ALONE IN THE DARK e Frederick Raynal – Nessuna criminosa paternità

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È davvero facile giocare ad Alone in the Dark e dire che ha ispirato Resident Evil, voglio dire, l’ho fatto anch’io nella puntata più ascoltata dello scorso anno, la numero 102, quella appunto dedicata a RESIDENT EVIL.
Ma sarebbe riduttivo chiuderla lì anche perché il prossimo 20 Marzo l’editore THQ Nordic rilascerà un nuovo capitolo della saga e le domande che si innescano sono tante: una di queste riguarda sicuramente il perché un franchise di Atari sia nelle mani di THQ Nordic. Cerchiamo di ricordare le origini di questo gioco e schiarirci un po’ le idee prima di acquistare il nuovo capitolo su Steam.

 

Come già detto nell’intro, fermarsi a definire Alone In The Dark come un semplice ispiratore di Resident Evil è estremamente riduttivo. Significherebbe negarsi la storia di come un uomo, con il suo amore per i computer e i film horror, abbia costruito le basi del survival horror con la serie di videogiochi più polarizzante della storia.

Nato nel 1966 nella città centro-meridionale francese di Brive-la-Gaillarde , quell’uomo è Frederick Raynal che prima di unirsi a Infogrames e guidare un piccolo team nella creazione di Alone In the Dark, a poco più di vent’anni, lavora nel negozio di riparazione computer e noleggio video di suo padre ( noleggio video VHS, questa è una parte importante di tutta la nostra storia ). In questo negozio, circondato da computer e videoregistratori, Frederick si diletta anche di programmazione ed è il punto di partenza perfetto per una notevole carriera nello sviluppo dei videogiochi. Già al liceo si era cimentato nel game design creando progetti funzionanti sullo ZX81. E proprio mentre lavora nel negozio di suo padre, nel 1988 sviluppa “Popcorn” rilasciandolo gratuitamente su una BBS giusto prima di partire miliare. Popcorn è un clone di Breakout che cavalca la moda rilanciata da Arkanoid in sala giochi appena due anni prima. È un ottimo gioco per Pc e, soprattutto, è gratuito. ben presto si diffonde nelle BBS come fosse un virus e la sua popolarità esplode suscitando l’interesse di una neonata software house attualmente conosciuta col nome di Atari, ma al tempo ancora nota con il suo vero nome, quello originale: Infogrames.

 

Quando Frederick non programma, ripara i computer nel negozio di papà. «Il negozio di mio padre era anche un negozio di noleggio di cassette video VHS e ci lavoravo giorno e notte; quando non programmavo, guardavo film.»
Eccoci. È qui che vi voglio. Quando Il ventenne Frederick non programma, guarda tutti i film su cui riesce a mettere le mani, ed è particolarmente attratto dai film horror di registi come Dario Argento e George Romero. «Di solito, i miei film preferiti raccontavano di un ragazzo, o un gruppo di ragazzi, che entravano in un ambiente particolare per poi cercare di sopravviverci».
Così quando Raynal termina il suo servizio militare nell’estate del 1989, la sua reputazione come creatore di Popcorn lo precede e la maggior parte delle aziende francesi dell’industria dei videogiochi sono ansiose di offrirgli un lavoro.

Infogrames, con sede a Lione, in quel momento il più importante editore francese in assoluto, incontra la sua preferenza soprattutto grazie alla vicinanza alla sua città natale, ma quasi subito Raynal si rende conto che la compagnia a cui ha deciso di unirsi non è messa poi così bene. A causa di un’ambiziosa espansione in molti mercati europei che non ha dato i frutti sperati, Infogrames è quasi sull’orlo della bancarotta. La situazione è talmente precaria che Bruno Bonnell, cofondatore e amministratore delegato di Infogrames, vuole vendere l’azienda a Epyx, ma l’accordo salta quando gli americani danno una prima occhiata ai libri contabili. Così Bonnell deve tagliare drasticamente i costi al solo scopo di sopravvivere, e ora, dopo aver tamponato la parte peggiore dell’emorragia, sa di aver bisogno di quanti più programmatori di talento possibile per ricostruire la sua azienda, in particolare programmatori come Raynal, che non siano particolarmente assertivi e abbastanza ingenui da lavorare a buon mercato. Raynal viene quindi assunto come programmatore di porting, un lavoro poco affascinante ma assolutamente essenziale in un mercato europeo che non si è ancora consolidato attorno a un’unica piattaforma informatica.

Bruno Bonnel. Il grande imprenditore del videogioco francese

Come uomo Bonnell è il contrario di Raynal, ossia è l’esatto opposto del nerd ossessionato dai computer che ha appena assunto; ha una personalità enorme che lascia il segno in ogni aspetto della vita in Infogrames. Crede che la sua creatività sia uguale a quella di chiunque altro si trovi a lavorare per lui, e non si perita di proporre idee per i videogiochi al suo staff. Ne ha giusto una in testa che vorrebbe realizzare: la chiama In the Dark, e il titolo deve essere preso alla lettera. Il giocatore vaga in un ambiente completamente buio, producendo un flash luminoso occasionale di pochi disponibili, e per il resto si deve affidare interamente al sonoro per orientarsi. Bonnell e Raynal non sono affatto amici del cuore, non lo sono allora né lo saranno mai, ma questa idea colpisce il giovane programmatore. Essendo lui un fan dei registi horror come Dario Argento e George Romero, desidera da tempo creare un gioco d’orrore, e così chiede a Bonnell se può guidare il progetto. E già che c’è propone anche che il gioco venga realizzato utilizzando la grafica poligonale 3D.

Non è un caso che Raynal lo proponga, in Infogrames ha lavorato su vari porting PC di giochi Amiga e Atari, tra cui Alpha Waves, un titolo considerato da molti come rivoluzionario nella gestione della grafica 3D, e in verità non è l’unico programmatore europeo così interessato al 3D perché in quel periodo è una tendenza inseguita da molti. Il motivo dell’infatuazione europea per il 3D riflette la disparità di risorse informatiche a disposizione fra programmatori europei e americani. Le aziende americane in questo periodo impiegano team sempre più grandi, che riempiono di dati quantità di floppy disk – che presto diventeranno CD-ROM – con bellissime illustrazioni disegnate a mano e persino frammenti digitalizzati di video live action. Le aziende europee, invece, non hanno risorse per competere con gli americani ma la grafica 3D, eeeh, la grafica 3D generata proceduralmente può offrire una valida alternativa. Non è ancora così straordinariamente fotorealistica come la pixel art disegnata a mano o i video in full-motion, ma può offrire ambienti molto più flessibili, interattivi e coinvolgenti, soprattutto se abbinati a un occhio francese per l’estetica e un certo fascino per l’astratto.

Questa, è quindi la strada che Raynal sceglie di percorrere. È un compito arduo per un singolo programmatore. Non solo deve creare  un motore 3D funzionale da zero, ma le realtà del mercato europeo richiede che funzioni su una macchina di classe 80286, un hardware che gli americani ormai considerano obsoleto. E infatti Bonnell ritiene che, date le limitazioni tecniche dell’epoca, un gioco del genere non si possa proprio fare, e così permette a Raynal di lavorarci sopra solo di notte e nei fine settimana, chiedendogli di impegnare le sue giornate lavorative su un porting di SimCity per il Commodore CDTV .

Nonostante queste difficoltà, però, Raynal è determinato a realizzare il suo gioco horror e con l’aiuto del collega dipendente di Infogrames, Didier Chanfray, si mette subito al lavoro. Spiega la sua visione a Chanfray, e lui realizza un concept art in chiaroscuro di una figura solitaria che regge una lanterna all’estremità di un inquietante corridoio di una villa. Quell’immagine resterà scolpita nell’immaginario di Raynal e appesa nel suo ufficio per tutta la sua permanenza in Infogrames.

Ma è solo nel 1991 che ha Frederick viene concessa la possibilità di mostrare al mondo la sua visione. Infogrames acquisisce i diritti per adattare il gioco di ruolo Call of Cthulhu dell’editore Chaosium (un board game basato sulla cosmologia creata da H. P. Lovecraft ed in particolare sull’omonima storia Il Richiamo di Cthulhu) in una serie di videogiochi. Bonnell crede che una cosa del genere possa avere successo, sia in Francia che altrove, mentre Frédérick Raynal rimane affascinato da quell’idea ed è un grande paradosso perché alla fine Infogrames, pur possedendole,  non avrebbe utilizzato le proprietà intellettuali di Lovecraft; né avrebbe trasposto direttamente una delle sue storie nel gioco. Come gli innumerevoli creatori di giochi e storie lovecraftiani che li avrebbero seguiti, Infogrames avrebbero invece attinto allo spirito e allo stile horror dell’autore, includendo solo alcuni dei suoi oggetti di scena più indelebili, come, per esempio, il libro proibito della tradizione occulta noto come Necronomicon.

E così, il primo gioco lovecraftiano che Infogrames avrebbe mai realizzato sarebbe stato, ovviamente, lo stesso gioco su cui Frédérick Raynal aveva trascorso l’ultimo anno circa durante il suo tempo libero. Chi aveva visto il suo motore grafico lo aveva definito miracoloso, magico, un alchimia stregonesca irripetibile, e quando la notizia arrivò finalmente alle orecchie di Bonnell, la maggior parte dello staff di Infogrames già stava parlando del gioco di Raynal come se fosse la seconda venuta di Cristo. Anche se non era la trasposizione fedele del gioco da tavolo di Chaosium, applicava l’inquietante estetica visiva di Lovecraft. Ok, è vero, sarebbe stato una specie di Call of Cthulhu solo concettualmente : il motore 3D che Raynal ha creato, così cinetico, così generativo in tempo reale, sarebbe stato sprecato per adattarlo alle regole a turni del gioco da tavolo. Del resto, a Raynal non piaceva nemmeno così tanto il gioco Chaosium; lo considerava troppo complicato per essere divertente.

Così, Bonnell, riconosce in pieno il potenziale del progetto di Raynal, e gli mette a disposizione tutte le risorse possibili per una società ancora in fase di ristrutturazione: altri quattro artisti si uniscono a Chanfray, arriva un sound designer, un secondo programmatore e un project manager. Quando i primi tentativi di scrivere un’autentica sceneggiatura lovecraftiana si rivelarono fallimentari, Bonnell assume per l’incarico Hubert Chardot, uno sceneggiatore della divisione francese della 20th Century Fox. Un ragazzo che amava così tanto Lovecraft da aver fatto un viaggio apposta negli Stati Uniti, nel New England, per visitare i luoghi dove aveva vissuto il suo eroe. Uno dei primi suggerimenti di Chardot è quello di aggiungere la parola “Alone” al titolo del gioco. Sottolineando, correttamente, che avrebbe trasmesso quel senso di solitudine esistenziale che poi era una parte imprescindibile dell’orrore lovecraftiano – la solitudine è, si potrebbe dire, proprio ciò che distingue lo stile dell’autore dalle interpretazioni dell’orrore più convenzionali.

Il gioco è ambientato negli anni ’20, l’era dello stesso Lovecraft e della maggior parte delle sue storie (e anche l’era predefinita per il gioco Call of Cthulhu di Chaosium ) e inizia con l’arrivo del giocatore in una villa deserta in Louisiana conosciuta come Derceto. Il proprietario, Jeremy Hartwood, si è recentemente impiccato. Si gioca nei panni di Edward Carnby, un cacciatore di reliquie sulle tracce di un prezioso pianoforte di proprietà del defunto, oppure nei panni di Emily Hartwood, la nipote del defunto, desiderosa di chiarire le strane voci che hanno perseguitato la reputazione di suo zio e di capire cosa realmente è accaduto nella sua ultima notte di vita. La direzione in cui conduce l’indagine non sorprenderà nessuno che abbia familiarità con l’opera di Lovecraft o con il gioco di ruolo di Chaosium: pratiche occulte, libri proibiti, “cose ​​che l’uomo non avrebbe mai dovuto sapere”, ecc. Ma, anche se la sceneggiatura di Chardot cammina su un terreno che è già notevolmente battuto in quell’inizio degli anni ’90, lo fa con notevole stile, rivelando lentamente orribili retroscena attraverso la lettura di libri e diari nascosti che si trovano durante l’esplorazione della villa. (Non ci sono dialoghi nel gioco e nessuna vera storia in primo piano, solo mostri e trappole da sconfiggere o evitare.) E come la maggior parte degli adattamenti ludici di Lovecraft, il gioco differisce notevolmente dal materiale originale proprio per il fatto che si può vincere! Cioè, qui il gioco può finire senza che il protagonista muoia o diventi un pazzo balbettante. Una cosa poco Lovecraftiana, giusto?

La visione iniziale di Raynal prevede personaggi 3D articolati e poligonali come zombi e mostri.   «Era perfetto. Entri in una casa e devi solo uscirne vivo.» Sapeva fin dall’inizio che doveva aggiungere indizi testuali. «Realizzare qualcosa di molto spaventoso con solo pochi poligoni, non è molto spaventoso, quindi sapevo di aver bisogno del testo per inserire gli indizi che svelassero una storia di fondo molto intricata» Purtroppo, il motore grafico poteva gestire solo un numero relativamente piccolo di poligoni quindi pensa di servirsi di sfondi 3D, assolutamente non poligonali. Frederick crea il proprio programma per la modifica e l’animazione di modelli 3D utilizzando poligoni con ombreggiatura piatta per creare forme. Oltre a ciò, utilizza anche uno strumento tipicamente pensato per creare la prospettiva della telecamera fissa così popolare nel genere. Per fare ciò, avrebbe scattato più foto dei luoghi prima di scansionare le foto stampate nel programma e disegnarvi sopra il wireframe. Questo processo ha anche contribuito a ridurre notevolmente il numero di poligoni in una determinata stanza, il che era una grande preoccupazione per l’hardware limitato dei primi anni ’90.

Ma intanto, Chaosium non è affatto contenta quando Infogrames gli invia una prima build del gioco. L’azienda americana credeva di aver concesso in licenza ai francesi i diritti del suo gioco da tavolo Call of Cthulhu. Si aspettava di vederlo implementato fedelmente. E, in effetti, questa poteva essere stata l’intenzione iniziale di Bonnell quando ha concluso l’accordo, poi, però, ha visto il motore 3D di Raynal ed è cambiato tutto. Chaosium, che evidentemente non vedeva l’ora di ottenere una versione videoludica del suo board game un po’ come era già successo per il franchise di Dungeons & Dragons, si sente tradita. Dopo alcune tese negoziazioni, decide di lasciare che i lavori su Alone in the Dark continuino ma senza alcun riferimento diretto a Call of Cthulhu; alcune edizioni avrebbero incluso una nota in copertina che diceva che il gioco era stato “ispirato dalle opere di HP Lovecraft”, mentre altre non lo specificavano neanche. In cambio della generosità di Chaosium, Infogrames accetta di realizzare un gioco d’avventura più convenzionale che avrebbe fatto un uso esplicito del marchio commerciali di Call of Cthulhu.

Call of Cthulhu: Shadow of the Comet , fu quello il frutto della negoziazione. Si sarebbe rivelato un gioco abbastanza mediocre, che non faceva neanche tanti riferimenti diretti alle regole del gioco da tavolo. Non lasciò alcun segno del suo passaggio annegando in mezzo ad altre avventure grafiche molto simili in termini di implementazione. Alone in the Dark, invece, avrebbe conquistato il mondo e per Chaosium sarebbe stata una pubblicità enorme. E invece decisero di non averci niente a che fare. Quando si dice delle sliding doors…

A causa della politica di Bonnell di non pubblicizzare gli autori dietro i videogiochi Infogrames, il nome di Raynal non diventa popolare come quello di altri celebri autori di videogiochi tipo, giusto per rimanere in Francia, Éric Chahi, la mente dietro ad Another World, il gioco francese più popolare che aveva sbancato l’anno precedente. Tuttavia, al momento della sua uscita europea nel settembre del 1992, Alone In The Dark si distingue come qualcosa di speciale, come una creazione artistica che non è solo divertente o spaventosa, ma è importante per il suo media tutto. Alla fine del 1992, il gioco è già un successo non solo in Francia ma in gran parte d’Europa. L’America sarebbe stata conquistata a ruota.
E per la distribuzione lì, Bonnell conclude un accordo con l’editore americano Interplay. Interplay aveva pubblicato anche Another World, che si era rivelato un grande successo negli Stati Uniti, e il capo della società, Brian Fargo, è sicuro che anche Alone in the Dark farà altrettanto, ma Bonnell ha grosse ambizioni internazionali per Infogrames, e non è disposto a lasciare che un gioco così straordinario come il suo condivida lo stesso destino di Another World negli USA, ovvero, essere riconosciuto dai giocatori americani semplicemente come un titolo Interplay, e magari con un altro nome. Invece, convince Fargo ad accettare un accordo. Interplay e Infogrames avrebbero fatto una joint venture e aperto una nuova filiale americana condivisa col nome di I-Motion, sotto il cui marchio Alone in the Dark sarebbe stato pubblicato.

E che velo dico a fare? Alone In The Dark sbarca nel Nord America all’inizio del 1993 ed è un successo strepitoso, proprio come aveva fatto in Europa pochi mesi prima. Per i giocatori americani è un vero e proprio cambio di paradigma; nessuno aveva mai visto un gioco così prima. In tutto il mondo venderà almeno 400.000 copie, mettendo Infogrames sulla mappa delle software house che contano. Viene sommerso da una valanga di elogi e quello che gratifica di più Frédérick Raynal arriva dal Giappone. Shigeru Miyamoto, il designer di Super Mario Bros. e di molti altri classici iconici di Nintendo, afferma che Alone in the Dark è, più di ogni altro gioco, quello che avrebbe voluto inventare lui.

E adesso, l’immancabile epilogo. Dopo una sì bella celebrazione, Noi, ataritecari miei, dobbiamo chiarirci. Oggi, nel 2024, in un’era in cui la grafica 3D ha smesso da tempo di impressionarci semplicemente per il fatto di esistere, il primo Alone in the Dark è uno di quei giochi che si usa dire essere invecchiati male. Se decidete di recuperarlo su GOG vi troverete davanti un festival di pixel frastagliati che sporgono ovunque da creature grottescamente ottagonali. Le texture semplicemente non esistono, tutto è renderizzato con pochi colori. Inutile dire che un paragone con la pixel art amorevolmente disegnata a mano nei giochi d’avventura dello stesso periodo di LucasArts e Sierra è semplicemente impietosa. Anche i controlli da tastiera sono goffi e poco intuitivi, e la telecamera che si sposta costantemente mentre ti muovi nell’ambiente si piazza in angolazioni assurde che spiazzano il giocatore.

Non esattamente un bel vedere

Eppure resta il fatto che fu proprio grazie a quel suo apparire, quella sua difficoltà, quei suoi comandi difficili che Alone in the Dark divenne uno dei giochi più importanti della sua epoca. Tutto grazie alla mente originale di Frédérick Raynal.

Già, Frédérick Raynal, torniamo nuovamente a lui in chiusura. Un paio di settimane prima dell’uscita di Alone in the Dark , Raynal e altri di Infogrames presenta la versione finale del gioco all’European Computer Trade Show di Londra. Lì apprende che Delphine Software, uno dei principali concorrenti francesi di Infogrames, ha recentemente perso i servizi della sua più grande star: Éric Chahi, l’autore del successo internazionale Another World. Stanno cercando qualcuno che possa sostituirlo ed abbia un talento altrettanto imponente. Raynal è il candidato perfetto; somiglia a Chahi sotto molti aspetti, con la sua sensibilità estetica molto francese, le sue innegabili doti tecniche e il suo impegno ossessivo per il lavoro. Gli fanno un’offerta: «Desideriamo metterti in un ambiente in cui sarai in grado di creare, dove non sarai vittima di bullismo da parte del tuo capo, dove possiamo renderti una star, vogliamo dare libero sfogo al favoloso talento che hai dimostrato in Alone in the Dark .» Quando Raynal torna a Lione ricevendo un rimprovero da parte di Bruno Bonnell per aver fatto slittare di una settimana la data di uscita del suo gioco, e beh, l’opzione di traslocare in Dalphine diventa ancora più allettante.

L’intero team di Alone in the Dark. Sì, Raynal ha ancora quella pettinatura nel ’92

Ma c’è di più, Bonnell sta già spingendo lui e il resto del team a realizzare un sequel il più rapidamente possibile, possibilmente utilizzando lo stesso identico motore grafico. Il lunedì mattina successivo, Raynal bussa alla porta dell’ufficio di Bonnell accompagnato da altri tre colleghi, incluso il suo partner di lunga data Didier Chanfray. «Ce ne andiamo tutti a lavorare in Delphine Software», gli dice a voce bassa. Con loro grande sorpresa, Bonnell si offre di eguagliare l’offerta di Delphine, è il suo primo gesto esplicito che abbia mai fatto capire al gruppo quanto li ritenga talentuosi e preziosi. Ma la controproposta di Bonnell spinge Delphine ad alzare nuovamente la posta, e subito dopo Capodanno, Bonnell si stufa e rinuncia: «Vuoi andartene? Arrivederci!»

Un paio di settimane dopo, a Disneyland Paris,si tiene una cerimonia di premiazione per i migliori titoli dell’anno appena trascorso. Tutti coloro che sono stati coinvolti in Alone in the Dark , sia quelli che lavorano ancora in Infogrames sia quelli che non ci lavoravano più, vengono invitati. Quando, come previsto, ad Alone In The Dark viene assegnato il premio per il miglior gioco d’avventura, solo Bruno Bonnell sale sul palco per ritirare il premio. Essendo la notizia della partenza di Raynal e del suo gruppo di dominio pubblico e argomento di discussione dell’industria, l’intera sala trattiene il fiato in attesa di sentire cosa sarebbe successo. «Mi chiamo Bruno Bonnell», dice il capo sul palco. «Vorrei ringraziare Dio, il mio cane, mia nonna e, naturalmente, tutto il team di Infogrames per questo bellissimo progetto.» Non una parola sul Raynal.

Non fu un discorso particolarmente garbato, ma Raynal e i suoi colleghi se ne fanno una ragione alla svelta: Dalphine è di parola e fonda per Raynal con un piccolo studio tutto suo, Adeline Software. Gli danno perfino il permesso di gestirlo da Lione invece di raggiungere il resto della Delphine a Parigi. Tutta la tecnologia usata in Alone in the Dark , insieme al nome stesso, rimane comunque a Infogrames con le conseguenze che tutti conosciamo: i sequel che Infogrames pubblica nel 1993 e nel 1994. Entrambi utilizzando lo stesso motore grafico ed entrambi continuando la storia del primo gioco, con Edward Carnby ancora nel ruolo di protagonista e la povera Emily Hartwood gettata nel dimenticatoio. Nessuno dei due ottiene tante recensioni positive o vendite quanto il primo gioco originale e dopo, Infogrames si dimentica del suo franchise per un bel po’ di tempo. Poi arrivano alcuni tentativi post-millenari di far rivivere l’antica magia, sempre senza il coinvolgimento di Raynal, ma producono risultati discutibili.

Nel frattempo, nel 1996, una società giapponese di nome Capcom su console Sony Playstation pubblica un incubo zombie noto come Resident Evil ed ecco che il cerchio si chiude. «Quando ho giocato per la prima volta a Resident Evil », ricorda il secondo programmatore del team di Alone in The Dark, Franck de Girolami, «onestamente pensavo che fosse plagio. Potrei riconoscere intere stanze di Alone in the Dark in quel gioco». Tuttavia, Resident Evil vendette in grandi quantità, raggiungendo quella massa di pubblico che Alone in the Dark , essendo disponibile solo su computer e 3DO, non avrebbe mai potuto neanche sognare. In tal modo, fu lui a cementare definitivamente il nuovo genere che divenne noto come survival-horror. Un genere videoludico che si era improvvisamente originato dalle opere oscure di un famoso scrittore morto povero, un gioco di ruolo da tavolo di nicchia, e un videogioco per computer di grande successo di cui nessuno, purtroppo, conosceva il creatore.

FONTI:
https://www.dreadxp.com/editorial/the-story-of-alone-in-the-dark-historically-and-lore-ically/
https://www.gameshub.com/news/features/alone-in-the-dark-30th-anniversary-retrospective-history-of-the-original-survival-horror-game-32620/
https://www.gamedeveloper.com/audio/gdc-2012-inside-the-making-of-i-alone-in-the-dark-i-
https://en.wikipedia.org/wiki/Alone_in_the_Dark
https://www.filfre.net/2019/08/alone-in-the-dark/


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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