La STORIA di ATARI (1972 – 2023)

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Non vi raccontano quasi mai la vera storia di com’è Atari adesso. Partono tutti dall’inizio e poi si fermano al 1996. Sono dei Vigliacchi.
O meglio: certo, vi raccontano la formazione, vi raccontano le sperimentazioni, la passione di coloro che ci lavoravano in quei primi anni, ma non vi raccontano mai cos’è realmente diventata Atari adesso: non lo fa nessuno. Non lo fa nemmeno Carlo Santagostino, che voglio dire, lui racconta di tutto. È il tuttologo delle retrocose.
La parte su cui tende a sorvolare la stragrande maggioranza dei narratori – lo fa per rispetto alla memoria, e quando non lo fa finisce per liquidarla in due battute – è quella che accade dopo che Atari arriva alla sua terza morte documentata dopo ventiquattro anni di protagonismo più o meno incisivo nel mercato dei videogiochi. È il 1996 e le sue spoglie vengono cedute a un produttore di dischi rigidi chiamato JTS.
Ma cerchiamo di combinare i pezzi del puzzle in modo da comporre un’immagine chiara del prima, del durante, e del dopo.

Io amo Atari. Sono profondamente affezionato al marchio. Non so se si nota ma ho chiamato questo podcast Atariteca. Ci sarà un buon motivo, no? E quando ripenso alla storia di Atari non posso fare a meno di fare un parallelismo con la saga di Star Wars. C’è una trilogia originale, quella di George Lucas ( quella amata da tutti ) e c’è una nuova trilogia Disney, quella controversa e bistrattata da tutti ). Ecco. Fino al 1996 avremo l’Atari di George Lucas. Dal 1996 in po’ c’è la l’Atari di Disney.
Ma cominciamo dall’inizio.

Atari Inc. (72 – 76)

L’originale Atari Inc. viene fondata nel 1972 dal signor Nolan Bushnell ( al quale il sottoscritto ha stretto personalmente la mano a Lucca e dedicato una dettagliata extrateca che ve la raccomando) e Ted Dabney. Nasce come società di ingegneria arcade, e si occupa principalmente di flipper e del primordiale mercato dei videogiochi. Dopo essersi avvicinata alle principali aziende di macchine coin-op dell’epoca per farsi produrre e distribuire il proprio nuovo videogioco arcade, Pong, incontra resistenza a causa della mancanza di fiducia e visione degli interlocutori. Subito dopo aver deciso di produrre e distribuire i propri giochi in autonomia, Bushnell e Dabney vincono la scommessa e la mania dei videogiochi dilaga proprio con Atari Inc in prima linea.

La storia

Nel 1975, Atari Inc entra nel mercato dell’elettronica di consumo portando il suo Pong nei salotti dei videogiocatori, e così facendo attira l’attenzione del colosso dei media, Warner Communications. Nel 1976 le due società raggiungono un accordo e la Warner Communications acquista Atari Inc a titolo definitivo, trasformandola presto nella prima forza chiave della nascente industria dei videogiochi. Ecco, qui siamo di fronte alla prima morte documentata di Atari. La Atari di Bushnell muore lentamente sotto i colpi dei colletti bianchi di Warner. cessa di essere l’azienda hippie voluta dal suo fondatore e acquista una struttura rigidamente aziendale, con ruoli e orari ben precisi da rispettare. Diverrà una società più commerciale che ingegneristica e questo porterà molto personale a migrare verso altri lidi o meglio, a uscirne per mettersi in proprio cercando così di ritrovare quell’autonomia e libertà creativa che adesso viene tassativamente negata. Tornando al metaforone che ho fatto in premessa: è come se assistessimo al termine del film “Una nuova Speranza“. Un film fresco, innovativo e originale per assistere all’inizio di un nuovo film, diverso, più magniloquente, universalmente definito il migliore: “L’impero Colpisce Ancora”.

Atari Inc. (76 – 84)

Durante questo film l’azienda si affermata con la console VCS, inizia presto ad espandersi agli home computer e avvia ricerche in altri settori basati sull’elettronica di consumo. Anche grazie ad un poderoso impegno nel marketing, nel 1982, Atari Inc guadagna oltre 2 miliardi di dollari e rappresenta il 65% dei profitti di Warner. Dal canto suo, per supportare la crescita di Atari, Warner sfrutta saggiamente le sue altre risorse aziendali avviando lucrose partnership con le affiliate DC Comics e Warner Bros. Studios.

Il trionfo

Tuttavia, nel 1983 il mercato dei videogiochi collassa e la crisi investe tutti i protagonisti. Atari Inc, avendo la più ampia percentuale di vendite è quella colpita più duramente. Di fronte al crollo, Warner decide di scindere Atari Inc in 2, vendendo subito la sua divisione Consumer all’ex fondatore di Commodore, Jack Tramiel, e nonostante inizialmente mantenesse il possesso della divisione arcade, alla fine cede anche quella a Namco. Questa è la seconda morte documentata di Atari. L’azienda viene smembrata e i licenziamenti di massa la portano a contare centinaia di dipendenti partendo dall’ordine delle decine di migliaia. Subisce una robusta iniezione di personale ex-Commodore e quasi nessun talento dell’incarnazione precedente sceglie di restare, e se lo fa, sceglie la divisione arcade: Atari Games. È La fine del più bel film di Star Wars mai fatto e l’inizio del capitolo originale più controverso ma non per questo sgradevole: “Il Ritorno Dello Jedi“.

Atari Corp. (84 – 96)

Nel 1984, amalgamando la divisione Consumer di Atari con la sua compagnia, la Tramiel Technology,  Jack fonda Atari Corporation che inizialmente si concentra sulla vendita del grande stock di magazzino dei vecchi prodotti Atari, taglia i progetti in corso, abbandona i nuovi prodotti in sviluppo e licenzia molto personale indesiderato, dopodiché entra a capofitto nell’emergente settore dei personal computer a 16 bit con l’Atari ST, le cui molteplici incarnazioni sono rimaste il prodotto principale dell’azienda almeno fino all’inizio degli anni novanta.


Lungo la strada Tramiel si è anche dilettato con i videogiochi, rilasciando sul mercato con due anni di ritardo la console 7800 precedentemente prodotta da Atari Inc, e anche rilasciando la portatile Lynx prodotta esternamente da Epyx, il primo sistema di gioco portatile a colori del settore.
Ma nel 1993 è ormai chiaro che Atari Corp stia perdendo sempre più quote di mercato a favore dei PC compatibili basati su DOS e dell’emergente accoppiata Windows/Intel ormai lanciatissima dopo il rilascio, giusto l’anno prima, di Windows 3.1. Che fare, allora?
Atari Corp. sposta tutti i suoi sforzi su quello che alla fine per molti anni diviene il suo ultimo prodotto, la console Jaguar, ma viene presto colpita e affondata dall’uscita della PlayStation di Sony, la quale, dal 1994 in poi, semplicemente conquisterà il mondo.
Dal 1995 in poi, le ultime vestigia di quella che rimarrà nota a molti come una delle “vere” Atari iniziano a declinare. Dopo essere stato richiamato dalla pensione per dirigere Atari Corp in seguito all’infarto di suo figlio Sam, Jack Tramiel decide di chiudere l’azienda e approfitta di un’offerta di fusione con il produttore di dischi rigidi JT Storage.
La verità è che Atari Corp ha recentemente ricevuto una robusta iniezione finanziaria da una serie di accordi andati per il meglio e una serie di processi per violazione del copyright vinti, il che la rende un partner molto ricco e attraente per JT Storage. In questo modo l’emergente produttore di hard disk, con una sola mossa, risana il suo bilancio e permette a Tramiel di ritirarsi sedendosi comodamente nel consiglio di amministrazione di JTS senza dover affrontare lo sforzo di rimanere nel mercato dei videogiochi con la Jaguar fallita o addirittura tentare di competere sprecando soldi in un campo ormai dominato dalle console Sony, Nintendo e SEGA, così come il mercato dei computer è dominato da Microsoft, Intel e IBM.
Quindi, dopo che gli azionisti approvano l’operazione, Atari Corp attua una fusione inversa con JTS diventando una divisione all’interno della nuova società JTS CORPORATION e di fatto scomparendo dal mercato.
Eccoci arrivati alla terza morte documentata di Atari. È una morte certa, definitiva. Il fattore umano viene praticamente azzerato. Il personale che non scappa o non viene licenziato ( meno di una decina di persone )  è assorbito in JTS Corp. per dedicarsi ad altre mansioni. Sono veramente le comiche finali, e di un’azienda palpitante e creativa rimane solo una lapide sotto la quale seppellire tutte le proprietà intellettuali. È come quando George Lucas ha venduto tutto. Il prossimo film sarà un tentativo di imitazione, un cercare di riproporre qualcosa che ormai non c’è più nascondendosi dietro a un marchio. La prossima Atari che vedremo sarà come “Il Risveglio della forza“.

Son bagnate le mie mani, sono lacrime d’amor…

JTS Corp. inizia subito a vendere esternamente alcuni brevetti Atari, ma nel giro di un solo anno diviene chiaro che uno dei principi chiave alla base dell’approvazione della fusione non viene rispettato, ovvero: continuare a rilasciare sul mercato prodotti originali marchiati Atari.
Non avendo più sviluppatori interni, JTS concede in licenza a Interplay l’IP di Tempest che a sua volta delega High Voltage Software di portare una nuova versione del gioco su Ps1. Esce quindi Tempest X3, fondamentalmente una conversione di Tempest 2000 per la console di casa Sony che lascia tutti un po’ freddi, anche lo stesso Jeff Minter.
Sotto JTS arriverà anche una versione di Battlezone sviluppata da Activision ma che arriverà troppo tardi, nel 1998. Temendo quindi azioni legali da parte dei suoi stessi azionisti e affrontando problemi finanziari a causa del mancato successo nel mercato delle unità a disco, JTS vende le proprietà Atari ad Hasbro per 5 miseri milioni di paperdollari, principalmente per farle acquisire i diritti sul nome Atari, e Hasbro procede a incorporarla sotto la sua divisione Hasbro Interactive, rinominando la holding Atari Interactive.
Eccoci alla quarta morte certificata di Atari. Una morte in coma, inconsapevole e quasi indolore. Solo una spina che si stacca e un cadavere che viene trasferito in un altro luogo. Un luogo più freddo e silenzioso: l’obitorio. È l’inizo de “Gli Ultimi Jedi“.

Atari Interactive (98 – 03)

Ritoccando anche l’aspetto del logo, Hasbro procede a rilasciare dei videogiochi remake in 3D sotto l’etichetta Atari. Ad Atari Interactive infatti si devono una nuova versione di Asteroids per PSX sviluppata da Activision ( Ip già acquisito sotto JTS ) e una di Centipede per PC/PSX, oltre che la pubblicazione di collection oldies, porting su console portatili, vari remake e presunti sequel tra cui Tetris e Missile Command, Galaga: destination earth e Frogger2.
Addirittura il 14 Maggio 1999 passa alla storia come l’indipendence day del Jagur. È infatti il giorno in cui Hasbro Interactive, tramite il suo capo del marketing per la Business Unit Atari, Richard Cleveland, annuncia il rilascio di tutti i diritti riguardanti la piattaforma hardware Jaguar, consentendo agli sviluppatori di creare e pubblicare software per Jaguar senza dover ottenere un accordo di licenza con Hasbro Interactive.

Fa cagare

Bistrattata quanto volete ma c’è quindi del fermento sotto la gestione Hasbro, niente di trascendentale ma perlomeno la volontà di proporre qualcosa di vecchio sotto una nuova veste che possa definirsi originale e provare a far sopravvivere i vecchi IP sulle nuove piattaforme, questo fino a quando gli affari non cominciano ad andare male in conseguenza dello scoppio della bolla dot-com all’inizio degli anni 2000. A quel punto, viste le fosche prospettive, Hasbro si libera dell’intera divisione Hasbro/Atari Interactive vendendola a Infogrames, una software house francese adesso diventata un enorme holding che raduna sotto il suo ombrello molte importanti realtà videoludiche fra cui Ocean Software, Accolade e Microprose. Nel processo di acquisizione, Atari Interactive cambia nome in Infogrames Interactive.
È la quinta morte certificata di Atari e più che morte è qualcosa che sta a metà fra il vilipendio di cadavere e il traffico di reliquie sacre. Non c’è neanche più un cadavere, per la verità, solo la sua memoria, ed è su quello che viene costruito un mercimonio vergognoso, forse è solo un pretesto per portare avanti con orgoglio il nome di una casata decaduta da secoli, senza eredi di sangue riconosciuti ma solo impostori che si susseguono per reclamarne il lascito. Boh?  È l’inizio del film “L’ascesa di Skywalker“.

Atari Interactive / Atari Inc. (03 – 23 )

Ma adesso spendiamo due parole su Infogrames.
Vedete, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni ’00, Infogrames è una società aggressivamente espansiva ed ha come fine ultimo quello di acquisire diversi editori e marchi di grande rilievo nel tentativo di rivaleggiare con EA. La più importante di queste acquisizioni è senza dubbio l’acquisto dell’editore americano GT Interactive. La qual cosa rappresenta un punto di svolta per Infogrames dato che proprio tramite GT Interactive può seriamente ambire a conquistare una grande fetta del lucroso mercato statunitense. Un mercato così grande e così ricco da indurre perfino il cambio di nome a GT Interactive trasformandola in Infogrames North America. E la casa madre, Infogrames SA, inizia a utilizzarla per tutte le sue operazioni di sviluppo e pubblicazione in Nord America. Bene, ma cosa c’entra Atari in tutto questo?
Beh, Una volta ottenuto il marchio Atari, il piano è quello di utilizzare quel nome per associarlo alle attività americane di Infogrames in modo che possa attrarre i videogiocatori più anziani che ancora provano affetto per l’antica gloria del marchio, mentre contemporaneamente prova di fidelizzare i giocatori più giovani che invece hanno più familiarità con Nintendo e Sony.
Quindi, dopo gli esiti positivi di vari sondaggi di mercato, Infogrames procede a rinominare Infogrames Interactive in Atari Interactive, e così fanno anche tutte le filiali mondiali Infogrames diventando spin-off di Atari come, ad esempio, “Atari Europe”. Infogrames North America, l’ex GT Interactive, come tutte le filiali è quindi costretta ad affittare il nome e pagare le royalties alla casa madre francese su tutte le proprietà Atari che utilizza. Successivamente, questa storia finirà perché la filiale americana si ribattezza direttamente Atari Inc ( abbiamo nuovamente una Atari Inc. come all’inizio di tutto!), e questo non può essere che un cattivo auspicio, poiché la storia tende a ripetersi.
Il primo decennio degli anni 2000 sarà infatti il periodo in cui molti giocatori più giovani iniziano a vedere di nuovo il marchio Atari e quel logo distintivo tornare alla ribalta nei giochi dedicati alla loro console.


Dal 2003 in poi, molte confezioni di giochi e vari prodotti riportano fieramente la sigla Atari. Fra molti altri si vedono giochi come Driver 3, Ghostbusters: The Videogame, Enter The Matrix e un nuovo Alone in the Dark nel 2008.
Per quanto riguarda le vecchie glorie di Atari – Pong, Centipede, Tempest, i classici dell’era arcade – quelli sono e rimangono sempre in circolazione. Vengono ripubblicati in varie compilation e su dispositivi mobili negli anni ’00 ma Atari non è più una forza né nella costruzione dell’hardware né nello sviluppo di giochi.

Come per l’originale Atari Inc vent’anni prima, la società inizia una spirale discendente degli utili che colpisce anche la società madre, Infogrames SA.
Durante la prima metà degli anni 2000, per ripianare il bilancio, Infogrames vende gran parte delle sue proprietà acquisite e stipula persino un accordo di credito con il colosso finanziario BlueBay, che finisce per assumere il controllo della stessa Infogrames. Intanto i dirigenti si avvicendano senza riuscire a invertire la tendenza e i problemi continuano a crescere.
Quando Atari Inc viene estromessa anche dal NASDAQ, beh, lì tutti capiscono tutto quello che restava da capire e inizia un’emorragia di personale in cerca di lidi lavorativi più sicuri.
Nel frattempo Atari SA si isola da Atari Inc dal punto di vista legale e si muove per poter condurre le proprie operazioni di pubblicazione e sviluppo in autonomia, rilevando i progetti di sviluppo originali di Atari Inc.

La sesta morte certificata di Atari avviene nel gennaio 2013, quando dichiara bancarotta.
L’Atari che muore nel 2013 non è l’Atari che ha contribuito a definire l’industria dei giochi. In realtà neanche lo era l’Atari che morì nel 1996. Ripensando alla sua storia, sembra che Atari abbia firmato la propria condanna a morte quando si è venduta a Warner Communications; sotto di essa potrebbe aver raggiunto il suo più grande successo finanziario ma la creatività e l’assunzione di rischi che aveva avuto durante la sua prima incarnazione non si rivedranno più in nessuna gestione futura.

Ma cos’è adesso Atari Inc. nella sua settima reincarnazione? È una società facente parte del gruppo Atari S.A. con sede a New York che conta circa 25 impiegati ed è presieduta da un giovane CEO di appena 36 anni, Wade Rosen. La maggior parte dei suoi introiti arrivano dalla vendita di merchandising ma c’è una forte volontà di lasciarsi alle spalle le scelte variegate e azzardate degli ultimi anni per concentrarsi esclusivamente sul gaming e la produzione di videogiochi che, per quanto modesti, riescono nuovamente a legare il brand all’ambito videoludico. I bilanci non lavorano a a favore di questa prospettiva ma la volontà di perseguirla è tanta.

Non posso fare a meno di chiedermi come sarebbero andate le cose se l’acquisizione di Warner non fosse accaduta. Forse Atari sarebbe oggi uno dei giganti fra Sony, Microsoft e Nintendo?
Atari potrebbe non aver inventato i videogiochi, ma ha inventato il business dei videogiochi. Ha plasmato l’idea di cosa fossero i primi giochi: facili da imparare, difficili da padroneggiare e, soprattutto, accessibili a tutti. Intanto riprendetevi i crisantemi. Il marchio è ancora in città.

FONTI

https://www.zippia.com/atari-careers-63486/history/
https://www.eurogamer.net/history-of-atari-article?page=2
https://mcurrent.name/atarihistory/hiac_xi.html
http://web.archive.org/web/20020202110413/http://www.magicnet.net/~yak/zoo.html
http://web.archive.org/web/20091026182214/http://geocities.com/~irata/tx3.html
https://ultimatepopculture.fandom.com/wiki/Atari,_SA#Sell-offs

 


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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