L’eredità di LUNAR LANDER

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Alvaro Martinez è un nome che alla maggior parte di voi potrà non voler dire niente ma sotto il suo cognome dalle evidenti origini ispaniche si nasconde il direttore creativo e CTO di Dreams Uncorporated, lo studio di sviluppo Colombiano che ha ricevuto il compito di creare un sequel di Lunar Lander da parte di Atari.
Lo dico a beneficio di chi non conosce il videogioco originale, è vero che da un lato Lunar Lander è soltanto una faccenda di far atterrare un modulo lunare senza trasformarlo in un ammasso di rottami, ma dall’altro come si fa a non ammirare qualcuno che tenta di metterci un po’ di interessante ciccia intorno?
Come si fa a non ammirare qualcuno che con un sequel vuole rispondere a domande tipo:
Se si potesse usare un lander diverso? Chi sono i piloti all’interno del modulo? Se si stressano possono avere allucinazioni? Perché devono atterrare proprio sulla luna?
Mi rendo conto che il tutto potrebbe essere un’enorme menata ma forse anche no.
Lunar Lander Beyon sarà disponibile al pubblico di Steam il 23 Aprile. Nel frattempo ripercorriamo insieme la storia dell’originale e di tutto quel sottogenere a cui ha dato origine.

 

Visto l’argomento di oggi, vorrei che questo podcast lo conducesse una persona più adatta a farlo rispetto a un terricolo con i piedi zavorrati per terra come me, ovvero, vorrei che lo conducesse Otto Grunf.
Ecco. Proprio lui, asso del volo e mente vulcanica, potrebbe sicuramente dircene quattro sull’argomento con molta più competenza del sottoscritto. Voglio dire, qui si parla di volo spaziale, progetti di studio che hanno abbracciato decine di anni, un genere intero di videogiochi che ha iniziato il suo percorso negli anni ’60. Tanta roba, insomma, ma non potendo avere Grunf qui al microfono di Atariteca, mi sforzerò io e farò di tutto per non farvelo rimpiangere.

Diciamo subito che il videogioco Lunar Lander inizia come un piccolo progetto di un ragazzo delle superiori, ma nel corso del tempo diventa un intero genere di videogiochi a sé stante. E inizia esattamente negli anni ’60 che, voglio dire, sarete d’accordo con me che sia stato un decennio abbastanza turbolento, no?!
Gli anni ’60 ci hanno dato tante cose. Ci hanno regalato gli hippy, la pillola contraccettiva, la musica psichedelica e la conquista della luna. Era un periodo affascinate pieno di scienza, spesso pioneristica, nel settore spaziale e nell’informatica.
A quel tempo, il presidente Kennedy promette agli americani di conquistare la Luna entro il 1970 e la NASA è concentratissima nel fare in modo che quella promessa venga mantenuta. Se ci pensate è un impegno veramente coraggioso. Alcuni dissero che il primo a non crederci veramente sia stato proprio lui, Kennedy, che col discorso della corsa alla Luna mirasse più che altro a cementare il paese usando quel sogno come collante. Quando poi quel giorno a Dallas gli sparano, la sua promessa diviene un testamento che si deve assolutamente eseguire a suon di investimenti miliardi, e oltre ai soldi servono anche altre cose, forse più importanti. Servono computer.

Eh già, ma visto che sono così necessari; qual era lo stato dei computer negli anni ’60? Beh, dai. Non malaccio, direi. Anzi, sono messi meglio di come stavano negli anni Cinquanta! Dieci anni prima, per costruire un computer ci voleva tanto spazio e robe fragilissime tipo tubi sotto vuoto, memorie formate da fili a spirale o serbatoi di mercurio.
Negli anni ’60, invece, l’introduzione del transistor porta un incredibile aumento delle prestazioni a fronte di una riduzione dei costi e la possibilità di un’ampia nuova gamma di applicazioni.

Queste tecnologie vengono rapidamente applicate, testate e messe in uso dal Programma Spaziale. Ogni notiziario copre l’evento e riempie gli schermi televisivi americani con immagini di test missilistici, interviste agli astronauti, e report quotidiani sui progressi della NASA. Inutile dire che la cultura pop del periodo si aggrappa con passione a tutto questo e la fantascienza, già in crescita vigorosa dall’inizio dell’era atomica, ne riceve un importante boost.

SpaceWar!

Ma torniamo a focalizzarci sui computer che sono la cosa che ci interessa di più. Come è sempre avvenuto, gli operatori e i programmatori di queste futuristiche macchine adesso note come mainframe, vi creano dei giochi sopra. In questi anni, il baseball e il tris si guadagnano una loro forma videoludica, ma è il gioco spaziale a farla da padrone nei campus universitari con SpaceWar!
La disponibilità dei minicomputer, poi, fa sì che un altro gruppo demografico ottenga l’accesso ai computer: gli studenti delle scuole superiori. Non è insolito che uno studente, quando ne ha la possibilità, crei giochi impressionanti sul computer della scuola. Tutto inizia molto presto proprio lì.
La Lexington High School, però, ha un grande vantaggio rispetto alle altre scuole; si trova in una città dove vivono moltissimi dipendenti della Digital Equipment Corporation , ovvero la DEC, un produttore di computer, e ciò la aiuta ad acquisire un minicomputer PDP-8, su cui gli studenti di scatenano con la programmazione.

PDP-8

Jim Storer, uno studente della Lexington, programma un videogioco nel 1969, poco dopo che Neil Armstrong e “Buzz” Aldrin hanno camminato sul suolo lunare. Lo chiama Lunar Landing Game ed è una simulazione testuale del controllo di un modulo mentre atterra sulla superficie lunare.
I limiti del PDP-8 si impongono tutti e a turno i giocatori devo inserire diversi valori numerici che rappresentano la velocità di approccio. Siamo lontanissimi dall’avere una rappresentazione realistica, manca anche la grafica, ma è comunque un inizio.
L’utente interagisce con il PDP-8 tramite una telescrivente, una specie di macchina da scrivere che svolge le funzioni sia di input che di output. Si digita i comandi e il computer stampa la risposta.
Per giocare a Lunar Landing Game, al giocatore vengono mostrati fattori come le condizioni del lander, l’altitudine, la velocità, la posizione e la quantità di carburante, e il gioco richiede l’inserimento di comandi per raddrizzare, rallentare e manovrare il lander in modo che possa effettuare una discesa sicura verso la superficie.
In questo senso, è molto simile ai metodi di atterraggio che i veri astronauti utilizzano per far atterrare il LEM (Lunar Excursion Module).
È un gioco notoriamente difficile e a quel tempo i giocatori lo adorano proprio perché è impegnativo ( vedi tu come cambia il mondo ) anche se molti lo consideravano impossibile da vincere.

Jim Storer

Oggi, se sei un ragazzino che crea un videogioco e prova a proporlo a una grande azienda, vieni inesorabilmente ignorato ma negli anni ’60, quando il software non è ancora oggetto di mercificazione, lo spirito di condivisione domina l’informatica. Quello stesso ragazzino può inviare il listato del suo programma ad una grande azienda come la Digital Equipment Corporation (DEC) e loro non solo ne riconoscono il valore, ma lo distribuiscono pure attraverso la loro newsletter.
Uno dei modi principali in cui il software viene distribuito è, appunto, attraverso i listati di codice sorgente, ed è esattamente così che Lunar Landing Game arriva a ogni utente DEC; attraverso l’associazione degli utenti DEC ( DECUS ). Una volta ricevuto il listato per posta, gli utenti possono digitare manualmente il codice sulle loro macchine tramite la famosa telescrivente di prima ( facendo attenzione a farlo bene fino alle virgole altrimenti il programma è inutilizzabile).

Storer crea Lunar Landing Game utilizzando il linguaggio di programmazione FOCAL . Non è esattamente un linguaggio ideale perché è popolare solo fra gli utenti DEC. Tutti gli altri utenti informatici, magari studenti come lui, utilizzano il BASIC.
È un impiegato della DEC, tale Eric Peters, a scrivere una versione BASIC di Lunar Landing Game; la chiama Rocket ed è la prima versione del gioco di Storer a presentare, pensate, elementi grafici.
Niente di sofisticato, ovviamente. Viene mostrata un’immagine del terreno verso cui si dirige il lander utilizzando caratteri ASCII, ma è comunque un passo avanti.

Nello stesso periodo compare un’altra versione BASIC di Lunar Landing Game chiamata LEM ma nel 1973, la Digital Equipment Corporation rilascia un nuovo terminale grafico di fascia alta per i propri sistemi PDP-10 e PDP-11. Il terminale, che si chiama GT40, utilizza un display a tubo catodico con una tastiera e una penna luminosa per interagire con lo schermo. Come sempre, quando appare una nuova brillante tecnologia, c’è bisogno di un modo per mostrare le capacità del dispositivo agli utenti e quindi si pensa  a un’altra versione di Lunar Landing Game.
Attraverso quel il gioco, l’ingegnere della DEC, Jack Burness, vuole mostrare i muscoli del terminale grafico e la chiama Moonlander.
Moonlander è molto diverso dalle incarnazioni precedenti. Anche se sono solo linee verdi su schermo nero, utilizza grafica reale.

Questa versione del gioco si rivela la più influente di tutte, introducendo il concetto di terreno variabile e funzionando in tempo reale richiede al giocatore di regolare e interagire continuamente con lo schermo utilizzando la penna luminosa.
È interessante notare che Burness afferma di non aver mai giocato all’originale Lunar Landing Game e di aver effettivamente utilizzato i dati del Massachusetts Institute of Technology per determinare le equazioni per il consumo di carburante e la velocità di discesa.
Moonlander viene esposto alle fiere come veicolo promozionale per invogliare i clienti ad acquistare il terminale grafico GT40.

Finora, i giocatori si sono divertiti con tutte le versioni di Lunar Landing Game su minicomputer e mainframe. Tuttavia, negli anni ’70 con la crescente diffusione dei microprocessori e il perfezionamento delle tecniche di miniaturizzazione, altre versioni iniziano a comparire su nuove piattaforme.
Le calcolatrici programmabili HP hanno una versione di Lunar Lander, così come, nel Regno Unito, il personal computer MK14 ne ha una. Sono queste le versioni che arrivano al grande pubblico uscendo dalla zona di conforto riservata ai tecnici e i programmatori, e tutto ciò porta ad un ampio interesse per il gioco fino a che diviene così famoso da meritarsi una versione in sale giochi.

Nel 1979, è Atari, all’epoca azienda leader sia nei giochi casalinghi che arcade, a pubblicare Lunar Lander in sala giochi. Il gioco diviene subito noto per l’impressionante grafica vettoriale ed è chiaramente ispirato a Moonlander.
Una delle novità più amate del gioco Atari è la visualizzazione multipla .
Quando un giocatore si avvicinava al suolo, la prospettiva zoomma offrendo un’immagine più ravvicinata del lander e consentendo un’interazione di atterraggio più dettagliata.
Il giocatore può anche disporre di più carburante per l’atterraggio semplicemente inserendo un altro quarto di dollaro nel cabinato.

E Come consuetudine all’epoca, altre società rilasciano le proprie versioni del popolare gioco.
Taito pubblica Lunar Rescue più o meno nello stesso periodo, e in corrispondenza dell’apparizione del gioco in sale giochi, sui personal computer più popolari iniziano a spuntare le versioni di Lunar Lander più disparate. La prima versione di Lunar Lander fu rilasciata per Apple II.
IBM, all’epoca la più grande azienda informatica del mondo, e molto più sinonimo di software aziendale che di giochi, pubblicò Rocket Lander per il suo PC IBM nel 1982.

L’ARCADE ATARI
Ma stiamo andando troppo avanti. Nel 1979, dicevamo, Atari, azienda pioniere dei videogiochi, sta già lavorando da ben 2 anni per portare la tecnologia vettoriale nei suoi giochi arcade. Due anni prima, nel 1977, Space Wars di Cinematronics era stato un successone in sala giochi vendendo più di 10mila cabinati e adesso i tempi sono maturi perché anche Atari salga a bordo di quel lucroso treno con un motore grafico vettoriale.

Rick Moncrief è l’incaricato ha guida del progetto.
«Prima che esistesse un gioco, dovevamo realizzare un sistema grafico vettoriale», ricorda Howard Delman , un ingegnere Atari co-creatore di molti giochi arcade negli anni ’70. «Rick e io abbiamo lavorato sul motore vettoriale. Quando abbiamo finito, ci siamo chiesti ‘Cosa ne facciamo?’ Ho detto: “Che ne dici di realizzare Lunar Lander?”»
Con l’aiuto di Rich Moore alla parte software, i due crearono il primo videogioco arcade commerciale di Atari con grafica vettoriale intitolato, ovviamente, “Lunar Lander”.
L’ispirazione di Delman e chiaramente quel Moonlander di Burness dato che ben prima di iniziare lo sviluppo di Lunar Lander, lui e altri ingegneri Atari si erano recati in visita al centro di ricerca Ames [della NASA] – e proprio lì gli avevano mostrato un gioco di Moonlander in esecuzione su qualche macchina.

 

E infatti, il Lunar Lander di Atari è molto simile alla versione di Burness, tranne per il fatto che i giocatori controllano il lander con una leva che aziona il propulsore e due pulsanti per la rotazione. Naturalmente, per realizzare un buon videogioco arcade, Delman ha rinunciato all’aspetto di simulazione hardcore tipico della versione per computer. Lo scopo di un videogioco arcade è quello di essere semplice da comprendere e facile da giocare per chiunque si avvicini. «Non tutti i giocatori sono addestrati a far atterrare un veicolo spaziale sulla Luna», dice.
Il gioco include quattro modalità di varia difficoltà: «Una è una modalità estremamente realistica come fosse una vera astronave, e nessuno riuscirebbe a farla atterrare», dice Delman, ridacchiando. «Ma la modalità predefinita è molto semplice. C’è l’effetto dell’attrito sulla tua nave e ruota solo quando tocchi i controlli. Abbiamo fatto tutte queste cose per rendere il gioco più facile».
Poi c’era un pulsante speciale che Delman chiama il pulsante “salva culo”: «Se sei fuori controllo, puoi premerlo e raddrizzare il lander, ti da la massima spinta in avanti e non puoi fermarti. Ti costa molto carburante, ma se la situazione è disperata puoi sempre giocartela.»
Atari pubblica Lunar Lander nell’agosto del 1979, subito dopo il decimo anniversario dello sbarco sulla Luna dell’Apollo 11. Stranamente, sembra che Atari non abbia voluto capitalizzare sull’anniversario per commercializzare la sua nuova macchina. La cosa è perdonabile. I tempi erano ancora acerbi per quel tipo di strategie ma la realtà è che l’attenzione di Atari viene rapidamente distolta da Lunar Lander quando le vendite di un altro gioco vettoriale iniziano a decollare come un razzo.
Asteroids di Atari, anch’esso pubblicato nel 1979, utilizza lo stesso hardware vettoriale di Lunar Lander ed ha un tale successo che Atari presto interrompe la produzione di Lunar Lander per iniziare a costruire macchine Asteroids. «I primi 300 cabinati di Asteroids uscirono con le sideart di Lunar Lander» , ricorda Delman. Nonostante tutto, Atari vende circa 4700 macchine Lunar Lander, che secondo Delman erano un buon risultatao per l’epoca, e probabilmente ne avrebbe venduti di più se non fosse arrivato Asteroids a rubare i riflettori.
Nel complesso, la versione di Lunar Lander di Atari riesce ad arrivare a un pubblico più vasto, e presto i programmatori hobbisti della prima ora iniziano a codificare le versioni del gioco per i computer domestici dell’epoca. Lunar Lander arriva su TRS-80, Apple II, Commodore PET, Atari 800 e molti altri.

Ad oggi, né Storer né Burness hanno ricevuto alcun compenso finanziario da Atari per aver preso in prestito la loro idea. Burness non sembra troppo turbato dalla prospettiva, anzi, è soddisfatto nel sapere che il brevetto del design è stato negato alla stessa Atari perché riconosciuto in origine a Burness. Lunar Lander è quindi rimasto libero di essere clonato e ri-clonato in un milione di modi, garantendo la sopravvivenza della sua eredità per le generazioni successive.
Un impatto incredibile per un gioco ideato da un liceale settant’anni fa.

FONTI:

https://fictionphile.com/lunar-lander-video-game/
https://en.wikipedia.org/wiki/Lunar_Lander_(video_game_genre)
https://en.wikipedia.org/wiki/Lunar_Lander_(1979_video_game)
https://www.technologizer.com/2009/07/19/lunar-lander/index.html
https://www.gamedeveloper.com/design/deep-dive-lunar-landing-beyond


Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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