mr.do!
Nel 1979, alla Universal sognano di guadagnare tanti bei soldoni profumati come i regaz di Taito. Per rendere questo sogno possibile si avventurano nel nascente mercato dei videogames partendo da una buona posizione nel mercato dei pachinko.
Prendono dei cabinati e ci infilando dentro cose, tra cui anche un clone di Space Invaders chiamandolo Cosmic Alien. Tre anni dopo, nelle sale giochi di tutto il mondo si possono trovare vari cabinati della Universal; forse ancora quello di Space Panic; qualche cabinato di Lady Bug; ma sicuramente almeno uno di Mr. Do! che è quello che sta vendendo un botto e sta trainando l’azienda. Un fiume di soldi entra nelle casse di Universal proprio grazie a Mr.Do! che nel 1983, alla vigilia del grande tracollo del settore, si classifica come settimo videogioco in assoluto tra i preferiti dei giocatori nord americani.
Visto l’andazzo, alla Universal decidono di scommettere il futuro della baracca sul pagliaccetto protagonista del loro gioco di punta, e numerosi progetti vengono messi in cantiere per dare continuità al mito. Vari sequel del gioco originale sono pianificati e c’è l’idea di fare addirittura una Laser game!
Ma come ha fatto Mr. Do! a guadagnare così tanti soldi e popolarità? I motivi sono diversi ma una cosa è certa, anche se era impossibile trovarlo nel suo cabinato originale non si può dire che fosse un brutto gioco.
E adesso beccatevi questa sigla.
Molti vecchi merletti della generazione elettronica che hanno vissuto l’età dell’oro dei videogiochi come me, si ricordano benissimo i videogiochi classici come Pac-Man, Asteroids, Defender e Galaga non solo perché adesso fanno parte di qualche pacchetto “nostalgic edition” da videogiocare sulle console moderne, ma come un pezzo genuino e imprescindibile della propria infanzia (o adolescenza, o prima età adulta, vedete voi).
Mentre aziende come Namco, Atari, e Konami sono immediatamente riconoscibili a quasi tutti i giocatori, non molti ricordano il nome della piccola Universal (occhio. Il nome non ha niente a che fare con la casa di produzione cinematografica) che dal 1979 al 1984 sviluppò molti videogiochi per lo più dimenticati, mentre altri, come questo Mr. Do!, si sono guadagnati un posto speciale nel cuore dei videogiocatori.
Ok. Certo. Mr.Do! potrebbe non avere la stessa potenza evocativa di un Pac-Man o di uno Space Invaders ( tutti già sviscerati qui su Atariteca, per altro ); di sicuro non ha generato il business di merchandising di Mario o Sonic, e la maggior parte di chi c’era al tempo se lo ricorda come un clone di Dig Dug, ma tutto questo non cambia il fatto che Mr.Do! fu uno dei grandi successi nella prima età dell’oro del videogioco. Un successo totalmente imputabile ad un pagliaccio.
UFFICI UNIVERSAL: una mattina qualunque del 1981
«Capo, detta così sembra che io sia pazzo» ride Kazutoshi Ueda con la cornetta all’orecchio, «ammetto che qualche dettaglio sia ancora da limare, ma ho elaborato un’idea per quel videogioco che deve assomigliare al Dig Dug della Namco»
«Dimmi pure, Kazutoshi. Sto giusto compilando la tua lettera di licenziamento»
«Haha, forte la battuta, capo»
«Non è una battuta, Kazutoshi»
«…»
«Ah. Allora senta: ho questa idea coraggiosa e rivoluzionaria»
«Come quando mi hai fatto comprare un barile di cimici per i tuoi studi di design per Lady Bug e poi lo hai rovesciato in ufficio?»
«CAZZO! Me l’ero scordata, quella!»
«Io no, Kazutoshi»
«Hm. Questa comunque è un’altra cosa, capo. Prenderemo due piccioni con una fava. Avremo un concept di sicuro successo e lo realizzeremo in massima economia»
«Beh, suona bene! E a quale azienda dovremmo appoggiarci per realizzare una cosa simile?»
«Come a quale, capo?! La nostra! La TAITO!»
«Noi siamo la UNIVERSAL, Kazutoshi»
«E quanti dipendenti abbiamo?»
« In questo momento credo che ne potremmo avere uno di meno»
«…»
«Vabbè, comunque il gioco si chiamerà Mr.Do! ed è molto simile a Dig Dug. A proposito, lei mi aveva chiesto di farlo uguale o solo simile a Dig Dug?»
«Solo simile»
«Bene. Allora non si deve preoccupare, capo. Io sono un genio e ho anche pensato a come ridurre al minimo i costi di produzione» prosegue Kazutoshi «Secondo lei cosa può aver fatto un genio come me in questo caso?»
«Non saprei. Le valigie per la Patagonia?»
«No. Risparmiare sul costo del cabinato e produrre il gioco unicamente sotto forma di kit di conversione! »
«Bravo Kazutoshi. Sto stracciando la tua lettera di licenziamento»
Kazutoshi Ueda dicusses how he created Mr. Do! for Universal in this new Japanese interview via Akiba PC Hotline: https://t.co/hmWffDLKu2 pic.twitter.com/YojWwQlkx4
— John Andersen (@JohnAndersen21) January 30, 2018
Tanto per incominciare vi dico che il designer dietro a Mr.Do! è il signor Kazutoshi Ueda, classe 1954, che entra a far parte di Universal nel 1977, all’età di 23 anni. Il suo primo lavoro in assoluto è ” Lady Bug ” e il suo secondo è proprio “Mr. Do!” dopodiché lascia l’azienda.
Sul motivo per cui lo fa ci arriveremo dopo ma la cosa importante è che Kazuthoshi però non si ritira, no, no, non ci pensa neanche lontanamente e anzi, accetta la proposta di Teken (in seguito ribattezzata Tecmo) e lì progetta molti titoli popolari come “Bomb Jack”, “Solomon’s Key”.
Ma rimaniamo su “Mr. Do!” che è, come detto prima, il suo secondo videogioco.
Come nasce in lui l’idea di fare un gioco del genere? beh, nel 1981 Kazutoshi va a visitare l’AMOA di Chicago per presentare il suo primo lavoro, ” Lady Bug “. Con lui c’è anche il presidente di Universal, Okada, e molti altri pezzi da 90. Proprio sull’aereo che li conduce nella terra dei cowboy il presidente Okada si rivolge a lui dicendo: “Vorrei che il nostro prossimo gioco fosse tipo Dig Dug”.
Kazutoshi ama i giochi di Namco. Conosce benissimo Dig Dug solo che non sa bene come interpretare quella frase: «cioè, devo solo far riferimento a Dig Dig oppure lo devo proprio copiare?». Non osa approfondire il discorso e risponde semplicemente :”Va bene, ci penserò…”, ma in cuor suo sa benissimo che la cosa migliore da fare è creare un videogioco che le persone possano facilmente riconoscere e giocare e poi, onestamente parlando, non è che avesse questa gran voglia di creare qualcosa di originale, eh?! Succederà dopo ma in quel momento non si sente ancora pronto.
Alla fine dell’AMOA, il resto della truppa si trattiene a Chicago per un’altra settimana mentre lui torna subito in Giappone.
Durante quel breve periodo di relativa tranquillità comincia a studiarsi Dig-Dug. “Dig Dug” è un gioco in cui ti muovi scavando un tunnel con il tuo personaggio, fai cadere sassi in testa agli avversari, fai esplodere i nemici con una pompa. Ecco, quei due metodi di attacco, i sassi e la pompa, vale la pena copiarli. Il metodo del sasso lo avrebbe riproposto pari pari sostituendolo con una grossa mela, ma quello con la pompa, eeeeeeeh, farlo identico sarebbe stato una scopiazzatura troppo evidente. C’era il rischi di avere conseguenze legali! Si concentra su questo punto, e l’ispirazione lo raggiunge nel luogo più impensato. Entra nel bagno dell’azienda e in quel momento, dalla finestra, vede una palla rimbalzante che rimane intrappolata nella grondaia della casa accanto. “Ecco fatto!” quello è il momento in cui viene creato “Mr. Do!”. In circa un giorno completa tutta la sua visione, la proposta viene definita in circa un giorno e a lui non rimane che lasciare il progetto sulla scrivania di Okada e aspettare che torni.
Quando il presidente finalmente lo esamina convoca subito Kazutoshi e gli dice: “Tieniti per te le cose originali e gestisci quelle che già funzionano! Non è abbastanza simile a Dig-Dug!” Kazutoshi prende molto male quelle parole. Per lui è una sconfitta personale e in Giappone queste cose non si fanno! Torna quindi dal presidente con la lettera delle sue dimissioni ma anche con una singolare richiesta: “Per favore, fammi fare quest’ultimo gioco. Lascerò l’azienda appena avrò finito di farlo”. Col senno di poi Kazutoshi rimpiange quella decisione, ma sapete com’è, era giovane, era irruento, era GIAPPONESE, Molto giapponese, TROPPO giapponese e quindi…
Rilasciato il 21 settembre 1982, mentre il mondo sta impazzendo per le produzioni arcade di Atari, Bally Midway e Williams, Mr.Do! è figlio di una rampante Universal che lavora dietro le quinte e si fa conoscere con una varietà di sparatutto spaziali in stile Space Invaders accompagnati da un primo largo successo chiamato Lady Bug. Nonostante questo, l’azienda è ancora ben lungi dall’essere un nome riconoscibile in sala giochi. Per questo motivo si decide di mettersi a tavolino per pianificare meticolosamente un videogioco che possa permettere il salto di categoria, prendendo a riferimento un videogioco di successo di quel preciso momento storico: Dig Dug di Namco/Atari.
Come per Dig Dug, in Mr.Do! è necessario scavare gallerie, combattere contro sgargianti nemici, raccogliere golosi frutti per incrementare il proprio punteggio, ma con alcune sostanziali variazioni: invece di un minatore con la tuta da palombaro, il giocatore controlla un piccolo clown. Per difendersi, il pagliaccio non utilizza pompe d’aria ma una powerball che rimbalza in maniera incontrollabile, e i livelli possono essere completati in ben 4 modi che vanno dalla raccolta di tutte le ciliegie, all’uccisione di tutti i nemici, al guadagno di una vita extra e/o di un credito bonus.
Il 1982 termina senza troppi clamori e fa spazio ad un 1983 che, almeno inizialmente, non lascia intravedere grandi margini di successo per Mr.Do!. Poi accade qualcosa di grosso e imprevedibile che cambia completamente le carte in tavola.
Verso la fine del 1983, il mercato dei videogiochi raggiunge il punto di saturazione, arriva il grande crash dei videogames. Quando diviene chiaro che troppi videogiochi spazzatura sono stati commercializzati in seguito alla smania scatenata da Space Invaders, Asteroids, e Pac-Man, i guadagni cominciano a scendere mentre i proventi dei videogiochi più scarsi (o ritenuti tali) precipitano in un burrone. Di colpo, gli operatori coin-op americani si ritrovano nella cacca fin sopra i capelli, con i magazzini pieni dei cabinati più vecchi ai quali nessuno vuole più giocare. Come si poteva uscire da una situazione come quella?
È qui che si inserisce prepotentemente Universal la quale, piuttosto che costringere gli operatori del settore a comprare il suo nuovo cabinato, concede a Taito i diritti per produrre e vendere Mr. Do! unicamente come kit di conversione. Taito prende la palla al balzo e distribuisce un kit destinato a sostituire parti esterne ( il marquee e il pannello di controllo) e la scheda interna dei cabinati meno popolari o rotti, riducendo sostanzialmente il costo del gioco per l’acquirente. Gli operatori, alla disperata ricerca di un modo di svuotare i magazzini pieni di vecchie apparecchiature da sala giochi, accolgono Mr.Do! a braccia aperte attribuendogli un inaspettato successo come alternativa economica a titoli concorrenti più costosi e dando inizio al periodo di grande popolarità dei kit di conversione.
Già verso la metà del 1983, Mr. Do! è un grande successo in tutte le sale giochi del Nord America. Gli operatori che hanno convertito i loro vecchi titoli riportano guadagni molto più alti rispetto alla maggior parte dei giochi nuovi di zecca pubblicati nello stesso periodo.
Alla Universal brindano con caviale e champagne vendendo più di trentamila kit di conversione, il che si traduce in due fatti concreti: A) Il gioco che molti percepiscono come un clone di Dig Dug è in realtà molto più diffuso rispetto a Dig Dug stesso. B) Il successo del kit di conversione come soluzione di mercato traccia una nuova direzione per l’intera industria dei videogiochi.
Così, mentre i guadagni del settore continuano a calare, sempre più aziende cominciano a offrire nuovi videogiochi sotto forma di kit per l’ammodernamento di vecchi titoli.
Nintendo ne prende atto e rilascia kit per Mario Bros., Donkey Kong 3, e il VS. Unisystem per convertire le vecchie macchine di Donkey Kong e Popeye. Anche Bally Midway e Atari seguono a ruota.
La storia ci racconta che in seguito al crash dei videogiochi del 1983 parecchie società produttrici di videogiochi scomparvero. Quelle sopravvissute continuarono a fabbricare e vendere qualche cabinato, ma altrettanto fecero con i kit di conversione che, al contrario, vennero prodotti in numero enorme. Addirittura, lo stesso Street Fighter II: The World Warrior del 1991 di Capcom, spesso citato come il gioco che diede il via alla seconda età dell’oro dei videogiochi arcade negli anni ’90, arrivò come kit di conversione, dimostrando ancora una volta che un videogioco poteva essere un grande successo indipendentemente dal fatto di essere inserito in un cabinato originale.
I collezionisti di giochi arcade odiano i kit di conversione, e quindi odiano Mr. Do! che è stato il gioco a scatenare la pratica comune di trasformare i vecchi cabinati classici in titoli più recenti. Tuttavia, senza i kit di conversione, il settore dei videogiochi americano si sarebbe schiantato ancora più duramente di quanto non fece e forse avrebbe rischiato di morire definitivamente. È un dato di fatto che la maggior parte degli operatori arcade riuscirono a sopravvivere a quel terribile momento proprio grazie all’impiego massiccio dei kit di conversione.
Per questo motivo, sia i giocatori che gli operatori non dovrebbero che ringraziare Universal e il suo Mr.Do!. Come gioco è ancora ottimo e adatto a tutte le età, proprio come Pac-man. Come kit di conversione, è arrivato al momento giusto, riuscendo a cambiare per sempre il modo in cui il settore dei videogiochi arcade si rapportava con sé stesso.
Dite quello che volete ma Dig Dug non è riuscito a fare così tanto.
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