La lunga estate calda di YU SUZUKI e OUTRUN

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Yu Suzuki è una leggenda vera e propria nel settore dei videogiochi. Per oltre vent’anni, è stato il cervello dietro molti dei titoli che hanno fatto la fortuna del marchio Sega. Sia che si tratti del filotto di classici che inanellò negli anni ’80 con Space Harrier, HangOn,OutRun e Afterburner, sia che si parli della striscia di successi nel decennio successivo con la serie Virtua declinata in laqualunque o Shenmue, la sua produzione non è stata seconda a nessuno. In effetti, è stato così determinate per la sua azienda che molti lo collocano sullo stesso piedistallo con il genio di Nintendo, Shigeru Miyamoto. Entrambi sono stati estremamente significativi per le loro rispettive aziende, e senza dubbio, al loro interno hanno raggiunto uno status che pochi sviluppatori possono vantarsi di aver goduto. Insieme al gruppo AM2, il nome di Suzuki associato a un videogioco gli conferisce immediatamente un altissimo livello di riconoscibilità che altri creativi non si sarebbero sognati neanche dopo una sbronza.
Ora, è vero che anche Sega aveva una propria console domestica, ma quando si entrava nei salotti dei videogiocatori, beh, lì il dominio era di Nintendo. La situazione, però, era letteralmente capovolta nelle sale giochi, e dalla metà alla fine degli anni ’80, Sega ne è la regina indiscussa continuando a spingersi sempre oltre in termini di innovazione hardware e grafica all’avanguardia.
In quel periodo, l’uomo dietro ai suoi più grandi successi è proprio lui: Yu Suzuki. Un giovane programmatore e designer di videogiochi i cui primi sforzi includono Champion Boxing, sviluppato per la console SG-1000 e venuto talmente bene, ma talmente bene, che successivamente viene portato in sala giochi.

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Yu Suzuki supercool

Uno dei primi videogiochi di Suzuki, Space Harrier, impatta nelle sale giochi nel 1985 che è obiettivamente un momentaccio per i videogiochi in generale. Siamo due anni dopo il crollo del mercato, e la scena arcade inizia il declino delle vendite. La golden age ha già raggiunto il suo apice anni prima grazie ad aziende come Taito, Namco, Atari, ma adesso quei tempi sono definitivamente alle spalle con gran parte dei nomi che avevano sfornato tutti quei giochi innovativi facendo la fortuna degli operatori del settore.
Il fatto è che, fra l’82 e l’84, il progresso tecnologico dei videogames si è un po’impantanato e i giocatori arcade iniziano a perdere interesse ( non come i giocatori casalinghi, questo è certo, ma la crisi si sente anche in sala giochi, via ).
Ovviamente non tutto è perduto. Nintendo ha appena lanciato il suo sistema di intrattenimento Famicom che in Giappone sta vendendo un botto e questo sta già riportando milioni di videogiocatori davanti ai loro televisori proprio come aveva già fatto Atari con la sua console 2600 prima del grande crollo del settore.
Nonostante tutto, però, le sale giochi continuano a tenere botta e con l’aiuto di aziende come Capcom e Sega, l’Arcade Gaming mantiene la sua rilevanza che toccherà perfino un altro picco di popolarità nella prima parte degli anni ’90.
E finalmente eccoci qui, nel 1986, a parlare di OutRun. Una simulazione di guida marchiata Suzuki che segue a ruota quell’altra simulazione di guida, però di moto, che sempre il bravo Yu ci aveva regalato un anno prima: Hang On.
Ok. Vi faccio entrare in situazione. C’è stato un tempo, prima che OutRun uscisse nel settembre 1986, in cui il punto di riferimento per i videogiochi di guida era Pole Position, gioco pregevolissimo di Namco uscito nel 1982 con una serie di innovazioni come: grafica pseudo-3D coloratissima, prospettiva isometrica invece che la solita visuale dall’alto, un giro di qualificazione, una pista basata su un circuito reale, un mobiletto cockpit con seduta, volante e cambio. Era competitivo e spietato: se colpivi un altro pilota o un ostacolo sul ciglio della strada, la tua macchina di F1 ti esplodeva letteralmente in faccia.
Poi arriva OutRun che non è niente del genere. È chill e informale, offre una guida piacevole più che una vera gara. Ha magnifici cieli azzurri ( vabbè, anche Pole Position ce li aveva), paesaggi mozzafiato e una Ferrari decappottabile. Più che impegnativo si presenta come un gioco accogliente. È lì che ti dice: « Gioca con me! Sono in grado di farti guidare una Ferrari con una mano sola, e ti piazzo una bellissima bionda accanto. Guarda, se vuoi puoi anche scegliere la musica dell’autoradio mentre fai mangiare la polvere agli avversari. Eh dai. Inserisci quella monetina! Ti faccio correre senza pensieri. Ti faccio correre per il gusto di farlo! E daje. E provalo questo gioco. È Sega! ».
Chiariamoci. Suzuki è uno sviluppatore di giochi eccentrico anche per gli standard giapponesi, eh?! Adora le macchine veloci e il film con Burt Reynolds “The Cannonball Run”, che poi quel film è la sua ispirazione: «L’impulso principale dietro la creazione di OutRun è stato il mio amore per un film intitolato The Cannonball Run. Ho pensato che sarebbe stato bello realizzare un gioco simile. Il film si svolge attraversando l’America, quindi ho deciso di seguire lo stesso percorso e riprodurlo nel videogioco, ma una volta organizzato tutto, mi sono reso conto che i panorami lungo la strada in realtà non cambiavano molto ( era principalmente deserto ), quindi ho rivisto il mio piano e ho deciso di ispirarmi e informarmi sulle ambientazioni europee…».

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Il supereroe di cui tutti abbiamo bisogno

Durante gli anni Novanta, l’approccio anticonformista allo sviluppo di Suzuki sarebbe diventato una pratica normalmente accettata, ma a metà degli anni Ottanta… eeeh… sta facendo le cose in modo parecchio interessante. Quale altro sviluppatore di videogiochi ha prima viaggiato in giro per il mondo solo per assicurarsi che il suo gioco sarebbe venuto nel migliore dei modi? Chi altri? Nessuno! Lui era il primo!
Così, i piani di Suzuki culminano in un’avventura di ricerca tutta europea. «Raccoglievo informazioni con una videocamera, una macchina fotografica e altre attrezzature. Sono partito da Francoforte, dove ho noleggiato un’auto, una BMW 520i ( volevo una Ferrari ma era troppo costosa e nella Porche non entravano tutti i bagagli ) e ci ho installato sopra una videocamera. Ho girato Monaco e Monte Carlo, ho percorso le strade di montagna in Svizzera, fermandomi in alberghi a Milano, Venezia e Roma, raccogliendo dati per due settimane. Ho tanti ricordi felici di quel viaggio. Ho visitato molti i posti e in parecchi di essi in pochi riuscivano a parlare in inglese: una volta, al ristorante, pensavo di aver chiesto un piatto di zuppa e invece me ne hanno portati quattro!»

cameriere mi sono macchiato

Il risultato è un’istantanea videoludica della metà degli anni Ottanta con molte concessioni al lusso imperante di quel decennio, il tutto accompagnato da una colonna sonora ispiratrice in cui l’unico accenno di malinconia arriva oltre il checkpoint finale, mentre il pezzo “Last Wave” sfuma piano piano. Signore e signori, questo è OutRun.
In conseguenza a questo, i livelli del gioco offrono una bizzarra interpretazione giapponese della geografia europea, un’interpretazione dolcemente introdotta al giocatore dall’autostrada costiera di una virtuale costa Azzurra che apre il gioco: è quello il livello preferito di Suzuki. il primo.

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Tuttavia, sono stati imposti alcuni limiti che non riguardano solo la velocità. Le risorse di Sega non sono infinite e all’epoca la tecnologia a disposizione di Suzuki, sebbene spaventosamente potente rispetto tutto l’altro hardware di metà anni Ottanta, non dispone di memoria sufficiente per realizzare tutti i suoi sogni. Come conseguenza di questi e altri fattori, oltre che con la solita, cronica mancanza di tempo, Yu è stato costretto a scendere a compromessi anche nello sviluppo e rinuncia a qualche cosa. Si scopre che questi tagli non hanno comportato dei grandi danni al gameplay, tuttavia Suzuki ne è scontento: «Sono riuscito a inserire solo circa la metà delle cose che volevo fare», afferma. « Avevo preparato otto personaggi individuali da scegliere e a ogni checkpoint volevo includere vari eventi che avrebbero fatto vivere al giocatore una storia; qualcosa come nel film “Cannonball Run”. Volevo anche dare la possibilità al giocatore di scegliere varie supercar da guidare, in modo che potesse apprezzare le differenze nelle prestazioni.»

L’auspicato garage di Ferrari disponibili di Suzuki alla fine verrà realizzato quasi alla perfezione in OutRun 2 del 2003, ma per il gioco originale si è dovuto accontentare di una sola Ferrari. «Naturalmente desideravo le Ferrari», dice Suzuki. «Soprattutto la Testarossa 12 cilindri che era la Ferrari più chiacchierata dell’epoca. La prima volta che ho visto quell’auto è stato a Monaco, e sono rimasto commosso dalla sua bellezza – ho pensato: “non c’è scelta: questa è l’unica”. Ci sono molte altre Ferrari affascinanti, certo, ma i problemi di memoria hanno reso impossibile includerle, quindi abbiamo scelto la Testarossa a 12 cilindri.»

Al suo ritorno in Giappone, Yu Suzuki e il suo team decidono di condurre ulteriori ricerche. Yu ha già un’idea dello scenario e dell’ambiente grazie al suo road trip attraverso l’Europa ma non sa praticamente nulla della macchina in sé; il prossimo obiettivo del suo team è quindi quello di saperne di più sulla Ferrari Testarossa, ma c’è un problema: solo un piccolo numero di Testarossa è stato venduto in Giappone e trovare un proprietario disponibile ad aiutarli si dimostra un’impresa complicata. Alla fine, cinque membri del team si infilano a forza dentro a un’utilitaria e guidano per tre ore per poter vedere la Testarossa di un privato. Quando raggiungono il posto, scattano foto da ogni lato, una a intervalli di cinque gradi, e registrano anche suono del motore!
Che dire? Il lavoro di Suzuki su OutRun è a dir poco riflessivo e coscienzioso, un modello di design. Addirittura tiene sempre un blocco note e un registratore accanto al suo letto, in modo da poter rapidamente annotare tutte le idee che potevano venirgli in sogno, ed ha pensato a tutto!
Ad esempio, non è un caso che il tratto di strada del primo livello sia praticamente privo di traffico: lo ha preparato così per non rischiare di scoraggiare i giocatori con troppe collisioni all’inizio del gioco. Anche le esplosioni tra i veicoli, nonostante siano prevalenti nei giochi di corse prima dell’era OutRun ( ricordate Pole Position?), non sono gradite a Suzuki che, deliberatamente, le omette sia qui che in Hang-On. Insomma, il gioco di Suzuki si preannuncia estremamente diverso dagli altri videogiochi di guida del tempo. È più una corsa contro il tempo piuttosto che una gara per la supremazia, e la sua intenzione è quella fare un gioco dove chi è bravo a guidare una vera macchina abbia buone probabilità di esserlo altrettanto nel videogioco. Per creare questa impressione, Suzuki costruisce un modello di guida basato su parametri reali come coppia, potenza e grip dei pneumatici, che rende i controlli soddisfacenti e mai frustranti.
Per la grafica, utilizza la solita tecnologia Super Scaler facendo in modo che oggetti come la strada o gli alberi arrivino al giocatore molto velocemente. Suzuki l’aveva usato in precedenza in Hang On, ma il numero di elementi in Out Run è molto più alto, creando un mondo più pieno e più dettagliato. L’hardware arcade di Sega all’epoca era l’apice tecnico e artistico della tecnologia di ridimensionamento dello sprite.

 

La festa visiva è accompagnata da una colonna sonora così bella che alla fine, nel corso degli anni, ha preso vita propria e ha generato un intero sottogenere di musica elettronica, giustamente chiamato “OutRun”. Le tre tracce principali – “Splash Wave”, “Passing Breeze” e “Magical Sound Shower” – sono state remixate, riproposte e rivisitate all’infinito attraverso ogni strumento e stile musicale. Sono tutti pezzi scritti da Hiroshi ‘Hiro’ Kawaguchi, la cui collaborazione con Suzuki era iniziata con Hang On. «Ho composto la musica basata sull’idea di ciò che volevo ascoltare mentre guidavo, e sono molto felice che ai miei fan sia piaciuto così tanto da mixarla, suonarla e ascoltarla ancora oggi.»
La musica è così importante che è la prima cosa che il giocatore incontra subito dopo aver premuto il pulsante “start” e la può selezionare tramite un’autoradio. «…C’era anche un piano per mostrare diverse cassette per i diversi pezzi ( le cassette all’epoca erano il mainstream ), ma è stato respinto a causa della quantità di memoria che avrebbe occupato mostrarle. Al suo posto abbiamo creato un’interfaccia elegante in cui una mano gira la manopola dell’autoradio » dice Kawaguchi ricordando che anche l’idea dei due altoparlanti posizionati nel poggiatesta del cabinet deluxe è sua.

 

Una cosa sorprendente di Out Run è il fatto che l’uso dell’immagine della Ferrari Testarossa non sia mai stato ufficialmente autorizzato da Ferrari stessa. Per un gioco che ha venduto 30.000 cabinati in tutto il mondo e milioni di copie in conversioni domestiche, sentirlo dire adesso, nel 2023, è sconcertante. Suzuki e Sega rifiutano di commentare la cosa, ma le teorie su ciò che potrebbe essere successo abbondano. C’è chi dice che Ferrari si sia semplicemente lamentata con Sega ma non abbia mai intrapreso azioni legali, altri affermano che Sega abbia pagato un forfait per evitare il contenzioso in aula. Sì, certo, i successivi giochi Out Run avevano tutti una licenza Ferrari che poi è diventata la regione per cui adesso non si possono più giocare perché, appunto, la licenza è scaduta. L’Out Run originale, d’altra parte, adesso è anche su Nintendo Switch, ma curiosamente il cavallino rampante non c’è più. Vedete voi.

Il finale di Out Run, tuttavia, è il tramonto che fa da sfondo al punteggio più alto, mentre la melodia più delicata del gioco – “The Last Wave” – suona in sottofondo. Lascia in bocca la stessa sensazione agrodolce della fine di una gloriosa estate. Al contrario della realtà, però, qui puoi sempre inserire un’altra moneta e rivivere tutto da capo.

 

FONTI
https://www.phantomriverstone.com/2022/03/interview-with-yu-suzuki-arcade1up.html
https://www.timeextension.com/features/flashback-yu-suzukis-real-life-200kph-drive-to-create-outrun
https://www.retrogamer.net/retro_games80/making-of-outrun/
https://www.wired.co.uk/article/out-run-video-game-design


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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