of The Lost Ark sarebbe stato il secondo videogioco di avventura di Atari (e del mondo, quindi). Il primo gioco di quel tipo, Adventure di Warren Robinett di cui vi ho già parlato nella puntata 31, è un capolavoro che definisce il genere. Warren ha fatto impazzire i giocatori creando una killer app!
Per essere all’altezza, Howard deve dare un contributo significativo al genere o verrebbe liquidato come un’imitatore di bassa lega.
La seconda fonte di pressione deriva dal successo stesso di Yars’ Revenge. Fare Yars è stato estremamente validante e gratificante. Lui è contento ma…Se fosse stato solo un caso? Se Yars fosse il massimo che sarà mai in grado di fare nella sua carriera? È stata solo fortuna? Queste domande lo perseguitano durante tutta la fase di sviluppo.
Quello che è certo è che Howard è un innovatore per natura. Raramente segue le regole e se lo fa è perché ne ha inventate di nuove tutte sue, e c’è una regola che sta violando nel videogioco dei Predatori.
La legge di Nolan. Tramandata dallo stesso Nolan Bushnell, è il principio fondamentale del design dei videogiochi in Atari, e afferma:
I migliori giochi sono facili da fare imparare e difficile da padroneggiare. Dovrebbero dare soddisfazione al primo quarto di dollaro e anche al centesimo quarto di dollaro”.
Questa è un’ottima regola per i coin-op, ma non crede che si possa applicare ai videogiochi casalinghi. Ed ecco perché:
Partiamo dal presupposto che se inizialmente si può chiedere di più a un giocatore, ci si può anche permettere di creare un videogioco più profondo che offra una giocabilità più lunga e una maggiore soddisfazione.
I giocatori di coin-op possono andarsene dopo aver inserito due o tre quarti di dollaro, ma i giocatori casalinghi hanno già pagato in anticipo un sacco di quei quartini. A questo tipo di giocatori si può chiedere di più perché sono ben motivati a gratificare tutti quei soldi spesi inizialmente.
Oltre alla regola di Nolan, il videogioco dei Predatori infrange anche altre convenzioni.
Ad esempio, usa due controller per un solo giocatore. Usare 2 joystick è una cosa strana, ma crea la possibilità di un complesso controllo dell’inventario e aggiunge una nuova dimensione al gioco. È una decisione ponderata e intenzionale e Howard la segnala nel manuale rendendolo di fatto indispensabile ai fini della risoluzione del gioco. Qualche giocatore non la prende bene, perché essere costretti a guardare il manuale per capire come giocare a un videogioco? Ma molti altri ci lavorano sopra e si godono qualcosa di originale e nuovo. È stata una buona scelta? Boh? Fatto sta che il I Predatori Dell’Arca Perduta vende più di un milione di copie, ma se non avesse avuto il controllo a due joystick ne avrebbe vendute tre o quattro milioni? Ah, Spesso vorrei che la vita avesse la possibilità di riavvolgersi in modo da essere rivissuta.
Howard opta anche per un punteggio grafico. Gli piace l’idea di poter vedere in tempo reale come si sta progredendo nel gioco ma mancava chiarezza nella definizione del punteggio e il giocatore non può mai effettivamente raggiungere l’arca. Di questo se ne pente, ed è la prima cosa che cambierebbe se potesse tornare indietro.
Un’altra cosa degna di nota è che Raiders Of The Lost Ark è il gioco per il quale si è perfettamente equipaggiato. Howard decide che sarebbe stato bello entrare nel personaggio e va in giro con frusta e cappello per i corridoi di Atari, facendo schioccare la frusta fortissimo e divertendosi un mondo.
Con una frusta lunga 3 metri si esercita finché non riesce a farla schioccare senza ferirsi, e quando riesce a fare uno schiocco di quelli buoni è incredibilmente forte, come uno sparo.
Di tanto in tanto si prende delle pause dalla programmazione e vaga per i corridoi con il fedora e la frusta. Così, come potevi capire che Tod Frye era in giro dal rumore delle pedate sui muri ( ascoltate la puntata numero 17 dedicata a Pac-man per delucidazioni ), allo stesso modo sapevi quando Howard gironzolava dagli schiocchi della sua frusta.
Di tanto in tanto individua i volti familiari degli addetti al marketing, cammina dietro di loro e li sorprende con uno schiocco di quelli buoni. I dirigenti del dipartimento sopportano il disagio di buon grado, trovandosi regolarmente in imbarazzo quando lo devono spiegare ai visitatori esterni. Spiegare quello strano odore di corda bruciata nell’aria è un po’ difficile.
Un giorno Howard se ne va in giro calato “nel personaggio” e decide di entrare in un laboratorio a caso. Ecco, c’è dentro una troupe televisiva che gira uno speciale per il telegiornale della sera. Questo tipo di cose accadono occasionalmente in Atari e non appena lo vedono arrivare con una frusta in mano, la telecamera si gira verso di lui. L’intervistatore si avvicina, microfono alla mano, e gli chiede:

“È una frusta vera?”

“Sì.”

“Per fare cosa?”

Howard la alza in modo che la telecamera la possa inquadrare per bene, e dice l’unica cosa a cui riesce a pensare in quel momento: “Questa è per il reparto Ricerca e Sviluppo. Perché qui da noi Ricerca e Sviluppo significa Ricerca e Disciplina”.

I predatori dell’arca perduta ha due firme dell’autore come easter egg. A un certo punto si può trovare un HSW2, il che indica le sue iniziali e il fatto che è il suo secondo gioco. E in un’altra posizione c’è uno Yar che vola sullo schermo. Da quel gioco in avanti, decide che ogni gioco che produrrà conterrà al suo interno il personaggio principale di tutti i suoi giochi precedenti.

È la fine dell’estate del 1981 quando il gioco è praticamente terminato.

Per Howard Scott Warshaw è una fantastica giornata. Si alza presto, prende una cartuccia di Yars’ Revenge e si precipita verso l’aeroporto. La missione: volare ai Warner Studios di Los Angeles per un incontro con Spielberg alle 9:30 di mattina. È fondamentalmente un incontro per discutere la possibilità di fare la prima conversione da film a videogioco nella storia. Il film da convertire: I predatori dell’arca perduta. Bel film! E un’altrettanto bella sfida per il VCS.
Mentre il taxi si fa strada nel traffico mattutino di Los Angeles, lui è raggiante. Ricorda di aver guardato Duel per la prima volta e di aver pensato “Wow, che bel modo di raccontare una storia”. Ricorda di aver versato in terra i popcorn quando la faccia del morto galleggiante appare bene in vista in “Lo Squalo”. Incontri ravvicinati lo ha riempito di meraviglia, sogni, visioni e idee di ogni genere. Gli è venuta la pelle d’oca quando hanno suonato quei cinque toni per gli alieni.

Eh sì. Steven Spielberg non fa solo film; Crea momenti significativi nella sua vita. È uno dei suoi eroi e adesso sta andando a incontrarlo.
La guardia al cancello ha davvero il suo nome sulla lista! Gli dà indicazioni e un sorriso. Si dirige verso l’ufficio di Spielberg e alle 9:25 è già lì. Si ricompone, fa un respiro profondo e apre la porta. È in perfetto orario. Gli viene incontro l’assistente di Spielberg.

“Ciao, sono Howard Scott Warshaw e sono qui per incontrare…”

“Salve signor Warshaw. La tua riunione è stata spostata alle 15:30 di questo pomeriggio.»

“Sul serio?”

“SÌ.”

“Ma sono volato qui da San Jose per questo incontro.”

“Sì, e so che il signor Spielberg non vede l’ora di parlare con lei, ma intanto dovrà attendere.”

Onestamente, è un po’ seccato. Alla fine non aveva un gran bisogno di alzarsi a mezzanotte per prendere un volo e un taxi che gli avrebbero permesso di arrivare giusto in tempo per ANDARSENE IN GIRO SENZA FARE NIENTE PER 6 ORE!
Ma la sua irritazione non dura a lungo. Lui è un ottimista, e la sapete la differenza tra un ottimista e un pessimista? L’ottimista crede che questo sia il migliore dei mondi possibili, il pessimista teme che sia vero. Almeno questo è quello che ha detto Robert Oppenheimer, e lui, cazzo, ha inventato la bomba!
La prima cosa che deve fare è cambiare il suo volo di ritorno e, guarda caso, ha proprio di fornte a se un assistente. Mmmh.

“Senta. Ma non è che potrebbe cambiare il mio volo per me?”

“Certamente. Mi dia i biglietti.”

Oooh, che figata. Ora ha solo sei ore da ammazzare. Che può fare? Gli viene in mente che si trova nel mezzo degli studi della Warner Brothers, e si dà il caso che sia un grande fan del cinema e della televisione…

“Va bene se gironzolo un po’ in giro per gli studi mentre aspetto?”

“Certo. Faccia pure.”

È incredibile ma è tutto vero. Può passare una giornata vagabondando (senza scorta) in un importante studio cinematografico / televisivo e poi chiacchiererà piacevolmente con Steven Spielberg?!
Questo è veramente il migliore di tutti i mondi possibili.
È Delirio, cazzo!
Comincio a vagare per gli studi facendo qualsiasi cosa gli viene in mente di fare. Entra ed esce dai teatri di posa. Vaga per i lotti secondari, passa davanti sui marciapiedi delle vecchie strade di New York e attraverso una città del vecchio West. Resta ai margini di diversi set all’aperto per un po’. L’unica cosa che non fa è entrare in qualsiasi porta con sopra una luce rossa lampeggiante.
Mentre si avvicina l’ora di pranzo, nota orde di tipi stranamente agghindati che si muovono tutti nella stessa direzione. Li segue e finisco con loro allo spaccio dove mangia in compagnia di alieni, sceriffi, clown e cavalieri in armatura scintillante. Dopo pranzo continuo a girovagare. Passa un tram del tour degli studi e sente dei turisti parlottare riguardo a lui…

“È qualcuno di famoso? Lo riconosci? “No. Probabilmente è solo una comparsa o un dirigente.»

Si imbatto in un enorme edificio con una porta non custodita. La luce rossa sopra è spenta e la porta è leggermente socchiusa, è praticamente un invito a entrare.
Dentro c’è uno degli interni più grandi che abbia mai visto. Vaga in giro. Oltrepassa un sipario e scopre di essere su un set. La parete di fondo è dipinta in stile tropicale, intorno ci sono luci e macchine del vento, e c’è anche un graticcio fiorito… Accidenti! È sul set di Fantasy Island! È uno dei suoi programmi preferiti e ora ci sta dentro, più o meno. Quanto è perfetto tutto questo? Sta vivendo una giornata fantastica e finisce su Fantasy Island.
Mentre guardo più da vicino, capisce che tutti i fiori che lo circondano sono di plastica. Eppure sembrano così belli in TV. Prima di andarsene ne rubo uno.
Non una volta in sei ore qualcuno lo ferma o gli fa domande. È Perfetto!
Con l’avvicinarsi dell’ora stabilita, torna nell’ufficio di Spielberg. Mentre mi avvicina, il suo cuore batte un po’ più velocemente a ogni passo. È questa? È l’ora di Spielberg? Apro la porta e l’assistente lo fa entrare per l’evento principale: eccolo lì. C’è Steven Spielberg che gli sta stringendo la mano. Sembra proprio lui! Non è finto.
Passano un po’ di tempo chiacchierando piacevolmente. Dopotutto, siamo entrambi ragazzi di periferia con la necessità di creare. Anche Steven ha l’occhio del bambino, incontaminato e profondamente in contatto con le meraviglie del mondo. I loro bambini interiori vanno d’accordo amorevolmente.
Howard però è un vero fanboy e gli dice quanto significhi per lui “Incontri ravvicinati”. Spieberg gli dice che sta iniziando la produzione di un altro film con un simpatico personaggio venuto dallo spazio. Interessante questa notizia, vero Howard?
Parliano un po’. Howard tira fuori la cartuccia e giocano a Yars insieme. Sta andando bene e sembra che gli piaccia il suo lavoro. Poi, così, d’improvviso, decide che è il momento di condividere un pensiero con Spielberg, e gli dice…

“Steven, senti, ho un’interessante teoria su come tu stesso sia effettivamente un alieno. Ti piacerebbe sentirla?”

Lui sorride. “Certo. Sentiamo un po’.”

Glielo spiega: “Ecco. Pensavo che quando arriveranno gli alieni, non si presenteranno semplicemente in un’astronave e diranno: “Eccoci qua!” Penso che sia più probabile che siano già tra noi. Se sono abbastanza intelligenti da trovarci e avvicinarsi, probabilmente sono abbastanza intelligenti da fare prima un po’ di ricognizione e preparazione. Quindi, immagino che avranno una squadra avanzata il cui compito è preparare i terrestri alla grande notizia per permettere una transizione più agevole. Questa squadra avrà due componenti; la produzione e il marketing, no? La produzione crea media favorevoli all’immagine aliena di quanto abbiamo tradizionalmente visto fino ad ora. Il gruppo marketing si assicura che questi nuovi messaggi vengano visti in tutto il mondo. Dal pubblico più ampio possibile. Dopo un film come “Incontri ravvicinati”, immagino che tu sia nella produzione. E ovviamente il marketing sta facendo un lavoro straordinario, dal momento che il film è stato visto in tutto il mondo in tutte le lingue. Quindi, voglio solo cogliere questa opportunità per dirti: gran lavoro, Steven!”
Spielberg non gli da molti feedback sul momento, ma almeno non lo caccia dall’ufficio. È un buon segno.
Continuano a parlare, giocare, e fanno brainstorming per un po’, poi giunge il momento per Howard di prendere il taxi per tornare all’aeroporto per il suo volo posticipato. È stata una giornata perfetta. Ha esplorato uno studio importante, mangiato al suo spaccio, è stato scambiato per un dirigente e per finire, non solo riesco a incontrare il suo eroe, ma è riescito anche a guadagnarsi la sua fiducia. Recupera il suo souvenir di Fantasy Island dal fondo alla tasca. Tenendolo sotto il naso, ne assaggia il delicato aroma. Nessun fiore di plastica ha mai avuto un profumo così dolce.

Di ritorno in Atari il giorno successivo, viene informato che il suo prossimo progetto sarà davvero I predatori dell’arca perduta. Probabilmente la sua teoria sugli alieni è piaciuta a Steven. Mesi dopo, Spielberg ne parlerà durante un’intervista e la rivista Games chiamerà Howard per avere conferma dello scoop (!). Howard conferma la storia e finisce per ricevere una citazione nel mensile per aver definito Steven Spielberg un alieno.
Quello è stato il mio primo incontro con Steven Spielberg.

raiders of the lost ark

Nel giugno 1982, Howard e Spielberg si incontrano di nuovo al Consumer Electronics Show di Chicago e lui ha un nastro da fargli vedere. Sta per completare il gioco de I predatori dell’arca perduta, e Atari ha bisogno di un modo per mostrare i progressi a Spielberg a Chicago.

Howard poteva semplicemente giocarlo davanti a lui, ma pensa che sarebbe stato meglio fare un demo tape che potesse servire anche ad altri scopi promozionali. I dirigenti acconsentono e lo mandano in uno studio di registrazione video per realizzare la demo.
Avete mai fatto qualcosa di assolutamente perfetto? Esattamente al momento giusto? Ecco. Howard Scott warshaw l’ha fatto. Solo una volta. In quello studio.
Lo hanno fatto sedere, gli hanno messo un microfono davanti, hanno il registratore e lui ha giocato e narrato l’intero gioco in modo impeccabile. Non era mai successo in nessuna delle sue demo, né prima né dopo. È un momento magico. Un meraviglioso one-take. Vengono aggiunti alcuni effetti speciali, creato un master e stop. A proposito, il tempo di esecuzione totale è di 12 minuti e 27 secondi.
Da quando Howard lascia quello studio a Sunnyvale fino a questo incontro a Chicago, il nastro non lo abbandona mai. Lui vuole assistere. Non esiste NESSUN MODO per cui Howard si possa perdere la reaction di Spielberg.
Non sto solo incontrando il suo eroe, sta lavorando con e per lui. Una cosa è incontrare il tuo idolo, un’altra è fargli valutare il tuo lavoro. È un altra cosa ancora è quando valuta il tuo lavoro che è un derivato del suo lavoro. Questo è il massimo per lui… purché gli piaccia.
Finalmente arriva il momento. Lui è lì, nell’enorme stand Atari con una TV, un videoregistratore e Steven Spielberg. Inserisce il nastro e preme PLAY. Spielberg lo guarda a fondo e con attenzione. Non si muove per tutti i 12 minuti e 27 secondi. Howard lo sa perché l’ho fissato per tutti i 12 minuti e 27 secondi. Alla fine Steven ci pensa un po’, elabora. Poi lo guarda e dice: “È davvero fantastico, Howard. Sembra proprio un film!”

È un’esplosione di gioia. Steven Spielberg pensa che il demo tape del videogioco per il suo film sembri un film. Alla grande!

Raiders Of The Lost Ark è stato dieci mesi di intenso sviluppo e sforzi. Ci sono state distrazioni e conflitti, ore interminabili e scelte difficili lungo tutto il percorso. Ci sono sicuramente alcune stranezze ma non c’è niente di fondamentalmente sbagliato nel gioco, e alla fine è un successo.

Adesso rispondi al telefono, Howard. Kassar ti sta cercando.

FONTI
Il libro “Once Upon Atari” di Howard Scott Warshaw


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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