DEUS EX MACHINA e la pazza storia di AUTOMATA UK

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deus ex machina

 

All’indomani della pubblicazione di Deus Ex machina, Christian Penfold riceve la visita del direttore commerciale di HMV, una grande catena di negozi musicali diffusissima sul territorio inglese e nel mondo intero.
Il manager è determinatissimo, vuole aumentare l’offerta degli store includendo anche i videogiochi fra gli articoli musicali. Inizia a parlare con Christian, spiegando di avere questa brillante idea di piazzare il loro videogioco sugli scaffali accanto agli album di grandi artisti come Pink Floyd, Led Zeppelin e Michael Jackson.
A un certo punto mette sul tavolo i documenti necessari per siglare l’accordo con Automata UK, la software house di cui Penfold è comproprietario insieme al suo socio e autore di Deus Ex Machina, Mel Croucher.
Penfold inizia a sfogliarli e gli capita in mano un foglio in cui, fra i vari dati, bisogna assegnare un genere al gioco. Preso dalla fotta si alza in piedi impugnando il contratto che sventola sotto il naso del manager. « Non vi azzardate a mettere il gioco di Mel in nessuna di queste categorie. Deus Ex Machina è arte! IDIOTI! ».
L’epilogo è scontato. Deus Ex Machina non arriverà mai sugli scaffali di HMV.
Sigla!

 

Automata UK è stata la creazione di una coppia di anarchici di nome Mel Croucher e Christian Penfold che divennero gli agitatori della nascente industria del software britannica, mescolando umorismo assurdo con l’etica fai da te del punk rock. Si può dire tutto su di loro ma non certo che fossero scaltre faine del business commerciale.
Croucher era un architetto disilluso che usciva da un periodo di lavoro alle dipendenze dell’emiro del Dubai. Aveva anche lavorato come cartografo, suonato il basso in gruppi rock e per un breve periodo aveva anche coltivato l’idea di diventare pittore. Se Croucher era l’aspirante artista e visionario, Penfold era, relativamente parlando, quello con i piedi per terra; aveva venduto di tutto: automobili usate, piante, e perfino spazi pubblicitari.
Come molte collaborazioni fruttuose, non andavano sempre d’accordo ma insieme, come si suol dire, vendevano il ghiaccio agli eschimesi.

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Gli Automi

Fondano Automata intorno al 1977 usando i ricchi guadagni di Croucher a Dubai e, come proprio come nel caso di Melbourne House, inizialmente l’impresa non viene concepita come uno sviluppatore di giochi o software, bensì come uno studio di cartografia per sfruttare il know how di Croucher. Infatti realizzano opuscoli informativi e mappe per turisti, ma ben presto le semplici mappe si trasformarono in audioguide di viaggio, nonché in spot radiofonici. La loro audioguida di Portsmouth, narrata da nientepopodimenoche Charles Dickens, viene ascoltata da ogni turista che ha prenotato una crociera al porto. Hanno anche prodotto alcuni programmi radiofonici, robetta di quiz che Penfold descriverà in seguito come “piuttosto simile a una sfida universitaria ma senza usare il cervello.”

Di ritorno da un lavoro, sono a bordo di un traghetto sul Canale della Manica quando Croucher racconta a Penfold del computer Sinclair ZX81 che ha appena acquistato. Gli racconta anche del Commodore Pet che aveva usato a Dubai, e del suo primo contatto con l’informatica dagli anni ’60, quando aveva lottato per insegnare alla grande macchina della sua università come suonare “Twinkle, Twinkle Little Star” e far lampeggiare le sue lucine a ritmo. Gli dice infine che sulle riviste ha visto pubblicità di videogiochi che vengono venduti per 4 o 5 sterline, una somma principesca soprattutto se proporzionata a quanto lui e Penfold sono abituati ad essere pagati per le loro produzioni. Dai e dai, lo convince che il mondo si trovava davanti ad un’incombente rivoluzione artistica guidata proprio dai computer, e che il business dei videogiochi sarà il nuovo big deal.
Avendo imparato di non essere un granché come programmatore dalle sue lotte con l’ALGOL (un vecchissimo linguaggio di programmazione risalente agli anni ’50 ), Croucher chiede a Penfold se gli sarebbe piaciuto accettare quell’incarico, per implementare le sue molte idee in forma di videogioco; del resto, Penfold sembrava essere il più portato dei due per quel compito.
Per tutta risposta Penfold, vomita. È la reazione alla proposta o semplice sofferenza al mal di mare? Su questa nota di colore nasce Automata Uk.

Il problema principale per la neonata azienda è la scarsa diffusione degli home computer, e quindi di una platea a cui vendere i propri prodotti. I canali pubblicitari canonici non possono garantire un rientro, quindi il buon Mel architetta qualcosa di mirato, e per mettere in pratica il suo piano cerca l’appoggio di una stazione radio. Un suo amico ne possiede una a Portsmouth (Radio Victory), e gli permette di utilizzare le bande AM ed FM nelle ore notturne. La trasmissione consiste in un flusso dati che, una volta registrato e riprodotto su un computer, rivela indizi per la risoluzione di alcuni enigmi. L’ascoltatore sarebbe stato costretto a chiamare in radio per comunicare la soluzione, e a quel punto il suo nome sarebbe stato aggiunto al database dei possibili acquirenti. Gli enigmi sono elaborati anche per carpire dati che avrebbero permesso di calibrare al meglio la successiva offerta commerciale.

Ovviamente, sullo ZX81 con il suo solitario K di memoria, le capacità di sviluppo sono decisamente limitate ma il modello Croucher / Penfold è semplice:  mettono dieci minigiochi su una cassetta, ognuno di essi è necessariamente banale di per sé ma strutturato come un pezzo di mosaico per costituire un tema generale. La stessa struttura di un concept album.
Entrambi, nonostante vivano in un’epoca in cui la grafica nei videogiochi è costituita da ammassi di quadrettoni, decidono che le loro produzioni debbano attenersi a tre semplici regole.
1. Devono essere non violente;
2. Devono far ridere;
3. Devono includere tracce audio come parte del gameplay.
Croucher in seguito si esprimerà in modo ancora più deciso sul primo punto dell’elenco: “Penso che le persone che creano giochi violenti siano pigre, ignoranti e abbiano la merda di barboncino al posto del cervello”. Pertanto i giochi di Automata dal primo all’ultimo sarebbero stati decisamente non violenti.
Eppure, pur non trattando direttamente la violenza, i loro giochi riescono comunque a colpire in altri modi, come evidenziato dal loro primo nastro, Can of Worms,( dico nastro non a caso dato che Automata pubblicherà i suoi giochi solo ed esclusivamente su audiocassetta ), il gioco cita apertamente robe tipo acne, vasectomie, Hitler e Reagan, proclami anti-monarchia che, sì, coinvolgevano direttamente lo scarico di una toilette. A Croucher, tutto sembra ok. È la risposta adeguata a quei combattivi primi anni del regno di Margaret  Thatcher, tempi di “repressione, depressione, recessione e caos”.
Alcuni revisori si indignano, accusando Automata di “spacciare materiale pornografico ai bambini” (esattamente il tipo di reazione, si intuisce, in cui Croucher e Penfold speravano). Altri recensori la prendono con più disinvoltura, ma quello che è certo è che Croucher e Penfold cercavano continuamente di alzare la posta trattando tematiche decisamente scomode che vanno dalla fecondazione alla morte passando direttamente attraverso La Bibbia.
Tutti i giochi hanno uno storyboard fatto da Croucher e poi vengono programmati da Penfold in un grezzo BASIC di cui si vantava fosse come la sua poesia, ovvero: “non strutturato”.

Quando lo Spectrum appare sul mercato e vende a dismisura, Automata, come la maggior parte delle software house, passa rapidamente alla nuova macchina con la sua grafica a colori e i suoi lussuosi 48 K di memoria. Si affermano con il loro primo videogioco per Speccy, il maggior successo commerciale che avrebbero mai raggiunto: Pimania.
“Pimania” è un’avventura testuale illustrata che coinvolge il Piman, un individuo rosa con un naso grottescamente enorme la cui relazione con il giocatore vive su un terreno incerto tra l’esserne alleato o antagonista. Per crearlo, Croucher si basa su un suo vicino di casa scozzese, e diviene talmente popolare da tramutarsi nella mascotte ufficiale di Automata. I bambini cominciano a chiamare in ufficio per parlargli; dal canto loro Croucher o Penfold stanno al gioco e rispondono recitando cortesemente la parte. Piman diviene anche un fumetto disegnato da Robin Evans e appare sul retro di copertina di ogni numero della rivista “Popular Computing Weekly”, ed è una presenza amata durante gli eventi a cui partecipava Automata, con Penfold che ne indossa il costume e se ne va in giro a fare le pose.
Per quanto riguardava il gioco in sè, Pimania già dal primo puzzle game ti dice praticamente tutto ciò che devi sapere su quello che ti aspetta. È un gioco d’avventura vecchia scuola, surreale e duro come il marmo di Carrara, uno sforzo confuso ed essenzialmente irrisolvibile. Può essere visto come il tipico prodotto fatto da designer e programmatori principianti alla loro primo gioco, oppure come un pezzo di satira sadica che mette in risalto le assurdità dei primi giochi d’avventura.
Qualunque siano le sue virtù o difetti, fatto sta che Pimania vende abbastanza bene, in gran parte grazie all’inspiegabile popolarità del Piman, e ad una brillante idea promozionale. Un idea ispirata dal libro per bambini del 1979 intitolato “Masquerade” di Kit Williams. Al suo interno il libro conteneva indizi su come trovare una lepre fatta di oro e gioielli, sepolta in un luogo segreto da qualche parte in Inghilterra. Migliaia di persone si spaccarono la testa sul libro per capire dove si trovasse la lepre dorata, fino a quando un intrepido cercatore finalmente la recuperò quasi tre anni dopo la pubblicazione del libro che intanto diventò un bestseller.

 

La stessa cosa fanno Croucher o Penfold, commissionando a la realizzazione di una meridiana d’oro a forma di Pi greco, con lapislazzuli, ossidiana e diamante, dal valore dichiarato di una straordinaria cifra di 6000 sterle. Giocare e terminare Pimania avrebbe fornito gli indizi su dove e, soprattutto, quando presentarsi per ritirare il premio in uno specifico giorno all’anno.

Attenzione. Automata non si inventa niente di nuovo. In Gran Bretagna, i concorsi stanno rapidamente diventando di rigore per quasi tutte le principali uscite di giochi d’avventura, ma pochi attirano l’attenzione e suscitarono entusiasmo come questo. Eppure, nonostante tutti gli sforzi di tantissimi giocatori, il mistero di Pimania rimane irrisolto. Man mano che i mesi diventavano anni, alcuni iniziano a sospettare che forse in realtà non esiste affatto alcuna Meridiana d’Oro, che l’intera faccenda sia solo un elaborato scherzo di Automata ai danni dei suoi stessi clienti – ( che poi, visti i due tipi che ci stavano dietro, sarebbe stato molto probabile). Un poveretto, convinto di aver capito tutto, pensa addirittura di andare a Betlemme per Natale. Quando Penfold e Croucher ne vengono a conoscenza, sono così magnanimi da diramare un comunicato stampa per dirgli che è sulla strada sbagliata; SPOILER: nessuno sa come è andata a finire e se il tipo è andato ugualmente in terra santa o meno. Solitamente la meta più gettonata è Stonehenge, mentre altri ancora, avendo scoperto una connessione con Pegaso, si gettarono a capofitto nello studio dei cavalli. Tutti sforzi inutili. La meridiano non si trova.

E mentre il mistero di Pimania rimane irrisolto, gli Automata lanciano un nuovo concorso per il loro successivo gioco di avventura , “My Name is Uncle Groucho… You Win a Fat Cigar” . Stravagante come il suo predecessore, vede i giocatori all’inseguimento di Groucho Marx – che da quel momento in poi diviene l’alter ego di Croucher per andarsi ad unire a Penfold col suo costume da Piman durante gli eventi. Questa volta, però, il concorso è un po’ più convenzionale. Il primo giocatore che identifica una celebrità dagli indizi forniti nel gioco vince un viaggio per Hollywood volando sul Concorde e un passaggio per tornare a casa sulla Queen Elizabeth 2. Il vincitore arriva presto e la celebrità in questione si scopre essere Topolino.

Gli Automi agli eventi nei primi anni ’80

Oltre ai propri giochi, Croucher e Penfold pubblicano anche numerosi titoli ricevuti da programmatori esterni. Ognuno di questi giochi viene opportunamente modificato per contribuire alla continuazione del mito di Automata che quindi deve includere un cast di personaggi in gran parte tratti dal fumetto di Piman. Ogni proposta esterna riceve un nuovo nome opportunamente “automatizzato”, di solito è un terribile gioco di parole con il “Pi” di mezzo: Pi-Balled , Pi-Eyed , Pi in the Sky. E ognuno di essi ha anche una sua sigla sull’altro lato della cassetta, registrata in un piccolo studio nel soggiorno di Croucher. Con queste composizioni Croucher, che è una specie di rock star frustrata, si scatena. Il risultato è una strana fusione fra la musica synth-pop New Wave, uno sketch dei Monty Python e l’eroe personale di Croucher, Frank Zappa. Per farvi un esempio vi faccio sentire questa:

DEUS EX MACHINA

deus ex machina

E poi arriva il 1984 e l’opera magna di Croucher, Deus Ex Machina.
L’idea di qualcosa di particolare e unico ronzava nella testa di Mel da tempo, qualcosa che andasse oltre il concetto del comune videogioco, qualcosa che assomigliasse ad un film interattivo. Ci tiene così tanto che si ritira dalla scena per circa sei mesi e gli dedica cuore e anima. La sua intenzione è quella di creare Arte e contemporaneamente il futuro dell’intrattenimento computerizzato:
Pensavo che verso la metà degli anni ’80 TUTTI i giochi per computer all’avanguardia sarebbero stati come film interattivi, con strutture adeguate, personaggi reali, storie originali abbastanza decenti, una colonna sonora accettabile, una varietà di narrazioni definite dall’utente e risultati variabili. Quindi ho pensato che sarebbe stato meglio iniziare io per primo e produrre quell’equivalente videoludico di Metropolis e Quarto Potere messi insieme prima che altri bastardi iniziassero a sfornare spazzatura. Volevo che le persone si immergessero totalmente nel media.

Per Deus Ex Machina, Croucher ha l’idea di sincronizzare una colonna sonora con un gioco per computer, per creare un’esperienza multimediale integrata ben prima che quell’espressione diventasse di uso comune. Poiché le capacità sonore dello Spectrum sono, nella migliore delle ipotesi, rudimentali, la colonna sonora viene fornita su una cassetta separata che il giocatore deve riprodurre contemporaneamente al gioco. E come in un album prog-rock, decide di creare una storia vagamente ispirata alle sette età di Shakespeare e ambientata in un futuro distopico (dopotutto siamo nel 1984, no?), il tutto accompagnato da una colonna sonora immersiva e capace di emozionare. Ma per farlo ci vogliono soldi, e non potendo contare sul capitale dell’azienda, dà fondo ai suoi risparmi personali, £8.760 dell’epoca (circa £27.659.49 / €31329,90 di oggi). A questo punto, non avendo molte risorse per assumere dei veri musicisti, si arrangia a suonare un po’ di tutto, correggendo gli errori in post editing. Non è un bravo musicista, quindi la mole di correzioni necessarie con i mezzi dell’epoca fa lievitare i tempi di registrazione a sei settimane.
In tre settimane, però, disegna le grafiche e definisce lo screenplay con tutte le istruzioni del caso. Poi spende due terzi del budget per assumere le celebrità che parteciperanno con la loro voce al doppiaggio del progetto. Tra i molti personaggi più o meno noti spicca Jon Pertwee, la terza incarnazione del dottor Who.
Il gioco che accompagna tutto questo tracotante Flow di idee viene programmato da un giovanissimo genio della programmazione in assembly, Andrew Stagg, che segue fedelmente le indicazioni di Croucher. Consiste in una serie di semplici giochi d’azione sincronizzati con la colonna sonora. L’obiettivo del giocatore è mantenere il suo “grado di entità ideale” il più alto possibile; ogni errore nei minigiochi costa punti percentuali. Tuttavia, non importa quanto si sbaglia, il gioco continua sempre, procede ininterrotto a prescindere. È un’ovvia limitazione della sincronizzazione di una colonna sonora non interattiva con un’esperienza videoludica interattiva. D’altra parte, forse è meglio così: i giochi sono di interesse piuttosto limitato ma anche brutalmente difficili.

 

Nonostante le buone recensioni della critica che, a dire il vero, non era del tutto sicura di cosa fare con quel pezzo di sfacciata arte multimediale inserito nella loro consueta dieta a base di Jet Set Willy e Manic Miner, e nonostante fosse stato rilasciato giusto in tempo per la grande stagione degli acquisti natalizi, le vendite di Deus Ex machina sono quanto di più prossimo all’inesistente ci possa essere.
A febbraio, circa cinque mesi dopo l’uscita, per Spectrum sono state vendute solo 700 copie; il successivo porting per il Commodore 64 ne vende dodici. Tuttavia, Deus Ex Machina, quel mese, vince il premio “Programma dell’anno” dalla Computer Trade Association.
Per Automata, manco a dirlo, è un brutto colpo dal quale è impossibile riprendersi.
Fino a quel momento, la compagnia aveva sempre operato in un mondo relativamente piccolo, fatto di produzioni a basso costo e piccola distribuzione.
Trattava tutto senza intermediari e senza badare troppo alle apparenze. Il software veniva venduto principalmente tramite annunci per corrispondenza nelle riviste di hobbisti, mentre il resto veniva consegnato direttamente a una manciata di negozi di computer sparsi nel paese. Basti pensare che Christian Penfold, cofondatore della compagnia e personaggio dalla spiccata “schiettezza”, era il responsabile delle relazioni pubbliche ( tutto dire ). Ma fino a quel momento andava bene così. Era tutto a misura del loro business.
Questo approccio divenne però insostenibile quando i computer arrivarono alle masse e le grandi catene di negozi come Boots e WH Smith entrarono in gioco. Sì, perché come praticamente in ogni altro settore della vendita al dettaglio, i distributori fungono da intermediari tra gli editori e i punti vendita. Dato che nel 1984 viene prodotto molto più software di quanto si sarebbe potuto gestire, i distributori possono permettersi di essere selettivi; valutano attentamente ogni gioco inviato loro per stabilire non solo se si tratti di un prodotto ragionevolmente professionale e privo di bug, ma anche se possa avere abbastanza appeal sulla massa da meritarsi un prezioso spazio sugli scaffali.
Volevano anche che i giochi rientrassero in uno dei tre livelli di prezzo prestabiliti: £ 2 per i “classici” più vecchi e i titoli scontati più recenti; £ 6 per i nuovi giochi standard; £ 10 per le uscite di grande prestigio.
La Automata UK solitamente vendeva i suoi giochi a circa 5 sterline. Per Deus Ex Machina fissarono il prezzo intorno alle 20, un prezzo alto per quei tempi che spiazzò la loro clientela tipica, terrorizzò i distributori, e invitò a nozze i pirati. Questi ultimi nel migliore dei casi copiavano il prodotto nella sua integrità, nel peggiore duplicavano solo la cassetta del gioco, lasciando l’incauto acquirente senza la fondamentale colonna sonora e rendendo il tutto incomprensibile.
A questo bisogna aggiungere la totale assenza di savoir-faire di Christian Penfold, che con i suoi modi rudi riusciva a mandare a monte qualsiasi possibilità di inserimento nella grande distribuzione.
Un esempio su tutti.
La HW Smith, grande catena di librerie, chiede di poter ricevere il gioco in una confezione standard, dato che la confezione originale ( da formato simile a quella per una cassetta VHS ) non avrebbe trovato posto nelle scaffalature utilizzate nei vari negozi. Penfold risponde “fareste meglio ad allargare gli scaffali, o venderò il mio prodotto altrove”. HW Smith bruciata.

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Le vendite furono deprimenti, e finito il primo stock non ci furono richieste per ulteriori copie. Anche l’inesperienza giocò il suo ruolo e fece si che fosse prodotta solo una versione per ZX Spectrum ( pensando che il Regno Unito fosse l’ombelico del mondo informatico ), lasciando a secco i milioni di potenziali acquirenti che possedevano un Commodore 64 o un Msx. Queste due conversioni videro la luce oltre un anno dopo, troppo tardi per beneficiare dell’impatto iniziale delle versione originale.
E’ un mondo difficile, e per quanto tu abbia qualcosa di buono da offrire, se non la impacchetti per bene non verrà mai presa in considerazione.

Come detto prima, Automata non si riprese mai dal fallimento di Deus Ex Machina, né a livello commerciale né psicologico. Il vecchio spirito del divertimento anarchico andò perduto e Croucher se ne andò a metà del 1985. Penfold all’inizio fece quello che ci si aspettava, dichiarando la sua intenzione di continuare a lottare, ma la partenza di Croucher segnò la fine effettiva di Automata come azienda in attività. Penfold scomparve dai radar, mentre Croucher continuò la sua carriera come (parole dei suoi detrattori) un “visionario perennemente fallito”. Ha progettato uno o due altri giochi d’avanguardia per altri editori; tentò e fallì il lancio di una console gioco multimediale che combinava il video del disco laser con la grafica raster; ha scritto una serie di avventure fantasy a fumetti ; ha scritto una rubrica per magazine di Computer; ha progettato un gioco e una campagna di marketing virale per Duracell; Dio solo sa quante cose ha fatto dentro e fuori l’industria informatica.

Deus ex machina, nel frattempo è diventato un caso minore fra coloro che dibattono sul confine fra gioco e arte nel mondo dei videogiochi, e forse è anche un po’ sopravvalutarlo; è certamente interessante, certamente visionario, ma difficilmente un capolavoro immortale. È semplicemente il meglio che quelle persone sono state in grado di fare con quelle risorse in quel momento – e non c’è niente di cui vergognarsi. Lo stesso si potrebbe dire del resto delle opere di Automata. È bello parlarne, ma sono troppo rozze per essere così coinvolgenti da essere rivisate oggi.

deus ex machina

Ma prima che Automata lasci la scena e io concluda questo podcast, c’è ancora un pezzo di storia da raccontare.
Il 22 luglio 1985, Sue Cooper e Lizi Newman, rispettivamente insegnante scolastica e proprietaria di un negozio di musica dello Yorkshire, arrivano a uno strano punto di riferimento sulle colline del Sussex: un gigantesco cavallo di gesso in cima a una collina. Guardandosi attorno nervosamente, rimangono davanti al cavallo sotto una pioggia battente. Poi il Piman esce da dietro i cespugli e consegna il premio alle donne mentre Croucher suona sua sigla per l’ultima volta. Alla fine, gli Automata sono stati corretti; la Meridiana d’Oro di Pi esiste davvero. Forse a causa del fatto che Automata è agli sgoccioli e i due sono stanchi di trascorrere i loro 22 luglio accovacciati nel fango dietro a un cespuglio del Sussex, mostrano un po’ di pietà e consegnando il premio alle due donne: la soluzione imponeva che le due donne sarebbero dovute stare sotto al culo del cavallo.

A distanza di 30 anni, sfruttando le capacità dei mezzi moderni, è stato fatto un remake, Deus Ex Machina 2, che riprende tutto il vecchio gioco aggiungendo alcune cose che per motivi tecnici furono escluse in passato. La colonna sonora ha mantenuto il testo originale utilizzando arrangiamenti diversi. Per registrare le nuove voci sono stati assunti attori del calibro di Cristopher Lee. Inutile dirvi che anche questo tentativo è andato male.
Lunga vita agli Automata.

FONTI
https://www.filfre.net/2014/01/the-merry-pranksters-of-automata/
http://www.retrobitlab.org/wp/deus-ex-machina-la-meraviglia-che-non-fu/
https://en.wikipedia.org/wiki/Deus_Ex_Machina_(video_game)


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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