Troppo strano per vivere, troppo raro per morire: ENTER THE MATRIX

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Ciao ataritecari. Vi volevo dire che mi appresto a sconvolgere il mondo dei podcast con uno studio dedicato. Anzi, cerco volontari per testarlo. Vi interessa? Vi spiego quali sono i requisiti minimi per candidarsi a questo test. Dovete essere dei fruitori di cinema nerd, illuminati sulla via di Nicolas Cage. Certo, questa è Atariteca Podcast per cui, se siete qui so già che fate parte di questa categoria, o perlomeno preferite allargare il vostro orizzonte tramite la sperimentazione. Mica sono tutti come voi, eh?! Pensate a quelli che stanno là fuori e costruiscono i loro gusti basandosi sui pregiudizi dell’internet. Quelli che “Ready Player Two è una merda”, “Ghostbusters Legacy fa schifo”, “Venom è un bel film”. Ecco, loro! Qui in Atariteca, invece, voglio tagliare via questa larga fetta di ascoltatori e puntare dritto verso i giusti, quelli che hanno capito il valore intrinseco di un libro, di un film, di un videogioco a prescindere dalla sua effettiva estetica o giocabilità. Cerco coloro che riescono a percepire le vibrazioni quando guardano Nicolas Cage, apprezzano nonostante tutto, riescono a vedere i numerini verdi del Matrix quando giocano a un videogioco. Quel videogioco, nello specifico, è proprio Enter The Matrix.
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Il primo film di Matrix era figlio del suo tempo. Combinava l’hacking chic, la moda ribelle dei suoi personaggi (sebbene a rivederla adesso quella moda pare un po’ ridicola ) e tecniche cinematografiche già praticate da anni in fascinosi film wuxia e che da quel momento in poi diventeranno mainstream.
Per una generazione di giovani spettatori Matrix ha rappresentato un pezzo del proprio DNA cinematografico, e anche se i sequel, a opinione di molti, hanno sicuramente inficiato la reputazione dell’intero franchise, quel senso di parentela che ci lega a quel mondo è comunque sopravvissuto nel corso dei successivi vent’anni.

Pare strano, quindi, che nella galassia di Matrix, popolata da sequel cinematografici, anime, musica, completi in pelle e occhiali da sole non si riesca mai a ricordare per bene un videogioco. Un videogioco di cui, per l’appunto, la gente non parla mai ma che è ufficialmente canonico e rappresenta un tassello bello grosso del mosaico. Sto parlando di Enter the Matrix, pubblicato da Atari nel 2003, e non come semplice tie-in derivato ma bensì come parte integrante della grande narrativa della saga di Matrix.
ENTER THE MATRIX ha alzato l’asticella. Di più: ha stabilito lo standard per ciò che sarebbe significato sviluppare un videogioco tie-in da una proprietà cinematografica o televisiva da lì fino ai giorni nostri, e al netto di tutto il male che gli vogliate, gli ex-fratelli Wachowski erano in discreto anticipo sui tempi e riuscirono a creare un videogioco che proseguiva la narrazione senza essere ridondante o puramente alimentare.

enter the matrixSe a pubblicare e distribuire ENTER THE MATRIX è stata Atari, è anche vero che a svilupparlo ci ha pensato la SHINY ENTERTAINMENT. La software house a cui dobbiamo Earthworm Jim 1 e 2; ENORME personaggio mancante qui sul palcoscenico di Atariteca, e che poi ha continuato a realizzare altri titoli come MDK, WILD 9 e MESSIAH.
La storia è andata così: David Perry, il fondatore di SHINY ENT, viene avvicinato dai Wachowski già mentre stanno scrivendo lo storyboard del primo film. « Penso che ai wachowski piacesse molto MDK e MESSIAH. Sicuramente erano dei videogiocatori » dice Perry in un’intervista. Loro e il produttore Joel Silver vogliono che Shiny sviluppi un gioco basato su quel primo iconico film, e chiedono a Perry se la sua squadra possa essere interessata a realizzarlo; è lì che il nostro Perry commette l’Epic Fail del millennio: rifiuta l’affare! « pensavo che Matrix sarebbe stato solo un altro film di hackers come tanti altri» dice. Povera stella. Qualche anno dopo, quando va al cinema e vede il film si rende conto di quanto fosse effettivamente ganzo, ed lì che può misurare con esattezza le proporzione dell’errore che ha commesso rifiutando di metterci le mani sopra.
Dopo il fallito incontro con Perry, altri studi e noti designer vengono contattati per lavorare sul videogioco dedicato al primo Matrix . È risaputo che i Wachowski si sono incontrati con BUNGIE Studios ( quelli di HALO, per intenderci ) e anche con Hideo Kojima, il quale non ha sicuramente bisogno di presentazioni, ma alla fine non salta fuori niente.
Dopo l’uscita del primo film e senza essere riusciti a commissionare il lavoro di conversione a nessuno, i Wachowski chiamano nuovamente David Perry e gli chiedono ancora se sia interessato a lavorare sul videogioco dei sequel. Questa volta Perry non commette lo stesso errore e accetta. L’accordo viene firmato nel 2001 e il lavoro comincia subito dopo.

I Wachowski sono videogiocatori e capiscono il fascino e la potenza del mezzo. La portata del loro coinvolgimento è senza precedenti. Scrivono la sceneggiatura e si offrono anche di dirigerla. Addirittura, quasi tutti i dipartimenti coinvolti nella produzione dei film Matrix Reloaded/Revolution partecipano alla lavorazione. Questo significa che al team di sviluppo del videogioco viene permesso di utilizzare le riprese di ogni attore principale del film, usare tranquillamente i loro volti e i loro movimenti come base per elaborare gli avatar. Significa anche che il cast del film doppierà il videogioco.
Come parte dell’accordo, i Wachowski girano circa un’ora di filmati live-action extra esclusivi su pellicola 35 mm ( lo standard cinematografico ). Girare così tante riprese live-action per un videogioco non si era mai visto prima.
Ancora più importante, il girato per il gioco non è semplicemente legato all’universo di Matrix, no-no. è effettivamente un pezzo collegato al film Matrix Reloaded. L’idea alla base di tutto è che se tu spettatore vuoi conoscere l’intera storia di Matrix Reloaded, oltre a vedere il film ti devi giocare anche il videogioco.
Chiariamoci ataritecari, l’idea dei Wachowski di creare una storia che si svolga su più piani mediatici (ricordate: c’era anche Animatrix!) Non è solo originale per il suo tempo, ma è anche qualcosa che non si era mai visto fare così spesso prima.
Tuttavia, c’è un problema significativo in questo generoso accordo: Shiny deve obbligatoriamente rilasciare Enter the Matrix lo stesso giorno in cui Matrix Reloaded uscirà nei cinema.
E visto che il film verrà lanciato nel 2003, significa che il gioco dovrà essere completato nel 2003 quando il suo sviluppo è stato avviato solo nella seconda metà del 2001. Forse non sembra, ma realizzare un progetto di tale portata necessita di più tempo di così, soprattutto considerando che nel 2002 David Perry vende il suo studio a INFOGRAMES per 47 milioni di paperdollari, e con esso anche i diritti per il gioco di MATRIX con tutto il trambusto interno che ne deriva. Fortunatamente lo sviluppo non ne risente molto e la maggior parte della leadership e degli sviluppatori rimane al proprio posto. Il videogioco può continuare sulla buona strada per il suo completamento.

La storia di Enter The Matrix inizia dalla fine de “L’ultimo volo della Osiris”, un episodio contenuto in ANIMATRIX, per poi ricongiungersi a quella di Matrix Reloaded. Consente ai giocatori di impersonare Ghost o Niobe: due personaggi secondari di Reloaded che apprendono prima di tutti i terribili piani di invasione di Sion da parte dei robot.
A seconda del personaggio che si sceglie, la storia si svolge in modo leggermente diverso, ma la narrativa generale del gioco vede i due aiutare Neo e la sua banda durante la trama di Matrix Reloaded, e allo stesso tempo aiutare Sion a prepararsi per l’invasione che accadrà in Revolutions.
Indipendentemente dal personaggio che si sceglie, il gameplay è fondamentalmente pessimo proprio a causa della produzione particolarmente frettolosa e atipica del gioco. Il controllo della telecamera lascia a desiderare e le animazioni dei personaggi variano tra il robotico e il goffo. Ci sono anche problemi legati al lag dei controlli. Insomma, voglio essere sincero con voi ataritecari, qualitativamente parlando il gioco lascia parecchio a desiderare.
È però interessante notare che il menu principale del gioco consente di accedere a un modulo di hacking per disporre di funzionalità nascoste. Nella maggior parte dei giochi questo tipo di sistema “hacking” richiederebbe solo l’inserimento di alcune password o di giocare semplici mini-giochi, ma non in ENTER THE MATRIX. Assolutamente NO. L’hacking in Enter the Matrix è hacking vero, e richiede di navigare tramite un prompt DOS inserendo comandi DOS VERI. Tenete conto che iI DOS era già obsoleto quando è uscito il gioco, quindi immaginatevi quante poche persone sapessero quali comandi digitare anche solo per accedere alla directory dell’unità. Il concetto era bello, ma inutilmente complicato e oggettivamente impraticabile nel 2003.

Non ci crederete ma ci sono i vampiri in Enter the Matrix. E non sto parlando di vampiri metaforici. Sto parlando di veri succhiasangue che vanno abbattuti con un paletto di frassino come in Buffy. Cosa diavolo c’entrano i vampiri con l’universo di Matrix? Questa è una grande domanda a cui il gioco (e i film) rispondono a malapena. Diciamo che sono esuli di una versione passata e difettosa di Matrix o qualcosa del genere. Qui, comunque, i vampiri servono il Merovingio, che a quanto pare dispone di così tanti di loro che mi chiedo perché nei film non fossero al posto dell’agente Smith.
Ci sono un vampiro e un lupo mannaro in Enter the Matrix: sono i due gemelli albini scagnozzi del Merovingio, ed appaiono anche in Matrix Reloaded, solo che lì non viene spiegata la loro natura oscura.

Come ho detto prima la storia si svolge parallelamente a quella di MATRIX RELOADED ed è per questo che appaiono alcuni personaggi secondari mentre i personaggi principali non si vedono molto. Il legame con la pellicola è così stretto che i filmati presenti nel videogioco sono stati successivamente aggiunti in due versioni speciali del film e ripubblicati, alcune persone li hanno addirittura caricati tutti su YouTube. Se li cercate li trovate.
Obiettivamente però molto di ciò che appare in Enter the Matrix serve solo a riempire i buchi di trama di Reloaded e Revolutions. Ad esempio, il gioco ci mostra perché Niobe e Ghost sono stati in grado di infiltrarsi così facilmente nella centrale elettrica ad alta sicurezza di Reloaded. In realtà, hanno dovuto combattere un piccolo esercito di guardie ben addestrate e ben equipaggiate per arrivare alla sala di controllo. Offre anche una spiegazione complicata (probabilmente non necessaria) del motivo per cui l’Oracolo dei Sequel è diverso da quello visto nel primo film. Noi sappiamo che l’attrice che interpretava l’Oracolo nel primo Matrix morì prima che potesse riprendere il suo ruolo, ma qui i Wachowski si sforzano di darci una spiegazione non dovuta.

Alla fine Enter the Matrix viene rilasciato per PS2, Xbox, GameCube e PC lo stesso giorno di Matrix Reloaded e vende abbastanza bene, 1 milione di copie dopo 1 settimana e 5 milioni nel suo primo anno, ma quando se ne parla oggi viene indicato come una stranezza atipica la cui miscela di strane idee e terribile esecuzione lo ha reso purtroppo degno compagno di The Matrix Reloaded.
Eppure, nella triste storia dei giochi legati ai film, Enter the Matrix si distingue. Sì, forse era troppo ambizioso per il suo tempo, ma nell’era dei videogiochi su PlayStation fatti con lo stampino, era più facile amare un adattamento che non avesse paura di osare piuttosto che uno fatto solo per incassare.
Le recensioni critiche furono particolarmente dure verso la sua grafica mediocre, i controlli pessimi e i personaggi principali mal riprodotti ma questo non ha impedito ai fan di amarlo e farne un grande successo per Atari e Shiny Ent.
Dopo un trionfo simile, Shiny si rimise al lavoro ancora una volta, stavolta su PATH OF NEO, sempre insieme ai Wachowski, sempre per continuare l’espansione dell’universo di MATRIX.
L’amore dei fan di MATRIX è stato sufficiente per far vendere il gioco alla grande e superare le recensioni negative della critica. Ad oggi Enter The Matrix è ancora considerato uno dei più forti tie-in mai prodotto.

FONTI:
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Simone Guidi

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nella cultura pop anni 80/90. Atariano della prima ora, tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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