Ciao, amici! Lo sapete che quest’anno sono 35 anni che LOOM è stato pubblicato? Eh, sì. È uscito sul mercato nel 1990 grazie a LucasArts. Eh, lo so. Ne hanno già parlato per bene in lungo e in largo sull’internet, ma vuoi mettere la soddisfazione di sentire un’analisi di Loom fatta da quel califfo di Domenico Misciagna? Dai, come potete perdervelo?! Guardate, vado a comprarvi una birra mentre voi vi sistemate sul prato. Proprio davanti al palco. Se c’è ancora posto vi consiglio di piazzarvi un po’ arretrati, vicino ai cessi chimici ma anche al porchettaro, ché abbiamo già un’età e di prendere delle gomitate del costato non ne abbiamo più tanta voglia.
Sì, perché oggi il tema è uno solo: LOOM raccontato da Diduz.
Ma, a proposito, Diduz è ancora nostro amico? È sempre quel gran drago che ci ha già raccontato di The Dig, Full Throttle e Sam & Max qui in Atariteca? Questo Loom è veramente un’avventura così buona come molti sostengono?
Eh, non lo so, amici. Non lo so. Come ve lo posso dire io? Ho invitato Diduz apposta per dirvelo!
Ricapitoliamo: c’è un mondo di pura fantasia, c’è un eroe giovane e inconsapevole, c’è un viaggio che intraprenderà per diventare eroe per davvero. Come la chiamiamo una storia così? Star Wars? No, è LOOM! E come Dorian Gray ha un ritratto di se stesso in soffitta che sta invecchiando al posto suo. Per questo motivo, un gioco così diventa termine di paragone con cui distinguere un’avventura grafica dozzinale da un classico immortale.
In un certo senso è un titolo che taglia tutti quei legami old school (vedi Infocom) che forse ho notato solo io, e che comunque è invecchiato meglio di quasi tutti gli altri.
Buon ascolto.