HOWARD SCOTT WARSHAW part 5: E.T.

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Nel pomeriggio di martedì 27 luglio 1982, Howard Scott Warshaw è seduto nel suo ufficio. Sta per uscire con Jerome Domurat dopo aver dato gli ultimi ritocchi a I Predatori Dell’arca Perduta. Jerome è il designer di grafica/animazione e suo buon amico. Arriva una chiamata al telefono. Una voce femminile dice: «Scusi, mister Warshaw. Può aspettare per Ray Kassar?»
Aspettare per Ray Kassar? L’amministratore delegato di Atari? Il capo del capo del capo del capo del mio capo? Il tizio che firma i miei assegni? «Sì, certo. Aspetterò.» risponde.
Dopo un po’ arriva Ray che va dritto al punto: «Howard, abbiamo bisogno di un gioco di E.T. per il primo di settembre. Puoi farlo?»
Senza esitare, risponde: «Assolutamente sì. Posso farlo! A patto di raggiungere un giusto accordo». Howard sa bene cosa intende, ma anche Ray lo sa. Soldi.
«Va bene», dice Ray, «Vedi di essere all’aeroporto di San Jose giovedì mattina alle 8 del mattino. Ci sarà un Learjet ad aspettarti per portarti nell’ufficio di Spielberg dove presenterai il design del gioco.»
Ecco fatto. Ecco come Howard Scott Warshaw si è ritrovato a fare il videogioco di E.T..

Il suo primo pensiero subito dopo aver accettato è: «Accidenti, ho solo 36 ore per fare l’intero progetto e preparare una presentazione per lo sviluppo di un videogioco più veloce mai tentato ». Il suo secondo pensiero è: «meglio cenare bene stasera, questa cosa potrebbe durare un po’. E, oh sì, sono ancora al telefono con Ray… »
Assicura a Ray che tutto sarà meticolosamente preparato e pronto quando salirà a bordo dello Spielberg-express, giovedì mattina. Si salutano e riattacca.

Non è la prima volta che Howard incontra Spielberg ma questa volta ci sarà bisogno di più immaginazione, creatività e gioco di gambe fantasioso rispetto alla precedente.
È pienamente consapevole di quello che ha promesso. I videogiochi su VCS di solito necessitano di almeno 6 mesi per lo sviluppo. Si è appena impegnato per farne uno in 5 settimane. È fiducioso? Si. È la sua arroganza ad esserlo. Ma in questo momento è già troppo occupato a pensare che mancano solo 36 ore al primo traguardo di consegna. Per farcela è necessario che il lavoro mentale avvenga in un tempo molto breve. Fortunatamente, il suo cervello è cablato per le alte velocità. La parte difficile è l’equilibrio, rimanere concentrati. La prima domanda alla quale occorre rispondere è: « Dove vado a cena?»

[Nota per quelli che credono di sapere le cose che non sanno: Howard Scott Warshaw è noto per aver realizzato il peggior videogioco di tutti i tempi: E.T.. O almeno questa è la conclusione sostenuta da molte liste dei peggiori videogiochi di tutti i tempi presenti sull’internet. La bufala più grossa è quella che il suo E.T. sia stato un gioco così brutto, ma così brutto, che da solo ha causato la crisi del mercato dei videogiochi dei primi anni ’80, facendo collassare un’intera industria con guadagni che si avvicinavano ai quattro miliardi di dollari.
La leggenda narra che tutte le cartucce di E.T. che Atari ha prodotto sono state interrate nella discarica di Alamogordo, ma Howard l’ha sempre negata per il seguente motivo:
Quando un’azienda subisce un’emorragia di denaro nell’ordine delle centinaia di milioni di dollari e si ritrova seduta su una montagna di scorte senza valore, perché dovrebbe spendere ancora più denaro per trasportarle, frantumarle, cementarle e seppellirle in una discarica? È una cosa molto costosa da fare. Perché non riciclare i materiali per ridurre i costi di realizzazione di altri prodotti che potrebbero essere venduti? Nel peggiore dei casi, si potrebbe semplicemente spalancare le porte del magazzino e lasciare che la gente entri e prenda tutto, no? La storia della discarica non ha alcun senso.
Fine della nota

La limousine di Atari varca il cancello della Warner e procede lungo il lotto fino ad arrivare all’ufficio di Spielberg. Howard e il managment di Atari entrano e tutt’intorno si scambiano convenevoli. L’ufficio del regista è piccolo per essere un appartamento di lusso e per Howard è bello essere di nuovo lì ma…  «Aspetta un attimo», pensa tra sé e sé, «Perché proprio io? Perché Ray ha chiamato direttamente proprio me? »
In realtà, per fare il videogioco di E.T., Howard non è stata la prima scelta di Ray.  La sua prima telefonata è stata per George Kiss, il mentore di Howard (detto anche il capo dei capi). George è a capo del reparto per i sistemi di gioco casalinghi Atari e ha risposto a Ray quello che avrebbe detto qualsiasi persona sana di mente e ben informata in quella situazione: non su può fare un videogioco in 5 settimane. Semplicemente non c’è abbastanza tempo.
Alla maggior parte degli amministratori delegati non piace un “no” come risposta. Raramente quel “no” contribuisce alla spedizione del prodotto e al guadagno. Quindi, dopo che il capo dello sviluppo gli aveva detto che non si poteva fare, Ray ha comunque pensato che valesse la pena fare un’altra telefonata ed è stato in quell’occasione che Howard ha risposto dicendo sì. Cioè, Howard ha detto a Ray che il gioco sarebbe stato assolutamente fattibile subito dopo che il suo responsabile e mentore gli aveva detto che non si poteva fare.
All’improvviso, una domanda trafigge le sue fantasticherie e lo riporta al presente: «Howard, cosa hai per noi?» . Comincia la sua presentazione.

Quando finisce di illustrare il progetto per il videogioco di E.T., Spielberg ci pensa un po’, elabora ancora una volta. Poi lo guarda e dice: «Ma non potresti fare qualcosa di più simile a Pac-Man
Il suo mondo interiore crolla.
Qualcosa di più simile a Pac-Man?!?! Uno dei registi più innovativi di tutti i tempi vuole che faccia un’imitazione? Il suo impulso è dirgli: «Accidenti Steven, Ma tu, con il tuo prossimo film non potresti fare qualcosa di più simile a ‘Ultimatum alla terra‘?”
Fortunatamente, il suo cervello si attiva microsecondi prima che la sua bocca possa parlare.
Quindi prende un bel fiato e controbatte: «Steven, E.T. è fantastico e abbiamo bisogno di qualcosa di speciale per accompagnarlo. Questo che ti propongo è un videogioco innovativo per un film innovativo.» Howard crede fermamente nelle sue parole me è anche consapevole di un’altra verità fondamentale: il gioco che sta proponendo è uno che potrebbe riuscire a finire in 5 settimane, che è una componente fondamentale del processo di consegna complessivo.
Ecco perché difende la sua idea con tutto se stesso.
Dopo alcuni istanti senza che nessuno faccia un fiato, Steven desiste dalla proposta di Pac-Man e accetta la tesi di Howard secondo la quale il progetto è appropriato per il compito da svolgere, e mentre lo fa, di fatto approva il progetto. Il primo importante traguardo è raggiunto.

Con il design accettato, per Howard si aprono le porte per 5 settimane di crunch in modalità continuativa. È il dono che una situazione del genere comporta.
E mentre la luce dorata del tardo pomeriggio bacia gli appartamenti e i set per le scene degli studi Warner, la delegazione Atari sale sulla limousine in attesa e si avvia verso l’aeroporto.

[Nota per quelli che credono di sapere le cose che non sanno: Il videogioco E.T. non è la causa del crollo del mercato dei videogiochi, ma piuttosto un sintomo del pensiero e delle azioni che lo hanno fatto crollare.
Pensateci: Poniamo che con E.T. Atari abbia perso 50 milioni di dollari, cosa che non è avvenuta. Bastano 50 milioni di dollari per far crollare un’intera industria multimiliardaria? Mi pare improbabile.
Ma consideriamo un’altra cosa: a una delle più grandi proprietà intellettuali del mondo in quel momento è stato concesso il più breve tempo di sviluppo per farne un videogioco. Vi sembra un buon piano?
La spiegazione più semplice del perché il mercato dei videogiochi è crollato è la seguente:
È stato il primo ciclo di vita di un prodotto.
È la prima volta che una console per videogiochi raggiunge una significativa copertura di mercato, diventando un punto di riferimento per milioni di famiglie, e nessuno, ma proprio nessuno ha mai avuto a che fare con questo prima. Si fanno errori clamorosi, si prendono decisioni sbagliatissime. E saranno tutte lezioni apprese dai successivi produttori di console che raggiungeranno il successo percorrendo la strada lastricata dagli errori di Atari.
Fine della nota

Allora, cosa sta cercando di fare Howard con E.T.? Beh, di certo non sta cercando di realizzare il peggior gioco di tutti i tempi…
Di solito c’è tempo per giocare e sperimentare, implementare l’opinione dei colleghi e migliorare in corsa, ma un programma così serrato non offre molta libertà. Nei tempi previsti, ha un’unica opportunità di consegnare un’approssimazione di videogioco, niente di più.
Il suo obiettivo progettuale per E.T. è semplicemente quello di farlo, quindi. Ma come?
La maggior parte delle persone dice che il segreto per programmare un gioco in 5 settimane è: non farlo. È impossibile.
Non sarà così per lui.
In più E.T. è un film complicato per adattarsi a un videogioco. È principalmente un film dal tono emotivo e il VCS non è esattamente una tela facile su cui riprodurre le emozioni. In che modo questo film si adatterà ad un’esperienza di gioco?
Quando Steven Spielberg ha suggerito un gioco in stile Pac-Man, forse stava pensando alla sequenza d’azione verso la fine del film. Elliott in bicicletta per la città (il labirinto) e la gente lo insegue (i fantasmi), i suoi amici lo aiutano lungo la strada ed E.T. è nel cestino come fosse una pillola energetica che dà poteri speciali.
Questo è un concetto ragionevole per un videogioco. Ma ottenerlo programmato e giocabile a un livello accettabile in 5 settimane è improbabile.
Pensa a una caccia al tesoro che funziona così: ET assembla un telefono da una varietà di spazzatura. Una volta assemblato, lo usa per chiamare casa. Quindi deve eludere gli umani che interferiscono per riuscire a salire a bordo della nave per ritornare a casa.
È una bellissima struttura di missioni a più livelli. # 1: trova tutti i pezzi del telefono nascosti in vari luoghi (nelle fosse). #2: Trova il posto giusto per chiamare casa tra tutti i “luoghi” di quel mondo. #3: nella foresta, trova in tempo la zona di atterraggio designata  (evitando gli umani) per salire sulla nave.
Tre cacce al tesoro in successione, ciascuna basata sull’ultima. Finché ha abbastanza pezzi di telefono, buche, posizioni e zone, ogni volta la ridistribuzione casuale crea una sfida abbastanza fresca da motivare il giocatore a riprovare.
E Il giocatore sarà ET, in questo modo potrà esercitare poteri speciali in modo più credibile, potrebbe davvero funzionare! Dai, Il gioco è fatto.

e.t.

La prossima domanda ovvia è quella che riguarda una strategia di squadra per realizzarlo. Con dei tempi così ristretti possibile che a nessuno sia venuto in mente di far supportare Howard da un gruppo di colleghi?
Beh, realisticamente parlando, già da subito uno sforzo di gruppo non è un’opzione praticabile.
Un po’ perché una volta resa nota la scadenza così ravvicinata, nessuno vuole averci a che fare ( abbiamo già detto che è una pazzia, vero?), e un po’ perché lo stesso Howard si rende conto che il tempo necessario per coordinare una squadra con tutte le sue complessità brucerebbe la maggior parte del tempo di un programma già minuscolo, assicurando virtualmente il fallimento.
Troppi cuochi rovinerebbero la cucina e sarà anche vero che si può fare di più con un esercito che con un soldato, ma è molto più veloce attivare un commando per una missione di attacco rapido piuttosto che coordinarsi con lo stato maggiore per lanciare un’invasione.

Howard lavora sempre. A casa, in Atari, anche mentre guida tra casa e Atari.
Modifica il codice nella sua testa mentre percorre la strada e scopre che ciò può essere fonte di distrazione. A un semaforo è in attesa del verde, e mentalmente realizza una sequenza di codice particolarmente complicata. Ora non vede l’ora di tornare a casa per digitarla. Il semaforo diventa verde e preme l’acceleratore. Mentre attraversa l’incrocio, sente freni che si bloccano e lo stridio di gomme. Il semaforo è verde, sì, ma lo è solo per la svolta a sinistra e lui è andato dritto. Fortunatamente, gli altri automobilisti sono stati più attenti di lui. Con l’adrenalina a mille arriva a casa e corre alla stazione di sviluppo per digitare le modifiche prima di dimenticarle. Errori come quello potrebbero ritardare in modo inaccettabile il progetto.

Con una sola settimana rimasta, il gioco è ora giocabile. È grezzo, ma giocabile. I tester ci stanno lavorando e i feedback iniziali stanno iniziando a fluire.
C’è preoccupazione per alcune delle meccaniche di gioco, ma in Atari si stanno innervosendo perché Howard è talmente esaurito che sta iniziando ad aggredire le persone, il che non è da lui.
La pressione lo sta schiacciando.
Sì, è facile inciampare e cadere nei pozzi. Capisce che all’inizio sia fastidioso, ma questo è il gameplay. La sfida è padroneggiare le manovre strette per guidare abilmente E.T. attraverso i margini ristretti fra le buche. È questo il piatto forte del suo progetto, non può rinunciarci.

Adesso correre verso il traguardo è tutto ciò che conta, e vede l’arrivo. La giocabilità deve essere un problema successivo. Si vergogna un po’ perché capisce di aver adottato inconsapevolmente una mentalità da marketing. Non sta per consegnare un videogioco completo. Sta per consegnare un… qualcosa, ma il marketing vuole fortissimamente quel qualcosa. Che poi funzioni o no è un altro discorso. Che funzioni è roba da Ingegneria e al momento non c’è tempo per quello.
La semplice verità è che c’è troppo da fare e troppo poco tempo.

Finalmente, nella tarda serata del 31 agosto, spettinato, esaurito e zoppicante, Howard Scott Warshaw trascina il videogioco di E.T. oltre il traguardo.
L’HA FATTO! C’È RIUSCITO!
Naturalmente, per ora questa è solo la sua opinione. Domani scopriranno tutti se è, infine, un dato di fatto. Se il gioco si può considerare consegnato.

Già, ma cosa significa consegnato? Se Howard non è andato neanche lontanamente vicino alle aspettative, allora va bene lo stesso? Cosa succede se il gioco non viene accettato? E soprattutto, chi decide se il gioco va bene o no? Non c’è tempo per le consultazioni con i colleghi, non c’è tempo per i Focus Group, figuriamoci se c’è tempo per un Play Test. Ripeto: In questo caso chi decide se il gioco va bene o no?

Già in fase di negoziazione ( perché c’è stata una negoziazione sottobanco fra Warshaw e il Management di Atari per ricompensare adeguatamente l’impresa. Mica starete pensando che Howard si sia fatto 5 settimane di crunch continuativo a gratis, vero? ) Howard propone Spielberg come arbitro supremo. Si arriva all’ 1 settembre e se Steven dice che il gioco è finito, allora è finito e buono per la vendita. Incredibilmente sono tutti d’accordo e l’affare è fatto.

L’idea che la sua proposta sia stata accolta con immediato consenso è un chiaro segno di quanto sia disperata la situazione. Cosa ne sa Spielberg di videogiochi? A parte giocarli appassionatamente come la maggior parte degli americani in quel momento, cosa ne sa lui di design videoludico? Valutare un Videogioco è un compito di Ingegneria. Delegare il compito a Steve Spielberg è una mossa di marketing.

In ogni caso, dopo una gestazione di trentacinque giorni e l’ultima settimana di intense doglie, il gioco sta per essere incoronato e il parto è vicino. Nella performance del giorno, il ruolo dell’ostetrica sarà interpretato da Steven Spielberg. È qui per giudicare se il bambino, il bambino di Howard, è sano o meno. Howard, infatti, fa la parte del padre nervoso. Non ha dormito molto la scorsa notte. Non vede l’ora di rivedere Steven. Il suo eroe valuterà (e si spera accetterà) il videogioco di E.T., dandogli il via libera per il passaggio alla produzione. Tutta la tensione, il tumulto e la follia delle ultime cinque settimane si riducono a questo momento.
E infatti è un grande giorno per Atari, lo si capisce dalla folla presente. C’è l’intero team di gestione VCS, alcuni dirigenti di medio livello che raramente si fanno vivi. C’è Ray Kassar e Steven Spielberg e, ovviamente, ci sono Howard e Jerome, i due principali responsabili del gioco. I convenevoli vengono scambiati ovunque e in breve tempo tutti i presenti si infilano nella sala delle presentazioni.
La cartuccia è inserita nella console. L’enorme faccia di E.T. abbellisce lo schermo mentre viene riprodotta la versione compu-tonale della colonna sonora di John Williams. Howard lancia il gioco ed esegue una dimostrazione per Steven. Dopo un po’ gli passa il controller e lui comincia. Per quanto sia teso questo momento, Howard si diverte ancora a guardarlo giocare. Il suo linguaggio corporeo sembra suggerire che sia completamente immerso nel gameplay. È ancora presto, ma finora tutto bene.
Howard esamina il resto degli spettatori. Ray Kassar non potrebbe sembrare meno interessato. Forse è solo fiducioso che andrà bene. Gli altri manager del reparto VCS sono molto più concentrati sull’attrazione principale. Tutti sono curiosi. Come sta andando? Howard Incrocia lo sguardo di Jerome. Anche lui conferma di non averne idea. Comunque Steven non si è bloccato, sta ancora giocando e non ha lanciato via il controller. Fino a qui tutto bene.
Stare seduto sull’orlo del verdetto spinge Howard a una brusca presa di coscienza:

« Non è più come una volta. » OMMIDDIO, dov’è crocodile Jim!? Ciò a cui sta assistendo, quello che si sta svolgendo davanti ai suoi occhi è un esempio supremo della transizione culturale in Atari.Un esempio palese di quel « Una volta era molto meglio ma ora… »

Prima Atari aveva dei criteri di rilascio. Il suo Yars’ Renege ha dovuto affrontare le forche caudine prima di ottenere la luce verde per la pubblicazione.
Oggi, il processo di rilascio consiste nel coinvolgere un importante regista di Hollywood e se lui dice sì, che il prodotto è finito e va bene, allora si commercializza. Questa non è la politica aziendale standard, ma un sintomo della politica attuale. Quella nuova. Quella del marketing.
La politica di rilascio originale sotto la guida di Nolan Bushnell era: quando il comitato di rilascio dice che è un gioco è divertente e non fa schifo, allora lo rilasciamo. Il “comitato di rilascio” erano semplicemente gli altri ingegneri di gioco.
Chi fa il prodotto (e consuma il prodotto) decide quando il gioco è finito. Sembra sensato, no?
Quando Ray Kassar è subentrato, i criteri sono cambiati. All’inizio lentamente, ma col tempo il cambiamento ha preso slancio. La differenza fondamentale è stato il trasferimento dell’autorità per le decisioni di rilascio dallo sviluppo al marketing.
Howard non sa ancora cosa possa significare o diventare questo gioco, ma ora si staglia come un monumento alla transizione culturale da Nolan a Ray. Kassar: l’icona per eccellenza della mentalità del marketing che si erge al di sopra della qualità e degli ingegneri.
Ed eccoci qui. Steven Spielberg, il quale è solo marginalmente coinvolto in Atari è ora l’unico arbitro che possa decidere se questo gioco è pronto o meno per essere dato in pasto al pubblico. Ed è stato Howard Scott Warshaw ad insistere perché fosse così. È anche colpa sua.
Era così accecato dalla sua paranoia miope di consegnare a tutti i costi che ha completamente dimenticato il videogioco vero e proprio.

L’ironia più grande però è che a Ray non è mai importato del suo suggerimento di coinvolgere Spielberg per il rilascio. In ogni caso niente avrebbe impedito a quel treno di lasciare la stazione in orario, non so se mi spiego.
Intanto Spielberg è ancora impegnato con il gioco, ma ora fa più commenti. Questo significa che sta raggiungendo la piena consapevolezza e il verdetto è probabilmente imminente. Si ferma, pensa un attimo, poi si gira verso Howard e dice: «Sembra buono. Procediamo con lui.»
Il suo mondo interiore è semplicemente tutto lì.
È un momento straordinario. Steven gli sta stringendo la mano. Prova l’euforia dell’accettazione e del completamento. Cinque settimane di adrenalina si scaricano spontaneamente dal suo corpo. Vorrebbe stappare una bottiglia per festeggiare, ma è troppo esausto per sollevare una bottiglia.

[NOTA per gli scettici che hanno effettivamente giocato al videogioco di E.T.: nella remota possibilità che ve lo stiate chiedendo: sì, Spielberg è caduto in alcune buche mentre giocava. E sì, all’inizio ha avuto qualche problema a uscire. Ma in breve tempo riesce a gestire la cosa e va avanti. A dire il vero, è stato un giocatore piuttosto impressionante.]

Meno di un’ora dopo, Ray accompagna fuori dalla porta Spielberg e il dipartimento VCS torna anormale come sempre… con una differenza fondamentale: la dichiarazione di Spielberg ha trasformato il lavoro di Howard in una tangibile realtà. L’impossibile è compiuto.
Il resto è storia. Il videogioco di E.T. viene messo in vendita nel dicembre 1982 e Atari entra in crisi in  quello stesso mese con la pubblicazione dei bilanci.
Il gioco vende bene per almeno un mese insediandosi stabilmente in cime alle classifica ma, già a gennaio, le vendite calano drasticamente e quel che è peggio, cominciano a tornare i resi.

E.T. è spesso citato come il peggior videogioco di tutti i tempi ma era chiaro fin dall’inizio che ci sarebbero stati problemi, e nel 1982 rovina molti sogni natalizi. Ma addirittura il peggior videogioco di tutti i tempi?!
Naaa. Quando E.T. fu fatto, quel titolo non era nemmeno una remota possibilità. Erano i primi anni ’80, baby. Niente internet, nessun download e nessun feedback istantaneo dei giocatori. È l’alba dei videogiochi. Non esistono vecchi, solo neofiti del videogioco. Non puoi avere il peggior videogioco di tutti i tempi finché non ci sono “tutti i tempi“.
Negli anni ’80, E.T. non è stata la causa del crollo dell’intera industria. Quel crollo semplicemente è successo, facendo credere che i videogiochi fossero solo una moda passeggera e non una prospettiva seria a lungo termine. Questa opinione circola tra gli investitori che si spaventano e scappano in massa. Ecco il crollo.

L’idea di E.T. come causa principale del crash dei videogiochi non viene fuori fino agli anni ’90. Comincia a diffondersi con l’avvento di Internet, con la sua insaziabile fame di contenuti. Si scopre che le liste sono un’ottima fonte di contenuti internettiani. Ovunque guardi sull’internet c’è una Top-5 di questo e i 10 Peggiori di quell’altro. I videogiochi si adattano perfettamente a queste classificazioni. C’è voluto più di un decennio perché il concetto di “Peggior gioco di tutti i tempi” raggiungesse la massa critica ma, una volta lì, Internet ha assicurato al mondo che il videogioco di E.T. fosse responsabile di aver perpetrato atti indicibili contro un’industria nascente. È lì che nacque il fenomeno del peggior videogioco di tutti i tempi.
Poi è arrivata la cultura dell’odio. Sono arrivati gli haters, e indovinate un po’. La maggior parte delle persone che si impegnano tanto per dire che E.T. è il gioco più orribile dell’orribile, va a finire che non ci hanno neanche giocato, o peggio, non hanno mai giocato ai videogiochi di quell’intera generazione.
Una volta che il calendario ha segnato il 2000, le conventions dedicate ai videogiochi classici spuntando fuori come funghi e nel tempo, il mito dei videogiochi di E.T. sepolti nel deserto del Nuovo Messico prende sempre più piede. Escono articoli, post, canzoni, video e ogni sorta di speculazione sull’esistenza di un tesoro sepolto e sulla prospettiva di una mappa come quella di Willy l’Orbo. La gente si interessa a riguardo, e alla fine tutta questa attenzione e speculazioni si traducono in un budget e in una troupe cinematografica. Ecco perché Howard Scott Warshaw è anche lui nel Nuovo Messico per assistere allo scavo del 2013.

e.t.

Ma alla fine quelle cartucce di E.T. nella discarica ci sono davvero. Non sono milioni. Non sono neanche tutte di E.T. ma ci sono anche altri titoli. Sono pure accompagnate da documenti, da schedari, scrivanie, sedie.

È lo sgombero della fabbrica Atari di El Paso quello sepolto frettolosamente in Alamogordo. Uno sgombero deciso da dirigenti locali dai modi spicci che vogliono assolutamente tagliare i costi nel modo più rapido possibile e riuscire a sfuggire alla mannaia dei tagli al personale che da lì a pochissimo calano ad opera di James Morgan prima e Jack Tramiel dopo.

Howard abbandonerà Atari con l’arrivo di Tramiel. Il suo senso di ragno pizzica e gli fa vedere giusto. Tramiel non è affatto interessato ai videogiochi per console ( almeno inizialmente).

Successivamente vivrà diverse esperienze lavorative fra cui un periodo in 3DO inseguendo il sogno di Trip Hawkings, ma dopo quell’ennesima delusione decide di svoltare la sua vita diventando psicoterapeuta. Adesso è un uomo pienamente realizzato e va bene così. A chi gli dice che forse è diventato psicoterapeuta per curare tutti i traumi che ha provocato nei videogiocatori con il suo E.T. lui risponde raccontando la storia di E.T., Di come è nato e di come, dopotutto, non sia il peggior videogioco del mondo. È una storia bella, una storia affascinate, una storia incredibile.

È una storia di Atari e quindi è una storia folle. La trovate nel suo libro intitolato “Once Upon Atari”.

Il link per acquistarlo è in descrizione. Leggetelo. Buon viaggio

FONTI
Il libro “Once Upon Atari” di Howard Scott Warshaw


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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